All’ombra di una possibile (e nuova) pandemia di origine sconosciuta approda Tom Clancy’s Rainbow Six Extraction, il titolo della nostra recensione per console PS5. Ubisoft Montreal è in vena di sperimentazione, e si prende anche qualche rischio. Questo spin-off è il Rainbow Six che non ti aspetti. Niente PVP, solo PVE. A conti fatti, non è da considerare come un nuovo capitolo della serie regolare, ma solo un’esperienza diversa e parallela rispetto a quella attuale.
Una piccola sottilineatura doverosa, la nostra, onde evitare potenziali fraintendimenti. Per quanto difficile ritrovare una sorta di filo conduttore con la serie madre, il titolo prende origine dall’evento a tempo “Containment”, apparso su Rainbow Six Siege a fine agosto. Se vi ricordate, gli eventi ci portavano al Consolato, dove un qualcosa di non meglio indentificato era pronto a scatenare l’inferno sulla Terra.
Quel qualcosa è sfuggito di mano, ed è sbarcato a New York, San Francisco e in Alaska, per poi far ritorno in New Mexico (ve lo ricordate Outbreak vero?!, ndr). Sono questi i quattro scenari in cui gli operatori dovranno sopravvivere e raccogliere informazioni. La storia evolve con il raggiungimento di determinati obiettivi, utili per sbloccare nuovi contenuti. Un modo intelligente per trasportare il giocatore verso l’endgame e fargli dimenticare l’assenza del PvP.
Il cooperativo sostituisce, quindi, il competitivo. Il livello di sfida aumenta man mano che ci si avvicina alle battute conclusive, e con esso anche lo sviluppo del personaggio migliora progressivamente. Superata la prima fase di ambientamento, entro cui si prende confidenza con il titolo (e scrollarsi di dosso il pensiero di Siege, ndr), il gameplay riesce a catturare anche se vi sono alcuni “però”. Bene, la carne al fuoco è davvero molta, per cui non ci dilunghiamo oltre ed “estraiamo” la nostra recensione di Tom Clancy’s Rainbow Six Extraction per PS5.
Prime impressioni: Uno spin-off che fa riflettere
Siamo degli amanti del momento “0”. Quello che aspetti da quando il gioco viene annunciato, e alimentato costantemente nel corso del suo sviluppo. Ci si fa un’idea, basata anche sul trascorso della saga. Visto e considerato che stiamo parlando di un tale chiamato “Rainbow Six”, con Siege ancora tiene banco da oltre 6 anni, l’attesa era anche doverosa. Sì, avete capito bene. Era il lontano 2015 quando usciva questo reboot filosofico e il mondo aveva bisogno di un nuovo titolo.
La scelta di puntare sul PvE lascia pensare a un qualcosa di diverso a livello di fruizione e di esperienza di gioco. Il livello di sfida, infatti, non è dato dalla presenza dell’avversario “umano” bensì da un NPC nemico la cui forza è legata al livello di difficoltà (pre)scelto. Un destino che si sceglie a priori insomma, ma che punta moltissimo sulla capacità di cooperazione e collaborazione.
Ed ecco che spunta fuori il punto di incontro con la filosofia “base” della saga. Rainbow Six, infatti, non è il classico FPS, o quanto meno non lo è più. Call of Duty e Battlefield lasciano poco spazio per fare qualcosa di diverso. La scelta di puntare ad un approccio strategico ha fatto sì, quindi, che questo diventasse il marchio di fabbrica del nuovo corso della saga. In Rainbow Six Extraction la tattica è fondamentale per sopravvivere alle ondate degli archei.
Non ci si mette molto per capire come funziona il sistema di progressione. Il sistema ad obiettivi è molto chiaro, per cui basta solo seguire le regole del gioco. Il titolo prevede anche la possibilità di giocare in singolo, anche se, a conti fatti, non vale la pena “farsi il mazzo” da solo per pochi spiccioli di exp. Il dialogo e la collaborazione con gli altri membri del team, invece, sono cose che meritano di essere vissute. O quanto meno, è quello che vorrebbero quelli di Ubisoft Montreal.
Contesto di gioco: Messaggi subliminali da cogliere
Se avete esperienza con la saga storica di Rainbow Six siete già pronti ad essere schierati sul campo e fare la vostra parte nella lotta per la sopravvivenza. In alternativa, dovrete farvi un giretto sul simulatore VR installato a bordo della Pioneer. Noterete subito una non elevata complessità del sistema di gioco, in grado di attirare anche un pubblico che strizza l’occhio al competitivo.
Rainbow Six Extraction vuole diventare un nuovo punto di riferimento del mondo degli FPS. Un prodotto che non perde troppo tempo nel raccontare, visto che l’impianto narrativo messo in piedi è molto essenziale, ma che offre un livello di sfida costante e progressivo. La scelta tra singolo e cooperativo è lasciata alla volontà dell’utente, questo è vero, ma come abbiamo già anticipato prima, giocare in gruppo è quasi una scelta fisiologica.
Chi vi scrive, però, ha avuto numerose esperienze con titoli Ubisoft e ha scorto una precisa volontà dell’azienda canadese. Perdonate questa piccola follia ma seguite, anche solo per qualche istante, questo ragionamento. Ghost Recon, dopo le esperienze di Wildlands e Breakpoint, si è convertito dalla terza alla prima persona. L’annuncio di Frontline ha lasciato tutti spiazzati, anche per via del modello di fruizione che lo vede come un Battle Royale free-to-play in stile FPS.
XDefiant è un altro segnale di questo importante cambio di tendenza, un titolo che sembra un melting pot di best practice di Splinter Cell, The Division e Ghost Recon. The Division attende Heartland, anche se l’impressione è che il passaggio agli FPS non tarderà ad arrivare. Tutto questo per dire cosa? Rainbow Six Extraction può essere anche interpretato come una specie di sonda per testare l’appetito di una fetta di utenza. Giusto per restare in tema, consideratelo un esperimento.
Gameplay: Nessuno resta indietro (se si comporta bene)
È arrivato il momento di parlare di gameplay, il piatto forte della nostra recensione PS5 di Rainbow Six Extraction. Ci sono diverse cosucce da mettere subito a fuoco. La cosa che arriva dritta come un fulmine è l’estrema correttezza di base. Se “lefti” – perché magari ti girano le scatole – ricevi una penalità e per un lasso di tempo viene disabilitato il matchmaking. Se giochi come uno scellerato – e metti in difficoltà la missione e per qualche motivo “schiatti” – perdi l’utilizzo dell’operatore e il corpo non viene recuperato.
Sono due aspetti importanti da ricordare e tenere sempre a mente durante ogni partita. Il sistema di gioco prevede una sessione suddivisa in 3 momenti, come se fossero dei veri e propri stage. Vi sono degli obiettivi da rispettare per portare a termine la missione, con la possibilità di procedere all’estrazione in ogni momento. Non vi è, quindi, un concetto vero e proprio di vittoria o sconfitta. Quest’ultima viene decretata solo nel momento in cui tutti gli operatori vengono avvolti dalla schiuma di stasi, una tecnologia che evita di essere divorati dagli archei.
Le nostre prestazioni vengono valutate sotto 3 aspetti: numero di uccisioni, tattica e salute con cui si arriva all’estrazione. Il primo e l’ultimo parlano da sé. È interessante, invece, spendere qualche parolina sull’aspetto strategico di Rainbow Six Extraction. Giocando in gruppo è importante seguire degli schemi di attacco a difesa. Le nostre azioni, al di la degli obiettivi da raggiungere, hanno delle conseguenze che possono talvolta trasformarsi in un’ondata senza fine di nemici assetati di sangue. Imperativo: attaccare il cervello prima di premere il grilletto.
Al momento in cui scriviamo, è possibile scegliere tra 18 operatori. Ognuno di essi possiede una sola abilità unica che non è scambiabile con altri ma solo perfezionabile con l’equipaggiamento estetico. Vi sono solo alcune considerazioni sul sistema di controlli che, il più delle volte, evidenzia una necessità importante. Capita spesso di correre e scappare perché il mondo ci insegue. Un modo per recuperare tempo e organizzare una controffensiva o per aggirare il nemico e sferrare un attacco a sorpresa. Il problema è che non si può né saltare e né scivolare. Per quanto capiamo che l’obiettivo dei dev è quello di renderci la vita un inferno, l’assenza di questi due asset base rendono il gameplay troppo punitivo in alcune occasioni, soprattutto se si gioca in singolo.
Dimensione artistica: risoluzione vs prestazioni, la sfida continua
Rainbow Six Extraction offre al giocatore la possibilità di scegliere tra risoluzione e prestazioni. L’ennesimo e annoso dilemma che, già a partire dal termine della passata generazione, lascia decidere a noi come sarà l’esperienza di gioco in termini di resa grafica. Conosciamo tutti bene le potenzialità dell’Anvil Engine, il motore grafico proprietario Ubisoft in grado di offrire un rendimento sempre di tutto rispetto.
Ora, il gameplay di questo spin-off è abbastanza chiaro, per cui siamo noi a dover compire questa scelta basandoci sul nostro gusto e/o stile di gioco. Di base ci vengono offerti alternativamente i 4K UHD (2160p) e i 60fps. Insieme non possiamo averli per cui dobbiamo prendere quella decisione che tanto odiamo. Questo passa il convento e quindi “prendi e porta a casa”.
Premettendo che questa recensione PS5 di Rainbow Six Extraction è frutto di un’esperienza vissuta in modalità “prestazioni” (i 60fps sono troppo appetibili, ndr), la curiosità nel vedere cosa perdevamo in termini grafici ci ha spinto a provarlo anche in “risoluzione”. La grande differenza l’abbiamo notata nella gestione delle illuminazioni globale e dell’occlusione ambientale, e nella presenza del particolato nell’aria. Utile se si insegue un’esperienza immersiva in termini visivi, ma che si scontra con il fatto che dietro di noi c’è l’Alien di turno che alita sul nostro collo.
La modalità “Prestazioni” muove il gameplay a 60fps e non ne perde nemmeno uno per strada. Anche quando le ondate dei nemici iniziano ad essere frequenti e con numerosi archei in azione. Siamo lontani dai 120fps di Call of Duty ma non essendoci la componente competitiva sarebbero anche stati poco utili. Ovviamente, se ci fossero stati, non li avremmo di certo buttati via.
In conclusione
Ed eccoci giunti ai momenti conclusivi della nostra recensione PS5 di Rainbow Six Extraction. La saga di Rainbow Six ha superato i 20 anni di attività, diventando un punto di riferimento del genere FPS Tattico. Lasciando COD e Battlefield azzuffarsi per il podio del genere, Ubisoft Montreal si è ritagliato il suo orticello dove fa il bello e il cattivo tempo. Mancava una componente PvE ed ecco che Extraction arriva a tappare questa falla. In verità fa molto più, forte di un gameplay che, seppur con qualche lacuna sul fronte controlli, coinvolge il giocatore sino all’endgame.
Il sistema di gioco si dimostra solido e garantisce il giusto livello di sfida. Già verso San Francisco si percepisce che non sarà una passeggiata e questo porta a preferire il PvE cooperatico alla modalità in singolo. La progressione e lo sviluppo del personaggio ci portano a compiere delle scelte di specializzazione che, se si gioca in gruppo, invitano a ricoprire un ruolo ben preciso. Un modo come un altro per dire “fatevi una build” e schieratela in campo.
L’assenza di alcuni movimenti di base, come il salto e la scivolata, rendono il gameplay talvolta troppo punitivo. Eppure si è portati fisiologicamente a ricercarli, visto e considerata la presenza di creature che amano inseguire le proprie prede. Purtroppo per noi, gli sviluppatori non sono del nostro stesso avviso per cui “prendi e porta a casa”. La cosa importante è sempre una: divertirsi in sicurezza e in compagnia.