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Persona 4 Dancing All Night, la recensione dell’esclusiva Ps Vita

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Persona 4 Dancing All Night, la recensione dell’esclusiva Ps Vita

Non è semplice raccapezzarsi fra le migliaia di spin-off di Shin Megami Tensei. L’oscura opera di Atlus è da più di vent’anni sul mercato, eppure molti ne hanno fatto la conoscenza solamente nelle decine di serie secondarie nate dal suo nome, fra le quali spicca per notorietà il J-RPG Persona. Eppure il marchio che letteralmente significa “Nuova Metempsicosi della Dea” ha rappresentato per anni un enorme calderone visivo da cui svariati titoli hanno attinto, vuoi per le seducenti atmosfere sospese fra l’horror anni ’80 e la narrativa post-apocalittica, vuoi per l’invidiabile direzione artistica curata fin dagli albori da un inossidabile Kazuma Kaneko e il compositore, Shoji Meguro. Se il primo ha lasciato il timone del character design all’accoppiata Kazushige Noejima e Masayuki Doi, il secondo ha voluto tenere stretta a sé la possibilità di curare con le sue sonorità caratteristiche il commento melodico di ogni iterazione importante del franchise, non rinunciando in alcun modo a firmare col proprio nome anche i remake per PSP dei primi due capitoli di Persona e i recenti episodi mothership per Nintendo 3DS.

L’impronta autoriale di Meguro nella veste di compositore emerge imponente da ogni singola traccia di sottofondo. Non a caso la serie J-RPG Persona ha potuto vantare fin dal terzo episodio uno score in cui le liriche abbondavano in un contesto in cui prodotti similari si affidavano a meri accompagnamenti strumentali. In un tripudio di influenze J-Pop, Hard Rock e Hip-pop, l’artista nipponico ha saputo tratteggiare con grande abilità ogni momento importante degli avvenimenti che cesellano l’esperienza degli eroi di questi titoli, valorizzando ogni singolo passaggio con grande sensibilità e motivando così il trasporto emotivo con cui molti hanno vissuto le centinaia di ore di gioco passate in compagnia di Persona 3, Persona 4 e relative versioni “Director’s Cut”, Persona 3 FES e Persona 4 The Golden. Certamente non sorprende sapere che, dopo il passaggio nel mondo dei picchiaduro a opera di Arc System Works nei due capitoli di Persona 4 Arena e l’incarnazione dungeon crawler, Persona Q, curata dal team dietro al marchio Etryan Odyssey, Atlus abbia deciso di investire le proprie risorse in un progetto co-sviluppato con Dingo. Un nome che a molti potrebbe non dire granché, ma che per anni ha firmato il videogioco musicale Project Diva. Parola chiave di questa collaborazione? Ovviamente la musica e, nella fattispecie, il ballo.

Persona-4-Dancing-All-Night_2015_05-09-15_071Per quanto all’epoca suonasse incredibile, la conferma che Persona 4 Dancing All Night sarebbe stato un rhythm game in piena regola e avrebbe contenuto tutti i migliori pezzi dell’energica colonna sonora del quarto episodio, addirittura con l’aggiunta di remix e riarrangiamenti a opera di famosi colleghi del Meguro-nazionale, lo fece diventare in brevissimo tempo uno dei videogiochi più ambiti dagli appassionati della serie J-RPG e da chi, da anni, apprezzava il rhythm game SEGA dedicato alla vocaloid Hatsune Miku.

Tutto sommato il risultato finale di questa operazione non si allontana poi molto dalle peripezie della diva digitale dai capelli azzurro fluo, inaugurando un gameplay all’insegna del tempismo, dove serie di comandi vengono visualizzati sull’OLED di PS Vita su circonferenze concentriche che muovendosi verso l’esterno definiscono l’intervallo entro il quale i pulsanti vanno premuti. Volendo è possibile affidarsi direttamente al display, agendo con le dita su quello che è uno dei più grandi schermi capacitivi mai realizzati per una console da gioco, ma l’esperienza maturata in diverse ore di sculettamenti e vorticose piroette ci permette di consigliare a chiunque volesse lanciarsi nelle furiose danze che compongono l’offerta ludica del titolo Atlus di concentrarsi sui pulsanti fisici della console, considerando come in breve tempo la scena si faccia piuttosto caotica.

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Uno dei limiti maggiori della produzione è infatti rappresentato da un’interfaccia grafica spesso incomprensibile, asfissiata da indicatori, effetti di luce e balletti di sottofondo che minacciano la possibilità di seguire agevolmente le miriadi di comandi richiesti dalla traccia giocata. Questo problema si manifesta soprattutto giocando i brani alla difficoltà più alta, quando le note da battere sui tasti fisici sono molte e vanno spesso alternate al movimento veloce degli stick analogici, ai quali è affidato lo “scratch” del disco.

P4D-QA_02-16-15È sicuramente un peccato, perché l’impegno profuso dagli artisti per presentare ogni coreografia e la cosmesi di ogni personaggio è immediatamente palesata da una qualità del dettaglio grafico mai vista in precedenza nei capitoli numerati della serie, con personaggi in cel shading finemente animati e dettagliati al punto da ricordare i risultati scorti nei trailer fino ad ora pubblicati di Persona 5. Un colpo d’occhio davvero ben ricompensato, che purtroppo viene fin troppo spesso svilito non solo dall’ingombrante HUD, ma anche da un uso smodato di effetti di luce e amenità tecniche capaci di far grufolare di piacere gli amanti degli eye candies a scapito di chi vorrebbe semplicemente giocare per raggiungere il punteggio più alto.

Non manca, inoltre, una verbosissima modalità storia che si ricollega al finale di Persona 4 The Golden e racconta un’avventura di stampo corale in cui gli eroi della “Scooby Gang” devono fare i conti con nuovi fenomeni paranormali legati al mondo dello showbiz. Chiaramente non più di un mero escamotage per introdurre il ballo come nuova fonte di “confronto” con i terribili Shadows, i nemici mutaforma introdotti nel quarto episodio, qui particolarmente allergici ai colpi di danza. Il tono con cui gli eventi sono raccontati è comunque lontano dalla complessità di cui si fregiava l’opera originale, ma rimane sicuramente godibile per chiunque sentisse la mancanza di Yu Narukami e soci.

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Chiaramente se si è pronti a scendere a compromessi con le fitte schermate di testo completamente doppiato nella sola lingua inglese che compongono l’intero storytelling, in modo non molto dissimile da una qualsiasi visual novel, genere ormai sdoganatissimo anche in occidente proprio grazie alla portatile Sony e, in parte, a quella Nintendo. Nel caso, invece, non si fosse particolarmente interessati alla pretesa narrativa, ci si può impegnare fin dall’inizio nella modalità di gioco Danza Libera, dove è possibile sbloccare la ventina di brani inclusa e guadagnare preziosa valuta investibile in costumi e accessori opzionali con cui agghindare i protagonisti. Per i più insaziabili, invece, Atlus ha pensato anche a una serie di DLC a pagamento che aggiungono ulteriori brani, costumi e personaggi tratti dalla serie, con la straordinaria aggiunta dell’onnipresente Hatsune Miku.

Persona 4 Dancing All Night rimane un titolo espressamente mirato ai fan del J-RPG, ancora affamati di avventure esoteriche nell’attesa del quinto episodio. Un’interfaccia grafica spesso invasiva, una modalità storia non particolarmente brillante e l’ottima colonna sonora originale, qui arricchita da numerosi remix e riarrangiamenti, sono le tre caratteristiche chiave su cui si dovrebbe riflettere nel caso ci si sentisse ancora dubbiosi di fronte alla coloratissima copertina del gioco. Il mio consiglio è quella di approcciare questo titolo con gli occhi dell’appassionato, cercando di andare oltre all’infelice scelta di concentrare gli input richiesti ai lati dello schermo, per potersi godere quella che dovrebbe essere, nel momento in cui scriviamo, l’ultima avventura con i protagonisti del quarto episodio del J-RPG Atlus.