Silent Hill 2, la recensione su PS5

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Ricordi ed emozioni si mescolano in quello che sembra un ritorno pronto a strappare il premio videoludico più ambito della stagione. Silent Hill 2 è arrivato come un successo annunciato e si è dimostrato tale, forte di un remake che non snatura la ricetta originale. Alcuni asset si presentano, per forza di cose rinnovati, altri erano già validi al tempo e tali sono rimasti a distanza di oltre 20 anni. D’altronde i capolavori hanno la forza di resistere all’erosione del tempo.

Galeotto fu The Medium per i polacchi di Bloober Team, in grado di attirare le attenzioni  nientepopodimeno di Konami in persona. Il colosso giapponese ci ha visto lungo, affidando loro una responsabilità in grado di far tremare le gambe anche ai più navigati. Non azzeccare il tiro era “un attimo”, snaturare il gioco originale ancora di più. Eppure la scelta di individuare le cose “da toccare” e quelle “non” è servita a confezionare un remake che tratta con i guanti bianchi il titolo originale.

Non è un caso, infatti che sia Masahiro Ito e Akira Yamaoka siano stati (ri)chiamati in causa per supportare lo sviluppo di Silent Hill 2, prendendo quel testimone e passandolo nelle mani dei polacchi, senza lasciarli lì in mezzo alla nebbia. Un faro che è servito per eseguire al meglio quel processo di selezione di cui sopra e che rappresenta il fiore all’occhiello di questa nuova uscita sul campo della serie.

Lato artistico gli applausi si sprecano, con l’Unreal Engine 5 in grado da dare vita a degli scenari da incubo. Al resto ci pensa il potenziale della PlayStation 5, forte del suo Audio 3D e feedback aptico. Bene, vi lasciamo alla nostra recensione di Silent Hill 2 titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.

silent hill 2 recensione ps5

Bentornati all’inferno

Quando ci si ritrova faccia a faccia con un dramma, reggere il confronto non è assolutamente una passeggiata. Non parliamo solo di viverlo in prima persona, ma anche il solo assistere come spettatori – talvolta impotenti dinanzi a quelle verità che vanno accettate, senza soluzione di continuità – non ci esclude dal coinvolgimento emotivo, finendo nel bel mezzo del tornado delle disperazione. Li chiamavano in terza persona, è vero, ma è solo sulla carta. Konami e Bloober Team ripartono dal secondo capitolo di Silent Hill, raccontando nuovamente la storia di James Sunderland e della sua disperata ricerca della moglie Marie, scomparsa per via di una malattia incurabile.

E quello che si ripete continuamente l’ignaro protagonista mentre vaga per le strade nebbiose di South Vale – e gli svariati edifici che la compongono – con una verità che gli appare sempre più chiara di isolato in isolato, e con lo spettatore (noi, giusto per intenderci) impotente nel suo sgomento. La domanda a cui dobbiamo trovare una risposta è molto semplice sotto il profilo normo sintattico, ma dannatamente complicata se la si confronta con la realtà: Marie sei ancora viva?

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Passano gli anni e le generazioni, lato utenti e console, ma i capolavori restano e dimostrano sempre di essere tali. Non si tratta di autocelebrazioni, ma di costrutti progettuali che non sentono il peso del tempo, presentandosi incredibilmente attuali più ora che nel momento “boom” dei survival horror. Diamo a Cesare quel che è di Cesare: Bloober Team non stravolge molto circal la ricetta originale del gameplay, limitandosi ad esaltarne il potenziale inespresso.

Controlli più reattivi, resa grafica migliorata (a cui dedicheremo una vera e proprie ode nel sezione successiva), effetti sonori con uno spettro di frequenza più esteso, animazioni e movimenti più (sur)reali ed un’attenzione maniacale per i dettagli di contesto (aspetto a cui siamo stati già abituati dagli sviluppatori polacchi). La summa di tutti questi elementi ha dato vita a quello che entra di diritto tra i possibili candidati al GOTY 2024, con un remake in grado di ripetere un successo già celebrato…ma senza superare il Maestro.

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Le chiavi del successo (e alcune incertezze)

Bloober Team ci mette chiaramente il “suo” per rendere questo remake quanto più al passo con i tempi, ma non vuole rovinare il ricordo di quello che è stato. Parliamo di oltre 20 anni fa, ma parliamo anche di un gioco che ha venduto oltre un milione di copie nel corso del primo mese di lancio e da molti ritenuto uno dei titoli più iconici della ehi fu Playstation 2 (siamo tra quelli, sia ben chiaro).

Come prima cosa gli sviluppatori optano per una vista in terza persona con telecamera bloccata dietro le spalle, una scelta radicale se pensiamo alla visuale ibrida e oltremodo ballerina della capitolo storico. Tale scelta gli rende giustizia nelle aree aperte e un po’ meno in quelle chiuse, non fornendo una panoramica di insieme e lasciando troppi angoli morti inesplorati. Al contempo, il non avere una visuale periferica alimenta, in maniera del tutto esponenziale, il senso di claustrofobia e paura dell’ignoto (che va a scemare una volta rinvenuta la torcia elettrica). Come vedete, da una parte si perde e dall’altra si guadagna.

Un altro chiaro esempio di questo concetto appena espresso è rinvenibile nella dimensione artistica del gioco. Bloober Team, sempre per non snaturare l’essenza originale del gioco, coinvolge nella linea produttiva Masahiro Ito e Akira Yamaoka, impegnati rispettivamente nello sviluppo delle concept art delle locations/creature mostruose e la realizzazione delle colonne sonore. Gli artisti non si limitano solo a ridarre lustro alle lore opere “prime” ma interpretano il momento scegliendo degli stili più attuali.

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Il risultato ottenuto è pregevole sotto ogni punto di vista…o quasi. Quell’alone di melanconia che caratterizzava il secondo capitolo storico lascia il posto ad un costante sgomento e disorientamento che infetta il gameplay quasi come se fosse un virus. Smarrire “il da farsi” è all’ordine del giorno, con i nervi che viaggiano a fior di pelle. Succedeva anche 20 anni orsono?!

L’Unreal Engine 5 ha aiutato gli addetti ai lavori a dipingere delle location ancora più iconiche di come ce le ricordavamo. Stesso discorso vale per il design dei protagonisti ed antagonisti (Pyramid Head fa ancora più paura rispetto alla sua versione originale, con un primo incontro da brividi). Il vero successo di questo remake di Silent Hill 2 è da individuarsi, però, in un aspetto che è rimasto immutato rispetto al passato: la sua componente enigmistica.

Diabolici, frustranti e, al tempo stesso, appaganti. Si presentano così i vari rompicapo situati nelle diverse location del gioco, i veri nostri arci-nemici rispetto all’esperienza generale. Sbagliare strada e tornare nuovamente nello stesso punto è frustrante, sbattere la testa per trovare la soluzione dell’enigma è ancora peggio. Pyramid Head, in confronto, è uno zuccherino. Ma tutto questo è Silent Hill 2, o si ama o si odia, la mezza misura non esiste.

PANORAMICA DELLE RECENSIONI

Prime Impressioni
9.0
Contesto di gioco
8.5
Controlli/Gameplay
8.5
Dimensione Artistica
9.0
Intrattenimento
9.0

Sommario

Alcuni asset si presentano, per forza di cose rinnovati, altri erano già validi al tempo e tali sono rimasti a distanza di oltre 20 anni. D'altronde i capolavori hanno la forza di resistere all'erosione del tempo. Lato artistico gli applausi si sprecano, con l'Unreal Engine 5 in grado da dare vita a degli scenari da incubo. Al resto ci pensa il potenziale della PlayStation 5, forte del suo Audio 3D e feedback aptico.
Dino Cioce
39 anni, sposato e padre di due bellissimi bambini; anche se il tempo è poco e gli impegni sono tanti, trovo sempre un momento per dedicarmi al mio mantra e al mio credo. I AM A GAMERCRACY
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Alcuni asset si presentano, per forza di cose rinnovati, altri erano già validi al tempo e tali sono rimasti a distanza di oltre 20 anni. D'altronde i capolavori hanno la forza di resistere all'erosione del tempo. Lato artistico gli applausi si sprecano, con l'Unreal Engine 5 in grado da dare vita a degli scenari da incubo. Al resto ci pensa il potenziale della PlayStation 5, forte del suo Audio 3D e feedback aptico.Silent Hill 2, la recensione su PS5