Torniamo a parlare di Assassin’s Creed Valhalla: L’Alba di Ragnarok e questa volta tocca al DLC L’Alba di Ragnarok, provato su console PS5. L’anno due giunge, come si dice in questi casi, “a bomba”. Ubisoft non guarda in faccia a nessuno, nemmeno a Santa Monica Studio, impegnata nella realizzazione di God of War Ragnarok. La sofware house canadese ci porta nella sua versione della “fine dei giorni”, secondo la mitologia norrena.
Lasciamo i panni di Eivor morso di lupo per vestire quelli di Odino. Chiamarlo un DLC è forse riduttivo vista l’ondata di nuovi contentuti che ci attende una volta arrivati nel regno nanico di Svartalfheim. Al varco ci aspettano l’invincibile gigante del fuoco Surtr e i suoi scagnozzi, complici del rapimento di Baldr, il figlio del Padre di tutti. Quando si tocca la famiglia non si guarda in faccia a nessuno ed è ciò che succede in Assassin’s Creed Valhalla: L’Alba di Ragnarok.
Un nuovo potere, intriso di magia divina, diverrà parte del vostro rinnovato arsenale. Le meccaniche di combattimento, rimaste illibate sino ad ora, subiscono un importante scossone. Lo stile aRPG apre le porte alle skill “a tempo”, abilità uniche che conferiscono al personaggio dei poteri in grado di modificare le sue stats base, oltre che delle protezioni aggiuntive. Questo nuove feature si riverberano sul gameplay in maniera piuttosto efficace, suscitando lo stupore del “nuovo” e non il solito trascinamento contenutistico.
Stessa cosa non la possiamo dire, invece, su trama e personaggi. Al pari dell’Ira dei Druidi e L’assedio di Parigi, non possiamo dire di aver trovato nulla che ha fatto breccia nei nostri cuori. L’avventura base ha saziato, probabilmente, ogni nostro appetito. E ancora oggi, sotto il profilo narrativo, resta il punto di riferimento. Anche questa avventura eredita molto delle gesta di Eivor anche se non occorre terminare il gioco base per poter accedere a questo contenuto aggiuntivo. Il livello consigliato è il 340, per cui la scelta è vostra. Vi lasciamo, dunque, alla recensione del DLC Assassin’s Creed Valhalla: L’Alba di Ragnarok, giocato nella sua versione per console PS5.
Molto più di un DLC
Se dovessimo analizzare tutti gli Assassin’s Creed sinora pubblicati, Valhalla è sicuramente il capitolo più ambizioso di tutti. I contenuti post lancio ne sono un esempio piuttosto evidente, e Ragnarok rappresenta la ciliegina sulla torta. Considerarlo, però, solo un DLC, a nostro modesto avviso, è troppo riduttivo. La “pagnotta” si porta a casa tra le 12 e le 14 ore, giocate con un livello di difficoltà normale. Il consiglio,però, è quello di adeguarlo al livello del vostro personaggio, giusto per ravvivare i combattimenti. Ci rendiamo conto che, al giorno d’oggi, non è facile bilanciare un gameplay di un gioco base, figuriamoci quello di un contenuto post-lancio, dove ci si arriva con i punteggi esperienza più disparati.
Ma non è questo il punto. Vogliamo concentrare la nostra attenzione su alcuni aspetti del gameplay che ci hanno piacevolmente colpiti, anche in vista di un futuro prossimo (e non troppo remoto, ndr) della saga. Lo zodiaco dello skill tree si espande grazie alla nuova forma divina del nostro Eivor. Il potere di Odino cambia considerevolmente le nostre prospettive, sia in termini di esplorazione che di combattimenti. Il potere del mutaforma ci consente di assumere le sembianze di un corvo e volare sopra le terre sconfinate di Svartalfheim. Ne consegue che il concetto di inaccessibilità diventa relativo, con la possibilità di sbloccare tutti i punti di osservazione sin da subito. Questo potere ci aiuta anche in battaglia, concretizzando un vantaggio tattico non indifferente in chiave stealth.
Il numero di armi non ci ha sorpreso più di tanto, cosa che, invece, non possiamo dire della lancia Atgeir. Non vogliamo illuderci – e in un certo modo abbiamo anche paura di quello che abbiamo pensato – ma il cambio di posa e il modo di attaccare è stato come un déjà-vu. Al momento non abbiamo ancora la possibilità di scegliere le stance, ma non escludiamo che questa cosa non sia destinata a restare immutata (per caso stavamo parlando di Nioh?, ndr).
Il lato “magico” di Eivor in Assassin’s Creed Valhalla: L’Alba di Ragnarok
Il mondo di Assassin’s Creed non è mai è stato aderente, in maniera così esplicita, a quello dell’ultraterreno. Fedele ai libri di storia – e con qualche gradita licenza poetica – ci si è sempre mossi in una zona “reale” che lambiva i miti e le leggende. L’Alba di Ragnarok rompe questi schemi, con l’intento di sondare l’appeal della community. Basta con i DLC safe, utili per espandere la mappa e proporre nuove missioni. Ci vuole qualcosina di più per scordarsi “il mazzo” che ci siamo fatti in Norvegia e in Inghillterra. Nonostante questo, il contenuto aggiuntivo che apre l’anno due ripropone alcune attività già note sinora, come le razzie e le quest secondarie.
La nostra attenzione si è pero concentrata sulla presenza dell’Arena delle Valchirie. Spunta fuori un contenuto che si apre verso il multigiocatore, seppure in maniera molto “safe”. Sfide che interessano la community, ma senza mai – almeno rispetto a quello che sappiamo – esporsi verso il PVP/PVE. Niente, però, è destinato a restare immutato, e il sogno di vivere un’Assassin’s Creed in formato MMORPG resta ancora vivo.
Un altro punto di interesse è da ricercare nel rinnovato stile di combattimento di Eivor/Odino. La presenza delle abilità divine fornisce approcci diversi per ingaggiare e superari ostacoli, anche in chiave tattica. Abbiamo la possibilità di resuscitare i nemici caduti sotto i nostri colpi, camminare sul magma ardente, trasformarci in un corvo per poi attaccare alle spalle, potenziare la resistenza ai colpi e aumentare la forza dei nostri attacchi. La durata di queste abilità non è infinita ed è possibile equipaggiarne solo due per volta.
Dal punto di vista delle ambientazioni, Ubisoft dimostra, ancora una volta, che fa bene i compiti a casa, ma senza esagerare. La vastità del mondo di gioco è sicuramente apprezzabile, come pure la diversità dei paesaggi e degli ecosistemi. Il problema è che si passa troppo tempo a scalare, invece di correre e sorvolare. Un artificio che maschera una precisa scelta di sviluppo, che ha deciso di premiare più le dinamiche aRPG e meno quelle open-world.
In conclusione
Con Assassin’s Creed Valhalla: L’Alba di Ragnarok siamo ben oltre il classico more of the same a cui siamo abituati con i DLC. Diciamoci la verità, L’Ira dei Druidi e L’assedio di Parigi non hanno apportato dei grossi cambiamenti rispetto l’esperienza vissuta nella campagna base. Per quanto la storia e i contesti fossero diversi, il gameplay non è stato interessato da cambiamenti vistosi. Ubisoft, in questa occasione, “se la rischia”.
Abbiamo apprezzato le novità introdotte lato combattimenti, al punto che ci piacerebbe che queste diventassero “titolari” anche in futuro. Una sperimentazione più che positiva, anche in virtù del contesto “mitologico” in cui siamo immersi. Vestire i panni di Odino ci è piaciuto, anche se i personaggi di contesto non sono ancora all’altezza di quelli incontrati in Norvegia ed Inghilterra. Le ambientazioni incantano dal punto di vista artistico, ma non soprendono per estensione territoriale. Le troppe scalate ci hanno stancato.