A metà tra fiaba e incubo sorge Lost in Random, il titolo della nostra recensione per console PS5. Il programma EA Originals crede nella creatività del team svedese Zoink, reduce dalle ultime fatiche di Fe, Flipping Death e Ghost Giant. Quanto ad originalità ce n’è da vendere, in un momento storico che offre delle produzioni davvero molto interessanti. E noi, ovviamente, urliamo “pancia mia fatti capanna”.
L’originalità vive, forse, più nel gameplay che nella storia. Quest’ultima prende spunto dal mondo del cinema e delle favole, con una morale che sembra presa in prestito dai fratelli Grimm. Parliamo, però, delle storie originali, non quelle romanzate da Walt Disney, dove il lieto fine aveva una sua psicologia profonda e, talvolta, nemmeno poi tanto scontata.
Il bello di Lost in Random vive nel gameplay, in grado di mixare elementi action a quelli di un gioco da tavolo. Non manca proprio nulla: ci sono i dadi, le pedine e le carte. Questa personale reinterpretazione li fa diventare parti integrante delle dinamiche di gioco, distruggendo il concetto stesso di turno. Di fatto, è quello che ti aspetti, visti gli ingredienti della ricetta, ma la scelta paga bene.
La dimesione artistica è un capolavoro di pura creatività. 6 regni tutti da esplorare, ognuno con una propria lore, personaggi e ambientazione. Anche il carattere degli abitanti cambia a seconda del posto, con dei dialoghi bizzarri in grado di strappare più di un sorriso in diverse occasioni. Bene, il tempo dedicato alla nostra consueta premessa giunge al termine. La piccola Even, assieme al suo inseparabile Dicey, è pronta a fare il suo lancio. Il suo destino lo lasciamo alla nostra recensione di Lost in Random, titolo, vi ricordiamo, provato nella sua versione per console PS5.
Prime impressioni: un fiabesco incubo
La prima ora di gioco di Lost in Random vola via in men che non si dica. Per un attimo abbiamo avuto l’impressione di perdere la cognizione del tempo e dello spazio, aspetto pericoloso ma allo stesso tempo intrigante. Il rovescio della medaglia si chiama “fattore immersione”, orchestrato alla perfezione. Volendo fare un paragone ideologico, per quanto i gameplay siano diametralmente opposti, il nostro ricordo è andato subito a It Takes Two. Sarà per lo stile o per le idee originali, ci abbiamo visto, però, molto di questo titolo.
Tornando, invece, al nostro gioco, è interessante il sistema di progressione dell’esperienza pensato dagli sviluppatori. Questo segue i numeri da uno a sei, corrispondenti, ognuno, ad una precisa ambientazione. La piccola Even, la protagonista di Lost in Random, step-by-step prenderà coscienza del suo vero ruolo e del destino che l’aspetta. Il concetto di “caso”, che funge da filo conduttore del background narrativo, viene pilotato dalla figura mistica del DadoMastro, che rivive nella piccola protagonista.
La sua sicurezza migliora man mano che ci si avvicina a Sest’Incanto, location della battaglia finale contro la Regina Malvagia. Come una favola, ogni regno migliora tacitamente la build “non scritta” del personaggio, che muta la sua personalità quando (ri)scopre chi è e cosa deve fare. E quello che è iniziato con un viaggio diventa, invece, una sfida per la salvezza di Alea.
Menzione d’onore la meritano i personaggi secondari. Solitamente viene riservato loro un ruolo marginale, ma in questo caso occorre spendere qualche parola in più e sottolineare il grande lavoro svolto da Zoink. Di fatto sono loro a creare l’ambientazione, ancora prima dello stile e del level design. Max Mazzieri è entrato subito nei nostri cuori, ancor prima del nostro portafogli. I Sindaci di Borgodoppio ci hanno ricordato la Gotham di Batman (con lo spaventapasseri che ha risvegliato i nostri incubi, ndr).
Contesto di gioco: Even in Wonderland?
“C’era una volta una bambina di nome Even che viveva spensierata, assieme a sua sorella Odd, nell’umile regno di Primagora. La vita scorreva come tutti i giorni, sino all’arrivo della malvagia Regina. Come da tradizione, dopo la fine della lunga Guerra dei Dadi, alla celebrazione di un dodicesimo compleanno la sovrana di Alea lancia il suo dado nero che sceglie il destino del prescelto. Ogni faccia rappresenta un regno di destinazione. Alla piccola Odd le tocca Sest’Incanto, assieme alla malvagia Regina. Even non ci sta, intenzionata a riprendersi la povera sorella.”
La nostra favola inizia qui, da una missione che appare impossibile, ma che, con il tempo, si dimostra alla portata della protagonista. Quello che succede nel mentre disegna il destino di Even. A cominciare dall’incontro con Dicey, l’unico superstite della stirpe dei Dadi, banditi dalla regina al termine della guerra. La lore dei regni racconta il passato e il presente, con un futuro incerto ma connesso alle gesta dell’aspirante DadoMastro. I dialoghi con i vari personaggi fanno il resto, così come le missioni principali e secondarie. Un consiglio spassionato: non evitate di parlare con gli NPC, e non fate distinzione tra più e meno importanti.
Il contesto generale di gioco rievoca quello di un grande gioco da tavolo. Ci sono dei momenti in cui si vive dentro uno di essi, con tanto di lancio di dadi e pedine che avanzano verso il traguardo. Nel mentre dobbiamo sfoderare il nostro deck di carte e mettere in piedi una strategia di gioco, che prevede delle sane sessioni di “mazzate alla ciecata” (e fionde quando la situazione lo richiede, ndr).
La storia, nel suo complesso, arriva come una contaminazione generale. Il grande imbuto della creatività prevede delle libere ispirazioni ai lavori del genio creativo di Tim Burton, ad Alice nel paese delle meraviglie, a Pinocchio di Collodi (con le volpi sempre pronta a rifilarci qualche fregatura, ndr), e alle morali delle fiabe dei fratelli Grimm. Di messaggi – più o meno – velati ce ne sono e probabilmente ognuno di noi ne assorbirà uno piuttosto che un altro. Quello che più ci è rimasto dentro ruota attorno al concetto di destino, dove la casualità degli eventi non è determinata a priori ma dipende principalmente da come questi vengono affrontati.
Gameplay: una faccenda di dadi e carte
Le dinamiche di gameplay di Lost in Random prevedono dei momenti ben precisi, nel cui ambito le cose da fare sono principalmente sempre le stesse ma in chiave evolutiva. Il personaggio di Even non è piatto dall’inizio alla fine ma muta regno dopo regno. A Primagora è una bambina impaurita che parte alla ricerca della sorella, spinta dalla sola voglia di riportarla a casa. Quella che, invece, arriva a Sest’Incanto è una guerriera, forte del suo ruolo e delle sue abilità di DadoMastro.
Parlavamo, prima, di momenti ben precisi e distinti. La dimensione esplorativa del gioco è quella che funge un po’ da collante. Non si tratta di un open world, questo è certo, ma è comunque interessante girovagare in giro per la città in cerca di personaggi e storie. Ogni regno, come anticipavamo prima, ha una sua lore che spiega il comportamento degli abitanti. Il percorso di maturazione del personaggio passa anche attraverso i vari dialoghi, utili per attivare le missioni principali e secondarie. Di fatto si ragiona per obiettivi da completare, utili per guadagnare denaro e carte, nonché il passaggio ad un’area successiva.
Parlando, invece, di quello che concerne il momento del combattimento, quello che di primo impatto sembra macchinoso, diventa – con il tempo – un simpatico “gioco nel gioco”. La forza di Even passa dalla qualità del suo deck. Il suo mazzo può contenere carte trucco, danno, difesa, pericolo e arma, da attivare secondo una nostra precisa strategia. Ognuna di queste ha degli effetti che si riverberano sul combattimento e ne fa decidere gli esiti.
Tutto passa però da quello che succede in campo. Per poter accedere al nostro deck bisogna, prima, soddisfare dei requisiti di attivazione. Questi coincidono con il recupero dei cristalli presenti sul corpo dei nemici di turno. Even, con l’aiutol della sua fionda, dovrà colpirli sino al raggiungimento del cap. Arriva, quindi, il turno di lanciare Dicey che definirà la qualità della nostra mano. All’inizio i numeri saranno bassi, visto che al nostro dado mancano i numeri alti. Le facce di Dicey migliorano nel corso del viaggio, in vista dello scontro finale di Sest’Incanto.
La piccola Even deve, inoltre, sporcarsi le mani sul campo di battaglia, sfoderando la sua spada e il suo lucente arco. Questi si equipaggiano attraverso le carte, con il potenziale che migliora livello dopo livello. Le mosse a disposizione non sono moltissime. Si attacca e si schiva, senza grosse pretese a livello action. La “chicche” le troviamo nella schivata perfetta e nella possibilità di attivare le carte in combo e innescare le chain.
Dimensione artistica: quando un’idea nasce da un disegno (o un sogno?)
La dimensione artistica di Lost in Random non si discute. Se vi aspettate effetti speciali da paura e risoluzioni grafiche pazzesche avete sbagliato luogo e gioco. La modestia è il marchio di fabbrica dei lavori firmati da Zoink. “Modestia”, però, è diverso da “banale”, non confondiamo l’accezione di questi termini. La banalità non alberga nel regno di Alea. Quello che, invece, troverete è una grandissima voglia di raccontare e raccontarsi.
L’engine grafico scelto è Unity,che arriva in forma smagliante visto l’eccellente lavoro svolto dagli sviluppatori svedesi. Le pretese non sono moltissime a livello estetico. La semplicità della definizione di personaggi e ambientazione è in linea con lo stile grafico scelto, a metà tra il gotico e il cartoon. Anche i colori, cupi e poco luminosi, aiutano ad enfatizzare la storia del luogo, oltre che caratterizzare fortemente il momento.
Un grande plauso lo meritano le scelte stilistiche, dove si vede la qualità del lavoro svolto dalle menti creative nel dietro le quinte dello sviluppo. Tutto inizia dai bozzetti di carta, dove prendono vita luoghi e personaggi. Si percepisce, sin dal primo minuto di gioco, che il lavoro di ricerca – in questi termini – è stato notevole. I quattro anni di sviluppo hanno permesso di creare 6 regni che rispecchiano le storie e i punti di vista di chi li ha creati. Nei vari dialoghi, infatti, c’è una testimonianza di questo passaggio che merita di essere colta.
Le potenzialità delle console di nuova generazione vivono, principalmente, nella sola velocità dei caricamenti. Il DualSense non viene preso in considerazione dal gameplay, con il feedback aptico e i grilletti adattivi che si godono una meritata vacanza. Volendo trovare un difetto lo individuiamo in questo, circoscritto alla sola versione PS5 di Lost in Random. Il resto è un lavoro svolto in maniera ineccepibile.
In conclusione
E siamo giunti al termine della nostra recensione di Lost in Random, esperienza vissuta su console PS5. Zoink riesce a confezionare una modesto lavoro in termini di gameplay, con una vena artistica che merita una menzione speciale. L’errore, se così si può identificare come tale, è quello di non sfruttare il feedback aptico e i trigger adattivi, generando un esperienza “piatta” sotto questo punto di vista.
I ritmi narrativi non sono veloci, anzi tutt’altro. Le cose da fare si presentano ripetitive con l’esplorazione e le cutscene che fungono da collante tra i vari regni. Bisogna, però, tener presente che il bello vive nel regno stesso, con personaggi e storie sempre diverse e originali. La storia di Alea vive nei suoi abitanti, con l’oscuro passato che nasconde numerosi misteri tutti da scoprire.
Il gameplay, quello puro, è orchestrato in maniera originale. Il mix “dadi+carte” crea quella giusta spinta per andare oltre. La voglia di migliorare il proprio deck progredisce assieme al racconto. In un attimo si arriva a Sest’Incanto, al cospetto della Regina malvagia. E li ve la giocate, con una partita a carte (e dadi) con il vostro destino.