Il nostro primo incontro con Call of Duty: Modern Warfare 3, avvenuto in occasione della closed beta di ottobre, è stato determinante in chiave recensione. Il grosso del gameplay, con tutte le novità introdotte lato meccaniche di movimento ed ingaggio, erano già presenti (con tutte le sbavature del caso). Le scelte degli sviluppatori – sempre e solo in ordine al fronte competitivo – sono state ben accolte dalla community. Quelle, invece, che hanno determinato la costruzione di una nuova Campagna, sono andate nella direzione diametralmente opposta, al punto di avere la sensazione di essere di fronte un mero DLC di Modern Warfare 2.
Questa sensazione, che ha accompagnato l’esperienza complessiva, viene percepita anche sul fronte grafico, con una dimensione artistica che sembra essere clonata dal secondo capitolo del noto sparatutto. A salvare, in parte, la faccia ci ha pensato la modalità Zombie, che si apre all’open world (per quanto un piccolo sguardo a DMZ sia stato “positivamente” lanciato). Bene, senza ulteriori indugi vi lasciamo alla recensione di Call of Duty: Modern Warfare 3, titolo giocato nella sua versione per console PS5.
Un DLC sotto mentite spoglie
Sledgehammer Games sorprende tutti, ma questa volta lo fa in negativo. Chiamata in causa da Activision – dopo aver lasciato in panchina Inifinity Ward per via delle fatiche di Modern Warfare 2 – viene chiesto loro di costruire una storia convincente che godeva già di ottime premesse sul fronte narrativo (quelle del remake del capitolo precedente), alimentate da un indotto che veniva dal passato (il terzo capitolo storico è datato novembre 2011).
Partendo da questo, bastava “solo” seguire un percorso già tracciato da altri, ovvero una modalità Campagna intensa, spettacolare e narrata con uno stile cinematografico. Aspetti che hanno, nelle ultime uscite sul campo, messo sempre tutti d’accordo.
Stranamente, non è andata così. C’è stata una volontà, ovvero quella di non distanziarsi troppo dalla componente multigiocatore, creando quelle che possono essere definite delle mini-istanze delle mappe giocate in competitivo e “farcendole” di NPC nemici dotati di AI adattiva (o quanto meno è l’impressione restituita in fase di gameplay).
Il risultato lascia completamente spiazzati, al punto da arrivare all’infelice impressione di essere all’interno di un espansione di Modern Warfare 2 e non in un nuovo gioco. Una considerazione che non è sembrata arrivare solo dagli addetti ai lavori, ma è giunta con la sua carica mediatica anche dalla nutrita community che, da sempre, sostiene il franchise (e che quest’anno ha giocato un ruolo determinante per lo sviluppo del comparto multigiocatore).
Le perplessità, purtroppo, non si arrestano solo a questa infelice considerazione. La dimensione artistica di Call of Duty: Modern Warfare 3 viene percepita come un inesorabile more of the same, con modelli poligonali la cui definizione ricalca le orme di Modern Warfare 2. Un’eccellenza che abbiamo già, giustamente, celebrato qualche anno fa e che diventa ora un mero dato di fatto. Analogo discorso sul fronte delle animazioni che interessano il ciclo funzionale delle armi dell’arsenale, sempre iper dettagliate e dedicate all’arma equipaggiata. Ma, come detto prima, già osannate.
Il trionfo della community in Call of Duty: Modern Warfare 3
I casi di scuola in cui la parola della community diventa legge non sono moltissimi, anche se, ad onor del vero, negli ultimi anni questa verità non sembra più essere considerata come tale. I seguaci di COD – più o meno “competitivi” – fanno piovere, ad ogni iterazione, valanghe di consigli e indicazioni, talvolta in maniera costruttiva ed altre che lasciano a desiderare nei modi (e nelle forme). Resta il fatto, però, che ognuno fa la sua parte, con la consapevolezza che, dall’altra parte della barricata, c’è sempre qualcuno che ascolta.
Ma cos’è che desiderava veramente la community da Call of Duty: Modern Warfare 3? Il secondo capitolo “remake” del titolo originale, aveva sancito un rallentamento generale della componente gameplay, puntando su approcci strategici e meno tendenti al rush. La scelta, evidentemente, non è stata accolta positivamente e il cambio di marcia dettato da questa nuova iterazione è stato molto evidente. Il campo di battaglia è divenuto un tripudio di animazioni da parkour e TTK (Time To Kill) molto bassi. Gli ingaggi diventano immediati e la disputa si risolve in pochissimo tempo.
Tra le altre significative novità troviamo l’introduzione dello slide cancel, ovvero la possibilità di interrompere l’animazione della scivolata in qualsiasi momento, pronti per essere proiettati verso l’azione. Una nuova impugnatura fa la sua apparizione sulla scena, che promette una maggiore velocità (a discapito di una curva di apprendimento non immediata). Questa prende il nome di Tac-Stance, e diventa utilissima con i fucili d’assalto nei combattimenti ravvicinati. Ci si deve solo fare un po’ la mano, ma una volta “digerita” torna parecchio utile.
Il sistema di progressione dell’arma di Call of Duty: Modern Warfare 2 si è rivelato tanto interessante quanto dannatamente complesso. Call of Duty: Modern Warfare 3 elimina ogni aspetto “superfluo”, incentrando lo sviluppo dell’arma su uno sblocco programmato per livelli e dei componenti che possono essere condivisi tra più modelli.
Restando in tema, anche quelli che prima erano i perk adesso hanno contribuito alla costruzione di un build system. I vari componenti – tra cui maschera, guanti, giubbotto antiproiettili, scarpe etc. – forniscono un vantaggio competitivo in fase di gameplay, che introduce una spiccata matrice ruolistica nel franchise. Che sia questo il nuovo corso di COD?
A ciascuno la sua modalità
Nell’anno del suo ventesimo anniversario, il terzo capitolo di Call of Duty, made in Sledgehammer Games si mostra nel suo formato classico, incastonato in quello che ormai è definibile come un HUB che include e includerà tutti i capitoli della saga. La modalità Campagna, le cui criticità sono state già meglio enunciate in precedenza, ci coinvolgerà in una caccia all’uomo. Il target sarà l’ultranazionalista Makarov, terrorista e spietato assassino. Una sfida che vedrà impiegati il Cpt. Price e quelli della Task Force 141 in un’inesorabile lotta contro il tempo.
Il passo falso della modalità Storia viene messo da parte se si rivolge l’attenzione alla componente competitiva di questa terza iterazione del remake, che si presenta con ben 16 mappe “classiche” tirata a lucido per l’occasione. L’operazione nostalgia, per chi ha speso tempo e sudore in quel lontano inverno del 2011, è perfettamente riuscita. Se a questo ci aggiungiamo, poi, tutte le nuove feature dedicate e richieste a gran voce dalla community, il risultato finale è stato più che eccellente.
La ciliegina sulla torta, da sempre il pezzo forte di tutte le uscite sul campo di SledgeHammer Games, ha dei toni molto macabri e prende il nome di Modern Warfare Zombies. Parliamo, ovviamente, della modalità Zombie con un’esperienza inedita proiettata in una dimensione open-world. L’idea di base è stata quella di calare il concetto cardine di DMZ (ovvero la completa libertà di movimento) in un contesto sub-urbano, “farcendo” il tutto con un’invasione di NPC zombie.