Dopo le fatiche di Shadowland, arriva un nuovo endgame per la gallina dalle uovo d’oro di Blizzard intitolato World of Warcraft: DragonFlight, il titolo di questa nostra recensione. Si vola sull’Isola dei Draghi, con un nuovo villain pronto a rimettere in discussione la pace raggiunta dopo le gesta eroiche vissute nell’ultimo DLC Shadowland. La musica non cambia, con la sequela di quest che ci invitano a raggiungere il nuovo level cap fissato a 70.
Nonostante questo, le novità ci sono, e alcune sono destinate a cambiare in parte il gameplay per come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi. La cavalcatura draconica, giusto per fare un esempio, è un modo fantastico per girare sulla mappa con estrema facilità. Anche l’HUD ha subito dei miglioramenti che hanno riorganizzato l’interfaccia base del gioco. Analogo discorso anche per lo skill tree, che prevede una nuova suddivisione tra classe e specializzazione.
Insomma, come succede ormai da 18 espansioni a questa parte, il nuovo endgame prevede scintille. Vi lasciamo, quindi, alla nostra recensione di World of Warcraft: DragonFlight, ultimo DLC del famoso MMORPG edito da Blizzard.
Il ritorno dei draghi
Nel mondo di World of Warcraft già da tempo mancava qualcosa a tema “Draghi”, a lungo rievocati ma mai entrati direttamente in campo con un’espansione dedicata. Ed ecco che DragonFlight, 18esima estensione dell’end game dell’intramontabile MMORPG di casa Blizzard, ci porta sull’Isola dei Draghi riemersa per l’occasione e minacciosa di sconvolgere l’equilibrio di Azeroth. Raszageth la Mangiatempeste e la setta dei Primalisti sono intenzionati ad eliminare l’influenza dei Titani e liberare un oscuro potere rimasto rinchiuso da millenni.
Si inizia sulle Sponde del Risveglio, con un nuovo level cap da raggiungere, il 70esimo, e la possibilità offerta a di switchare subito al 60esimo per l’occasione (anche se il ti piace vincere facile è dietro l’angolo non fatelo, ndr). Ma non è solo l’unico grande miglioramento che ci attende in questa espansione. Il volo Draconico, una nuova monta alare, ci permette sin da subito un agevole attraversamento di tutte e 4 le regioni disponibili, ognuna delle quali governata da un Drago che attende la nostra chiamata alle armi.
Sulla scia del rinnovamento anche lo skill tree subisce delle sane iniezioni di novità, con la suddivisione della crescita in due sezioni ben distinte, una di classe ed una di specializzazione, che consente uno sviluppo del personaggio forse un po’ più lento ma decisamente più preciso. Anche l’HUD subisce alcuni cambiamenti, con una disposizione bifilare delle abilità che ne aumenta il numero e quindi le possibilità di creare il giusto chaos sull’Isola dei Draghi.
La nuova classe, quella dei Dracthyr, giunge come una positiva aggiunta a livello di classi, che iniziavano a diventare più “solite” che “interessanti”. Due specializzazioni previste, Devastazione e Conservazione, utili sia in PvE che in PvP. La prima esperta nel DPS a media distanza e non troppo incline ai combattimenti ravvicinati, e la seconda che si presenta come un classico healer. Il fatto di poter sputare fuoco e volare sopra le teste dei propri avversari invoglia nella scelta di questa nuova classe, anche solo per capire se mettere in panchina il nostro eterno PG.
Sotto il profilo artistico, l’Isola dei Draghi non è altro che la solita minestra già vista nelle 17 espansioni precedenti. Capiamoci, World of Warcraft non hai mai spiccato per qualità grafica e cura dei dettagli, ma le ambientazioni meritano un qualcosa di nuovo, che manca già da troppo tempo da queste parti. Armature ed armi, invece, hanno catturato il nostro interesse, con una voglia folle di diventare il solo ed unico Cavalcadraghi leggendario.
Un nuovo WoW a portata di tutti
Il mondo di World of Warcraft stava finendo per diventare un contesto troppo chiuso ed elitario. Il genere stesso, quello dei MMORPG, si porta dietro questo piccolo “difetto di fabbrica”, creando delle community esclusive, e composte necessariamente da giocatori che seguono il gioco con costanza e dedizione, suggeriscono numerosi consigli agli sviluppatori per migliorare le sistema di gioco ed hanno tante ore da spendere. Tutto questo rappresentava una barriera lato accessibilità, nei confronti di tutti coloro che si volevano avvicinare per la prima volta al mondo di World of Warcraft.
Gli sviluppatori, accortisi di questo annoso problema, nel 2019 presero una decisione, azzerando il mondo di gioco attuale sino a portarlo alle origini della saga. Fu così che arrivò World of Warcraft Classic, un titolo spogliato di tutte le sue espansioni uscite sino a quel momento, con una build allo stato originale così come uscì nel 2004, comprensiva, ovviamente, di tutti i bilanciamenti lato gameplay e con tutti i bug già corretti. Affiancata ad essa è stata posta una versione identificata da molti con il termine “retail”, un punto di accesso perfetto per tutti coloro che vogliono divertirsi senza soffrire “troppo”. Per quello infatti esiste ancora la versione “Classic”, che propone ancora un livellamento del personaggio lento e graduale, è un livello di difficoltà delle Quest che premia gli amanti del grinding selvaggio.
Ed è sul solco di questa esperienza maturata negli anni da Blizzard e da tutti quelli che sono stati coinvolti nel costante e continuo sviluppo del progetto, che abbiamo vissuto in completo e totale relax questo nuovo endgame a tema draconico. Senza più quello oppressiva esigenza di spendere almeno tre/quattro ore al giorno per non restare eccessivamente indietro con lo sviluppo del personaggio, ed avere quell’ansia da “giornaliera”. Senza contare il fatto che è completamente localizzato in italiano, altro aspetto da non sottovalutare minimamente.
In World of Warcraft: DragonFlight non si vive solamente di gameplay, anche se ancora la storia coinvolge solamente a tratti. Battaglie e quest che restano epiche vi sono, così come le nuove spedizioni offrono un livello di sfida degno delle precedenti espansioni. L’obiettivo è quello di arrivare al nuovo level cap fissato a 70. Fortunatamente, come ribadito in precedenza, non bisogna più sudare sette camicie per sbloccare gli upgrade di rilievo come ad esempio la cavalcatura draconica, disponibile quasi sin da subito. Dispiace evidenziare, ancora una volta, che si tratta di un gioco ad appannaggio dei soli utenti PC e senza prevedere una soluzione “ufficiale” per una configurazione controller type e similari.
Il sistema di progressione sembra, a primo impatto, meno “impegnativo” della versione classica, sorridendo a tutte quelle persone che non hanno moltissimo tempo libero da dedicare al grinding selvaggio. Al tempo stesso, però, premia tutti coloro che sono alla ricerca di sfide, realizzando un mondo aperto e vario a livello di quest. E vogliamo soffermarci un attimo su quest’ultimo aspetto, prima di salutarci e volgere lo sguardo al verdetto finale. World of Warcraft: Dragonflight offre una storia lineare, ma solo se decidiamo di seguirla.
Quest’ultima è composta da un percorso principale ed uno secondario, costituito da una miriade di quest e incarichi tutti altamente generosi sotto il profilo del bottino ed utili a migliorare il livello delle nostra build. Nulla toglie, però, che possiate condividere l’esperienza di gioco con altre persone, non curandosi minimamente la storia e lo sviluppo degli eventi di gioco. Ovviamente vi sono delle missioni che richiedono dei requisiti di ingresso, questo appare piuttosto scontato, ma non vi sono percorsi obbligati da seguire, e questo è sintomo di una maggiore libertà di scelta del giocatore. Una esperienza ad personam, giusto per utilizzare un termine sconosciuto a noi videogiocatori, che siamo sempre alla ricerca di una nostra zona di comfort.