Yuji Naka è un nome che ai più giovani potrebbe non dire molto, ma è un programmatore che per anni ha tenuto alta l’asticella della qualità del Sonic Team, quel gruppo di persone impiegate presso gli uffici SEGA formalmente legate al successo dei primi episodi bidimensionali delle avventure dell’omonimo riccio bluastro. Dopo diversi anni passati sotto la rassicurante ombra del colosso giapponese, l’abile coder decise, nel 2006, di creare Prope, una piccola software house indipendente dove potesse finalmente sviluppare prodotti in piena libertà. Titoli che con il senno di poi si sono rivelati per lo più insignificanti, come Let’s Tap per Nintendo Wii, o produzioni su licenza mai giunte in occidente, come Digimon Adventure per Sony PSP, l’unico J-RPG tratto dal famosissimo franchise di mostri digitali ispirato direttamente dalla serie animata di Toei Animation.
Nulla che abbia lasciato l’impronta nella storia o che abbia ridefinito un genere, è vero, ma d’altronde tanti noti colleghi del game designer convertiti all’autoproduzione, come Keiji Inafune, Yu Suzuki e Koji Igarashi, non è che abbiano percorso strade molto differenti, basti pensare a come questi abbiano cavalcato il successo dei loro vecchi classici, chi con reboot spirituali (Mighty No.9 è sostanzialmente un Mega Man così come Bloodstaines è un Castlevania), chi con sequel post mortem (Shenmue 3). Non deve quindi far stupire se questo Rodea: The Sky Soldier si presenta come un mix piuttosto mal riuscito di quelle meccaniche e di quelle ambizioni ludiche conosciute proprio in Nights into Dreams e Sonic the Hedgehog, perché in fondo la direzione verso cui l’androide protagonista spicca il volo è sostanzialmente la stessa. Il problema è che lo fa con almeno quindici anni di ritardo.
Perché sarebbe poco sincero non ammettere che tutto all’interno di questo videogioco puzza davvero troppo di stantio, almeno quando non si incorre in problematiche tecniche che sarebbero risultate ingiustificate anche ai tempi del Nintendo 64. Rodea è sostanzialmente un capitolo apocrifo di Sonic in cui l’eroe danza nelle correnti eoliche come NiGHTS, ma a differenza dell’aggraziato Nightmaren lo fa con evidente fatica e goffaggine. Parlare di Rodea: The Sky Solder come di un platform non è esattamente corretto, per quanto l’esplorazione sia efficacemente promossa da un level design dominato da ambientazioni enormi e completamente percorribili, ma la realtà è che spesso sembra di librarsi fra costruzioni poligonali sconnesse appartenenti a qualche versione alpha di un gioco mai concluso.
Perché se è vero che tutti i tipici elementi della serie del beniamino SEGA sono presenti, pedane di lancio e boost compresi, è altrettanto chiaro, dopo solo qualche minuto di gioco, che chi ha permesso la pubblicazione di un titolo così buggato e mal concepito non ha mai visto nemmeno con il binocolo un videogioco fatto e finito. Potrei anche stare qui a parlarvi di come funziona il tutto, del fatto che ci si può librare solo per un periodo di tempo limitato che può essere prolungato con virtuosismi ludici, come ad esempio la collezione di sfere luminose o l’eliminazione di nemici volanti, che il ritmo con cui si incede nell’avventura è sostanzialmente definito dall’abilità con cui ci si destreggia fra volteggi nell’aere e rapide pause su un pendio erboso, ma la realtà è che tutto quello che dovrebbe funzionare all’interno dell’ossatura ludica di Rodea semplicemente rimane una bozza teorica inespressa.
Morire improvvisamente senza alcuna giustificazione, trovarsi sbalzati all’improvviso da una parte all’altra del livello, recuperare istantaneamente la possibilità di librarsi in volo senza essersi fermati nemmeno per un secondo, vedere situazioni decriptate che a volte funzionano e altre no, senza che incorra una vera differenza fra i due episodi: questo è ciò che si para di fronte a chi volesse coraggiosamente approcciarsi al titolo Prope, appena dopo i colorati filmati in CGI dove i buffi e carismatici protagonisti squittiscono facendo il verso ai cartoni della domenica mattina. E davvero nulla può salvare un gioco che non funziona, nemmeno un buon character design e un’ambientazione che, almeno sulla carta, poteva e doveva fare sognare i fan dei videogiochi curati in precedenza da Naka-san e il suo team di esperti del level design.
E a ben vedere, se anche i meccanismi che muovono le prodezze del cyborg platinato fossero riusciti a incontrare un team capace di tradurle in un videogioco ben programmato e debuggato come play test comanda, difficilmente Rodea: The Sky Soldier avrebbe ridefinito le regole dell’intrattenimento videoludico moderno. Vuoi anche per una realizzazione grafica che se su Nintendo 3DS può essere giustificata dalla bassa risoluzione e dagli schermi dalle dimensioni ridotte, ma che su Nintendo Wii U risulta inaccettabile e oltretutto incapace di ancorarsi a un frame rate solido quanto basti per giustificarne l’aspetto spoglio e appena abbozzato. Forse era meglio rimanere negli anni ’90, eh Yuji?
Detto questo, Rodea: The Sky Soldier si è rivelato un prodotto tanto gravemente insufficiente su Wii U, quanto incapace di rendersi apprezzabile su Nintendo 3DS, le due versioni testate dallo staff di Cinefilos. Rimane l’incognita della versione Wii, inclusa nell’edizione retail per ammiraglia Nintendo, ma anche in questo caso dubito che un sistema di controllo differente possa spingere a rivalutare completamente un titolo così sfortunato.