Per chi è nato e cresciuto agli inizi degli anni ’90, Lara Croft è una leggenda videoludica al pari di Crash Bandicoot, Spyro the Dragon, Rayman e Super Mario. Un’eroina che, per quanto sessualizzata in maniera quasi comica, ha incarnato l’ideale di donna bella e conturbante ma forte, intelligente e istruita. Un grosso passo avanti per il “sesso debole”, se paragonata alle altre ben più classiche mistress in distress: anfibi e pantaloncini sostituivano gonne e merletti, pistole e rampini risultavano più efficaci di sguardi languidi e voci soavi. Non c’è da stupirsi, quindi, se Rise of the Tomb Raider sia stato oggetto di grandi aspettative da parte dei videogiocatori Sony, costretti ad aspettare quasi un anno per via dell’esclusiva temporanea di Microsoft sul titolo.
Croft’s Fortune
Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration è, come suggerito dal nome stesso, la versione definitiva del titolo, approdata su Playstation 4 in occasione del ventennale di nascita della saga Tomb Raider. Si tratta di un bundle molto interessante, comprensivo del gioco completo, tutti i DLC finora rilasciati più alcuni creati in occasione dell’importante anniversario: esempi sono il capitolo “Legami di sangue”, comprensivo di supporto al Playstation VR per essere giocato in prima persona e la modalità Stoicismo, giocabile anche in co-op con un altri utenti connessi al Playstation Network.
Partendo dalla copertina, proseguendo con il genere di gioco, sino alla tipologia di ambientazioni e protagonista, è inevitabile che si presenti nella mente di chiunque il paragone con la saga Uncharted di Naughty Dog. Per fortuna, già durante le prime ore Rise of the Tomb Raider mostra una sua maturità e autonomia, sia nel gameplay che nei toni. Rispetto al prequel del 2013 si presentano eventi meno frenetici ed atmosfera nettamente più cupa. La tensione prevale sulla paura, Lara è ancora giovane ma molto più matura e non esiterà ad uccidere brutalmente animali e persone per sopravvivere e raggiungere il proprio scopo, consapevole della pericolosità delle proprie azioni e di come situazioni estreme richiedano contromisure estreme; allo stesso modo, i “cattivi” mostreranno una serietà ed una spietatezza assai lontane dalle tinte fumettistiche, a volte persino persino comiche di Uncharted, con omicidi, torture e menomazioni che fioccheranno come allergie in primavera, senza buonismo ma neppure gore gratuito. La stessa protagonista non sentirà mai il bisogno di smorzare la tensione con freddure e battutine pensate ad alta voce: questo aiuta certamente il giocatore a percepire il malessere della giovane, la sua stanchezza, i suoi timori, ma potrebbe anche appesantire eccessivamente una narrazione poco originale e che punta ad un registro costantemente alto.
Una Lara per tutti i gusti
Il titolo sviluppato da Crystal Dynamics si differenzia dalla saga “concorrente” anche nel sistema di gioco. Rise of the Tomb Raider offre innanzi tutto una grande varietà di abbigliamenti, ciascuno con la propria abilità passiva ed estetica unica, ma non mancheranno le armi bianche, da fuoco e gli insostituibili archi, il tutto potenziabile con i materiali reperiti durante l’esplorazione. Anche le abilità della protagonista possono essere migliorate grazie ai punti ottenuti tramite level up: decifrare testi antichi, recuperare tesori nascosti, cacciare, uccidere… Ogni azione donerà esperienza e sarà quindi possibile personalizzare il proprio stile di gioco, scegliendo ad esempio di aumentare la furtività di Lara per facilitare l’approccio silenzioso, o la sua resistenza a ferite ed esplosioni nel caso si preferisca fare terra bruciata intorno a sé.
La complessità di scontri ed enigmi rimane comunque più che gestibile anche per i meno avvezzi alla tipologia di gioco; fortunatamente, Rise of the Tomb Raider permette sia di scegliere tra ben quattro livelli di difficoltà che di personalizzare le missioni tramite carte avventura, veri e propri moltiplicatori di punteggio che applicheranno bonus o malus durante la partita… O semplici “effetti divertenti” (un tempo chiamati “trucchi”) come le teste giganti o un poco sobrio arcobaleno nella scia della protagonista.
Meno esplosioni, più esplorazione
Rise of the Tomb Raider è riuscito nel delicatissimo compito di ispirarsi alla saga di Uncharted pur costruendosi una propria identità. Un gameplay semplice ma divertente, un’avventura dalla trama non esaltante ma che presenta situazioni adrenaliniche e brutali, il tutto in un titolo vario nelle ambientazioni e dalla notevole longevità: esplorando le aree facoltative e giocando i DLC, è possibile superare agevolmente le 45 ore di durata, con persino puzzle ambientali e collezionabili posizionati in maniera da aiutare il giocatore a ricostruire gli avvenimenti pregressi. La resa tecnica è ragguardevole, con framerate stabile e texture ben fatte, soprattutto per un titolo nato a cavallo di due generazioni console; unica pecca sono i caricamenti troppo lunghi, per fortuna poco frequenti. Ultimo, ma non meno importante aspetto è la localizzazione di testi e parlato, resi in un ottimo italiano… Purtroppo, per contrappasso il titolo occuperà oltre 40 GB di spazio per essere installato nella sua versione digitale.
Un T-X dal cuore d’oro
Nel mercato moderno di videogames, fumetti e piccolo e grande schermo si ha la tendenza a umanizzare e approfondire personaggi “classici”. Dopo 20 anni di vita, la rinascita di Lara Croft dalle abili mani di Crystal Dynamics è appena all’inizio e il risultato pare interessante, ma ancora acerbo e potenzialmente spiazzante per i fan di vecchia data. A parte questa incertezza, Rise of the Tomb Raider è un titolo in grado di offrire ore ed ore di gameplay di qualità, con contenuti aggiuntivi originali e ben pensati. Resta da vedere quale percorso imboccherà la crescita della protagonista e se riuscirà a costruirsi una personalità lontana sia dai cliché eroistici e sentimentali che dall’invadente ombra di Nathan Drake.