Originalità e creatività in un progetto videoludico che desta sorpresa quanto stupore, è quanto offerto da Strayed Lights, il titolo della nostra recensione su console PS5. Embers mette a segno la sua prima uscita sul campo, e lo fa in maniera più che perfetta. Il gameplay è ipnotico ed è in grado sempre di rinnovarsi e trasmettere quella giusta voglia di curiosità ed andare avanti.
Il polimorfismo dell’impianto di ludico ci porta comunque ad inquadrarlo come un action RPG con una spiccata vena action e pochissima inclinazione al grinding. Una scelta che si sposa bene anche con il contesto generale di gioco, che prevede una totale assenza di guide e tutorial. Non mancano i momenti di disorientamento, per quanto voluti, anche se talvolta sfuggono di mano e finiscono con il diventare eccessivamente pesanti.
Senza proseguire oltre, vi lasciamo alla nostra recensione di Strayed Lights, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.
Un gameplay che “disorienta”
Il primo vagito in un mondo completamente buio. Le luci arrivano poco distinguibili, appannate e fastidiose. La fatica e il coraggio di venire al mondo, in un contesto fatto di suoni e vibrazioni, senza sottotitoli o dialoghi esplicativi. Senza nessuno che ti spiega cosa fare e come farlo, con zero indicatori a video ed l’assenza di una mappa. Inizia così il nostro viaggio in Strayed Lights, prima avventura videoludica sviluppata dalla software house francese Embers. Il progetto ci ha incuriosito fin dall’inizio, ma mai potevamo pensare di trovare un tale senso di disorientamento, fatica e confusione iniziale di questi livelli. E non lo stiamo affermando in chiave negativa, sia ben chiaro, il tutto ci ha colto veramente di sorpresa.
Il viaggio del nostro elemento primordiale prosegue all’insegna della scoperta, con quel mondo offuscato che pian piano comincia a diventare sempre più nitido, e con le nostre abilità che iniziano a farsi timidamente vedere. Il colpo d’occhio visivo è pazzesco. Colori molto accesi e scenari densi di misticismo e carica creativa. Giocando su PS5 il feeling con il controller Dualsense è eccezionale. Feedback aptico e grilletti adattivi, infatti, vengono sfruttati in maniera più che eccezionale, come se fosse sviluppato da un First Party di Sony. Se pensiamo che questa è la prima uscita sul campo dello studio francese, tanto di cappello.
Il senso di disorientamento e stupore iniziale alimenta, nella prima parte del gioco, il fattore immersione, spingendoci ad andare avanti per e tentare di capirci qualcosa rispetto quello che sta accadendo intorno a noi. Un percorso conoscitivo fatto di suoni, sensazioni ed emozioni che crescono, come cresce la consapevolezza e la forza del nostro personaggio principale. Il gameplay, in generale, punta tantissimo sullo sfruttamento dei diversi sensi, dal tattile all’uditivo.
All’inizio tutto è molto istintivo, anche per via del fatto che non vi sono degli indicatori visivi, tutorial e assistenti vari a guidare la nostra esperienza di gioco. Il tutto arriva così come viene e pian piano che il nostro personaggio acquisisce consapevolezza circa il proprio ruolo nelle vicende di gioco, anche il gameplay inizia a mutare la sua forma, diventando sempre più action e abbandonando quell’alone di simil survival dei momenti iniziali.
Il costante senso di confusione, come abbiamo narrato in precedenza, è un po’ un asset portante dell’infrastruttura del gameplay, anche se talvolta diventa un’arma a doppio taglio. Vi sono, infatti, delle situazioni in cui non si capisce bene il da farsi, generando un senso di frustrazione importante. Per carità, tutto è funzionale alla comprensione della storia e del contesto degli eventi di gioco, ma l’ostentazione di questo aspetto talvolta diventa controproducente. In tal senso gioca anche un ruolo fondamentale la non linearità del gameplay, che offre una livello principale che funziona un po’ da HUB e vari sotto-livelli esplorabili anche tramite il viaggio rapido. Il concetto di prima e dopo, o giusto e sbagliato, ha poco senso anche perché la storia viene svelata con simil flashback e rapide cut-scene.
Semplice ed efficace
Nell’epoca del tutto e subito, dove non si ha più la pazienza di attendere è ragionare più del dovuto, ben vengano le scelta adottate degli sviluppatori in Strayed Lights. Ogni livello, infatti, nasconde dei piccoli segreti da svelare che aiutano a sviluppare il potenziale del personaggio nonché sezioni chiave per progredire nella storia. L’assenza di indicatori visivi, suggerimenti e voci narranti, oltre a creare un ecosistema di gioco che vive a metà tra la confusione e l’originalità, ci invita “spintaneamente” a ragionare con calma e senza fretta.
L’inquadramento del genere specifico si svela a poco a poco, senza scossoni apparenti e in maniera lenta e graduale. All’inizio infatti sembra un’avventura con una forte vena survival, e pian piano diventa un action RPG. Lo skill tree è minimale, e si divide in due livelli distinti, uno che sblocca dei potenziamenti base ed un altro che punta a quelli di elite. Il tributo in termini di risorse cambia, anche se per ottenere queste ultime occorre sudare sette camicie. I punti abilità, infatti, si ottengono al termine di ogni sessione di combattimento. I nemici più “tosti” sono sicuramente quelli più generosi in termini di bottino, e vi dobbiamo confessare che la scelta degli sviluppatori è stata da noi accolta in maniera favorevole.
Questo significa che bisogna imparare a combattere, o meglio a difendersi, prima di attaccare. Il sistema difensivo di Strayed Lights gioca, infatti, una componente fondamentale nelle fasi di scontro. Effettuando delle parate al giusto ritmo e tempismo si va a aumentare il potenziale offensivo del nostro personaggio che, una volta arrivato al massimo, genera un’onda d’urto di immane potenza che mette il nemico spalle al muro. Viene offerta anche la possibilità di schivare ed attaccare il nemico con un melee system molto basilare e privo di chain, ma l’effetto – in termini di danni e vantaggi – non è lo stesso.
L’idea di base è anche buona, ma un infelice gestione dei movimenti di camera rende poco agevole il controllo del personaggio, riverberandosi nelle sessioni di combattimento, oltre che in quelle esplorative. Il lock system (il sistema che permette di agganciare la visuale al nemico di turno) è una manna dal cielo, ma talvolta fa cilecca anche lui, perdendo il focus sul nemico di turno.
Prima di concludere, non possiamo che spendere due parole per la dimensione artistica di questo interessante progetto videoludico. La scelta cromatica, in particolare, ricorda quella vista in Ori, con delle fonti luminose piuttosto accese e colori estremamente vivaci. Lo abbiamo provato sia in modalità Performance che in Qualità grafica. Con la prima sicuramente rende meglio a livello di fluidità di gameplay ma si perde parecchio in termini di “colpo d’occhio”.
Preme segnalare che in modalità Qualità vi sono, talvolta, alcuni vistosi cali di frame, un aspetto che probabilmente verrà sistemato con qualche patch ad-hoc. Il dettaglio delle varie texture grafiche, infine, giunge apparentemente come dozzinale ma è una precisa scelta stilistica dello sviluppatore, un po’ come succede con titoli del calibro di World of Warcraft.