L’innovazione non è un semplice cambiamento, per ottenere un risultato positivo occorre puntare a un concept più “fresco”, pur mantenendo i capisaldi di un prodotto: questo vale tanto per una nuova versione delle tagliatelle al ragù della nonna, quanto per l’ultimo arrivato di una saga videoludica con ormai oltre venti anni di vita sulle spalle. Dynasty Warrior 9, purtroppo, fallisce miseramente sotto ogni punto di vista.
Annunciato alla fine del 2016, il titolo è stato rilasciato nel Febbraio 2018 in tutto il mondo come titolo multipiattaforma. Omega Force ha puntato a una svolta radicale per quanto riguarda il level design dello storico brand, passando dai classici livelli/stage a un’unica, grande mappa aperta, priva di caricamenti.
Coniugare lo stile musou a un open world è sicuramente un obiettivo ambizioso e c’era da aspettarsi che – come ogni level design di questo genere – la realizzazione mostrasse qualche imprecisione. Tuttavia, fin dai primi minuti è possibile percepire il disastro che si cela dietro le fila di nemici malamente animati e un ambiente di gioco poco propenso a caricare le proprie – scarne – texture.
Come sempre accaduto nella saga, il comparto narrativo di Dynasty Warrior 9 si rifà all’infinito Romanzo dei Tre Regni, tra accuratezza storica e folli rivisitazioni. Sugli eventi in sé ci sarebbe poco da criticare, se il tutto non fosse presentato con una regia che oscilla tra il pessimo e l’assente: una telecamera che gira lentamente e costantemente in senso antiorario intorno ai modelli dei protagonisti, qualche sporadico primo piano, qualche ancor più rara cutscene definibile come tale e non come una pigra alternanza di campi e controcampi tra figure statiche.
Il doppiaggio inglese riesce a toccare nuovi livelli di bassezza, a causa di infelici sostituzioni nel cast storico della saga e i sempre benvenuti momenti di approfondimento psicologico dei comprimari sono presentati come tristi “spiegoni” ad alta voce, accompagnati da animazioni facciali fin troppo “old-gen”.
Tutto questo già basterebbe a soffocare l’entusiasmo di molti, ma sarebbe comprensibile per via del radicale passaggio strutturale delle ambientazioni, che ha spinto un team di sviluppo a lavorare su qualcosa di completamente nuovo: purtroppo nemmeno la “modalità azione” di una PlayStation 4 Pro riesce ad avvicinare Dynasty Warrior 9 ai 60 fotogrammi al secondo e la situazione diventa drammatica sulle versioni base dell’hardware. Anche la versione PC del gioco risulta male ottimizzata e con framerate ballerino.
Senza troppi giri di parole, Dynasty Warrior 9 sui modelli standard di console è quasi ingiocabile e arriva sotto i 10fps nonostante Omega Force abbia già rilasciato patch correttive per migliorarne la stabilità.
Come se non bastasse, il neonato titolo della saga risulta un super ibrido di punti deboli, che fonde al suo interno la strutturale “monotonia” del genere musou alle noiose fetch quest di un open world, senza però acquisirne i tratti migliori, quali la presenza di boss secondari, aree segrete o, semplicemente, un livello di bilanciamento di sfida che giustifichi il farming ripetitivo di risorse e missioni opzionali.
A livello di difficoltà standard, Dynasty Warrior 9 è di una facilità imbarazzante, ma anche aumentando la potenza avversaria la situazione migliora relativamente: la basica IA dei titoli Warriors si unisce ai glitch tipici dei giochi con mappa aperta, creando situazioni tanti ilari quanto frustranti.
Le attività a disposizione del giocatore sono tante: la raccolta di risorse di crafting, la caccia e la pesca sono utili tanto per ottenere i materiali necessari alla creazioni di armi, oggetti e accessori, quanto per soddisfare le richieste della popolazione, ottenendo in cambio denaro e punti esperienza.
Il sistema di level up prevede la classica assegnazione manuale a ogni statistica dei punti ottenuti al passaggio di livello: metodo semplice e sempre funzionale, ma che in Dynasty Warrior 9 ha impatto e profondità minime se non alla massima difficoltà di gioco, dove comunque continueranno ad avere priorità gli effetti dell’equipaggiamento.
Il roster a disposizione vanta ben 90 personaggi giocabili, da sbloccare man mano si prosegue nella modalità storia. Anche il sistema di combattimento è stato rivisitato per rendere più dinamico il controllo di ciascun Ufficiale: ai classici colpi veloci e pesanti sono stati aggiunte attacchi (eseguibili tenendo premuto il tasto dorsale destro nel caso si giochi con un controller) in grado di stordire, atterrare o proiettare in aria il nemico, a cui fa seguito una seconda serie di combo veloci.
A questi si affianca un colpo speciale, unico per ogni ufficiale e molto potente, ma che necessita di un tempo di ricarica per poter essere ripetuto, più il classico “attacco musou”, che colpisce una vasta area frontale e/o intorno al personaggio. La commistione fra musou puro e “action GDR” potrebbe far storcere il naso ai puristi del genere, ma è chiara l’intenzione di Omega Force di svecchiare Dynasty Warrior 9 e renderlo appetibile a una fetta più ampia di pubblico: da qui anche la scelta d’implementare l’open world, elemento tanto di moda negli ultimi anni.
La modifica ha però portato a una generale omogeneizzazione dei guerrieri, che andranno controllati con identiche sequenze di tasti e non più con combinazioni fra colpi leggeri e pesanti in grado di variarne il moveset: il risultato sono 90 personaggi che tendono a somigliarsi fin troppo nel feeling “pad alla mano”, immersi in ambientazioni slavate e vuote, posti ad affrontare orde (nemmeno troppo numerose per gli standard del genere) di nemici con spesso più glitch che frame di animazione e un’IA persino più scandalosa del solito.
In Dynasty Warrior 9 le idee alla base del cambiamento ci sono e il solo fatto che esistano è un elemento positivo, che fa capire come gli sviluppatori desiderino davvero migliorare il proprio lavoro e non “campare di rendita”: purtroppo la realizzazione risulta imprecisa al punto da sembrare volutamente pigra.
La mappa del mondo non invoglia a esplorare, le missioni sono l’una la fotocopia dell’altra, intere meccaniche come gli assedi e le fasi stealth sono prive di mordente e del tutto evitabili, visto come ogni ufficiale risulta in possesso di un rampino per scalare quasi ogni superficie verticale del gioco e un cavallo indistruttibile, in grado di saltare sui tetti degli edifici senza il minimo sforzo.
Ogni singolo elemento di gameplay sembra voler allontanare i fan del brand dal titolo e demotivare i curiosi, intenzionati ad approcciarsi al brand per la prima volta e che in Dynasty Warrior 9 troverebbero, loro malgrado, un rappresentante assai poco ispirato e riuscito.
Dynasty Warrior 9 mette tantissima carne al fuoco, ma si limita a bruciacchiarne la superficie: il contenuto è grezzo sia dal punto di vista tecnico che visivo ed è difficile credere di trovarsi davanti a un prodotto completo e venduto sugli scaffali di tutto il mondo. I miglioramenti al framerate sarebbero un piccolo, grande passo avanti, ma non saranno le patch e nemmeno i DLC a ricostruire da zero quella che, di fatto, è una complessa impalcatura di attività a disposizione del giocatore, realizzate in modo grossolano, banale ed estremamente insoddisfacente sotto ogni aspetto.