La serie videoludica Monster Hunter ha riscosso enorme successo in ogni angolo del mondo e creando un sottogenere videoludico praticamente unico: com’è normale che sia, però, l’accoglienza più grandiosa è sempre stata quella della madrepatria, ovvero il Giappone, con tanto di eventi dedicati e incredibili installazioni a tema.
Non bisogna dunque stupirsi se è sempre dal Giappone che arrivano titoli “estremamente ispirati” a Monster Hunter, come del resto accaduto per l’occidentale Diablo e la sua legione di diablo-like, o diablo-clone, che dir si voglia.
God Eater 3 fa esattamente parte di quella categoria di giochi: un brand nato su e per piattaforme portatili (PSP e in seguito anche smartphone) che è riuscito a trovare una propria autonomia e ritagliarsi una buona fetta di appassionati. Il terzo capitolo principale della saga (esistono anche alcuni spin-off, remastered e riedizioni) sbarca invece su PlayStation 4 e ambiente Windows, senza quindi passare per l’ormai anziana piattaforma portatile di casa Sony.
La scelta è senza dubbio interessante ed ha aperto nuove possibilità di sviluppo e miglioramento; purtroppo, però, buona parte delle occasioni sono andate sprecate.
God Eater 3 è un titolo che concede maggior spazio alla narrativa rispetto alla lontana famiglia di giochi Monster Hunter, alleggerendo la componente parametrica e grinding per avvicinarla a quella di un “classico” Action JRPG. Si tratta di una scelta comprensibile e che anzi, potrebbe attrarre tutta quella fetta di pubblico intimorita dal terrificante volume di time-consuming normalmente richiesto dai giochi Capcom, specialmente per l’endgame.
Nonostante entrambe le produzioni provengano da suolo nipponico, non è sbagliato affermare che God Eater 3 è “più giapponese” di Monster Hunter. Questo purtroppo non si rivela essere un complimento in senso assoluto, dato che tanto per narrativa, quanto per design di personaggi e creature nemiche – gli Aragami – il risultato finale è sì gradevole, ma anche estremamente banale, poco ispirato.
A una trama leggera e senza troppe pretese come quelle dei Monster Hunter (che riescono comunque a giustificare la presenza, l’habitat e il comportamento di ogni “mostro” ingame) God Eater 3 ha sostituito un setting post-apocalittico con basi di partenza interessanti, che crescono e si sviluppano su clichè e stereotipi talmente scolastici da far storcere il naso spesso e volentieri anche a chi non disdegna questo genere di produzioni. Per fortuna è possibile saltare a piè pari tutti i filmati di gioco, per cui la stucchevolezza di certe scene può essere aggirata senza che il gameplay ne risulti in qualche modo limitato.
Ad aggravare la situazione è l’identità del protagonista, avatar personalizzabile dal giocatore in una buona quantità di particolari, ma che per questa ragione risulta privo di qualunque carisma e linea di dialogo, relegando gli scambi di battute ai personaggi secondari e limitandosi a muovere la testa in maniera poco credibile; la qualità mediocre delle animazioni dei modelli e un labiale a volte inspiegabilmente assente non aiutano l’immedesimazione, nonostante l’ottimo lavoro svolto in sede di doppiaggio inglese e giapponese.
God Eater 3 raccoglie a piene mani l’eredità portatile dei suoi predecessori: la grafica e le già citate animazioni non rendono giustizia all’ottava generazione videoludica. Le ambientazioni sono poche, vuote e piuttosto anonime, malamente “rallegrate” dalla presenza di alcuni Aragami dal design piacevole, ma a loro volta vittima di troppi reskin nel corso dell’avventura.
Reale punto di forza di God Eater 3 si rivela il gameplay, che come già detto è più leggero e dinamico rispetto a quello di un classico Monster Hunter: non è necessario scoprire informazioni sugli avversari, le creature ostili non presentano pattern comportamentali complessi e da apprendere, la durata media di una missione difficilmente supera il quarto d’ora e l’intelligenza artificiale dei compagni di squadra permette di apprezzare il gioco nella sua interezza anche senza amici con cui giocare.
Le armi, trick-weapon chiamate God Arc, sono numerose e con moveset molto diversi tra loro; sarà possibile equipaggiare contemporaneamente una lama per il corpo a corpo, un’arma da fuoco per gli attacchi a distanza e uno scudo per scattare in avanti e deflettere i colpi. Ogni arma è personalizzabile con le abilità passive ottenute al termine delle missioni in forma di drop e avrà il suo personale albero di potenziamenti per essere trasformata in uno strumento offensivo più potente.
L’uso degli oggetti risulta fondamentale man mano che si avanza nel gioco: God Eater 3 offre una curva di difficoltà ben pensata, con giusto il classico picco di fine campagna, unica sezione in cui sarà effettivamente necessario ripercorrere missioni già svolte per ottenere denaro e risorse per rinforzarsi e ottimizzare la propria build di equipaggiamento e abilità.
Oltre alle missioni standard (divise in obbligatorie e opzionali, leggermente più difficili) è possibile partecipare a Missioni d’Assalto, veri e propri raid a otto giocatori che richiederanno ai partecipanti di abbattere un potente Aragami Cinereo con solamente cinque minuti a disposizione; inutile dire che i premi di questa modalità saranno estremamente ghiotti e giustificheranno l’impegno profuso.
Non si può negare che, rispetto ai titoli precendenti, qualche passo avanti God Eater 3 l’abbia fatto: la meccanica della Divorazione, chiave del successo durante gli scontri con i “boss” di ogni missione, è adesso molto più immediata e attivabile anche durante i movimenti a mezz’aria; anche la possibilità di scattare in avanti impugnando lo scudo consente movimenti molto più rapidi all’interno delle mappe e durante gli inseguimenti delle creature ferite e in fuga.
Sono stati anche inseriti i già menzionati Aragami Cinerei, entità più potenti delle loro controparti “classiche”, in grado di attivare a loro volta la Burst Mode tramite Divorazione, fino ad ora prerogativa dei protagonisti, ovvero i God Eater da cui la saga prende il nome; nel caso in cui la Divorazione vada a segno, l’Aragami Cinereo entrerà in uno stato di berserk, con nuove mosse e un potere offensivo maggiore.
Tutto questo sarà senza dubbio benvenuto agli occhi dei fan della saga e garantisce decine d’ore di divertimento, accompagnate da una narrazione senza troppe pretese: purtroppo, God Eater 3 rimane un gioco strutturalmente vecchio, legato a un binding tasti e strutturazione di mappe e missioni tipiche dei giochi portatili / mobile… e l’imminente rilascio di Iceborne, prima espansione di Monster Hunter World, abbassa ulteriormente le chance che questo titolo ha di accaparrarsi parte degli aficionados del titolo di casa Capcom, infinitamente più complesso e profondo, oltre che esteticamente più curato.
Rimane un prodotto valido e potenziale alternativa “casual” (ma non troppo) alla caccia di mostri in compagnia di gatti antropomorfi, ma tra il prezzo pieno e la finestra di lancio infelice, si può solo sperare che God Eater 3 sia il trampolino di lancio per la rinascita del brand su piattaforme di gioco casalinghe.