Split Fiction, la recensione su PS5

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Guai a non dire che i videogiochi sono anche condivisione di esperienze, e Split Fiction ne è una dimostrazione lapalissiana. Josef Fares e il suo Hazelight Studios tornano sulla scena dopo i fasti di It Takes Two, riproponendo una filosofia che inizia a diventare un vero e proprio status quo nel mondo videoludico. Una nuova avventura da condividere assieme ad un’altro “noi” e che va giocata solo ed esclusivamente in questo modo (pena l’impossibilità di giocare).

Protagoniste di Split Fiction sono Mio e Zoe, due scrittrici che accettano di partecipare ad un folle esperimento, quello di diventare parti attive del loro immaginario creativo e consentire di drenare questo loro talento. Qualcosa va storto ed entrambe vengono catapultate nei loro racconti, costringendole a collaborare per ambire al ritorno a casa. La formula del gameplay non prevede un genere di riferimento, anche se i vari livelli sembrano attestarsi un action platform non troppo marcato. Ogni capitolo, infatti, declina un proprio contesto sia in termini di ambientazione che di meccaniche di gioco. Molto ispirato sul primo dei due aspetti, sul secondo qualche “riutilzzo” di troppo si avverte.

Senza indugiare oltre, vi lasciamo alla nostra recensione di Split Fiction, giocato nella sua versione per console PS5.

Split Fiction recensione PS5

Due anime, un solo destino

Mio e Zoe, due giovani scrittrici che hanno fatto della loro passione un lavoro. La prima stravede per la fantascienza, la seconda, invece, appassionata del genere dei fantasy, ma entrambe si prodigano anima a corpo per costruire i loro due mondi che, si presentano, diametralmente opposti.

Interpellate da una società di ricerca e sperimentazione in tecnologie futuristiche, decidono di partecipare ad un bizzarro esperimento, ovvero di entrare nei loro mondi come passando da narratori a protagonisti e drenare quelle che sono le loro idee creative. Mio non ci sta ma qualcosa va storto ed entra, con irruenza, nel mondo di Zoe. Inizia così un viaggio dove entrambe sono costrette a collaborare per proseguire, saltando tra le realtà narrative nella speranza di tornare, qunto prima, al punto di partenza.

Nel rapporto che intercorre tra le due – e nell’evoluzione di questo – si cela la chiave del successo di Split Fiction. È un continuo divenire, con quella burbera timidezza iniziale che si smussa di ora in ora sino a maturare una convinzione circa l’importanza di condividere un momento. Josef Fares e il suo Hazelight Studios ci ha fatto una filosofia di vita “videoludica” dietro a questo concetto, e in ogni esperienza si assiste ad una declinazione di questo credo. Un po’ più strategico in A Way Out, più bambinesca e platform in It Takes Two, ma sempre con quel filo conduttore di cui prima.

Split Fiction recensione PS5

La costruzione dei personaggi vede le due protagoniste, in prima battuta, diametralmente opposte, sia in ordine al loro temperamento che rispetto ai gusti e generi letterari. L’entrare nei rispettivi mondi fa sì che loro zone di comfort si azzerino, costringendole a scendere a compromessi e mettere da parte l’orgoglio e il pregiudizio.

Restare impassibili davanti ai messaggi subliminali disseminati in Split Fiction è quasi impossibile. Una strana cacofonia fra questi due termini atta a dimostrare come il tone of voice sia importante anche in un videogioco. Siamo qui sempre a dissezionare i videogiochi per dar loro un voto, che altro non è che una giusta media tra oggettivo e soggettivo, e siamo sempre pronti a giustificare, giustamente, le nostre affermazioni al fine di fornire sempre un “giusto” perché.

Fares, però, ci ricorda che, ogni tanto, anche il solo condividere un momento con qualcuno è importante, che sia un amico ma anche un perfetto sconosciuto. Ecco, sul primo aspetto Split Fiction ci crede fortemente, al punto da offrire il gioco gratuitamente attraverso il Pass Amici, un modo per consentire a chi non ha il gioco di utilizzare una sola copia in due per giocare (previa procedura da effettuare online). Sul secondo aspetto, invece, sembra che abbia inserito il freno a mano, non inserendo la possibilità di avviare un matchmaking con giocatori casuali.

Split Fiction recensione PS5

Punti di riferimento?! No, grazie

Di base, Split Fiction è un action-cooperativo dove la componente “avventurosa” rende il tutto emozionante e divertente, ma soprattutto colora di mistero ogni attività all’interno del gioco, proiettando il giocatore in un vortice che non concede alcun punto di riferimento sul da farsi e come farlo. Ogni livello inizia con un mega “Boh”, e solo attraverso la comunicazione e la collaborazione con il nostro “coppio” si giunge al superamento del livello. È un attimo finire di trovarsi all’interno di un’epica battaglia tra draghi, troll e cavalieri e poi finire, “de botto”, in una corsa futuristica ad alto contenuto adrenalinico.

Non si conoscono mai a priori le regole del gioco, intese come obiettivi da soddisfare, e la progressione viaggia di pari passo con l’avanzamento nei vari capitoli. Ognuno di essi, sotto il profilo delle meccaniche di gioco, vive con delle proprie regole e requisiti da soddisfare, veicolando l’esperienza di gioco su un binario di un continuo rinnovo sul fronte dell’interesse (demolendo, al tempo stesso, il sistema di “punti esperienza” classico).

Split Fiction recensione PS5

Anche il classico concetto di genere non trova riscontro in Split Fiction. I vari livelli sembrano mutuare gli aspetti più comuni di alcuni generi di successo, utilizzando elementi platform ed action che vanno per la maggiore, con un sano pizzico di strategia e rompicapo. Alla base c’è sempre e solo il concetto di collaborazione tra i giocatori, che avviene mediante una costante comunicazione e condivisione. Tradotto, giocare senza cuffia e microfono è impossibile (tranne se si gioca in locale con il classico “spalla a spalla”).

Avanzando nei livelli ci si accorge, però, di una poca varietà delle situazioni, alcune delle quali vengono riproposte cambiandone solo il vestito e qualche regoletta di base. Una contro tendenza, se paragonati ai precedenti titoli realizzati da Hazelight Studios, che viene amplificata anche dalla presenza di alcuni empasse presenti sul fronte narrativo.

Split Fiction recensione PS5

Welcome to my world

Alla base del successo di Split Fiction vi è una costante alternanza tra mondi fantasy ed action, con questo dualismo che veicola il mood generale del titolo concepito da Josef Fares e i suoi. I mondi sono fortemente caratterizzati sotto il profilo artistico e, tenendo sempre a mente che è proprio “l’ispirazione” il propellente che alimenta il divertimento, ogni livello viene percepito come un viaggio a sé, con la storia che funge da raccordo in questa costante e funzionale alternanza.

L’Unreal Engine 5 fa il bello e il cattivo tempo, dimostrando come gli engine di questa generazione – se declinati in una realtà contenuta – segnano un vero e proprio passi avanti in termini tecnologici. Effetti visivi che strappano il “tanto di cappello” quando si entra in un contesto fantascientifico, forti di una gestione dell’illuminazione magistrale. Il confronto con il mondo fantasy premia, invece, la cura delle ambientazioni e la caratterizzazione delle stesse, atta a sottolineare le importanti capacità creative di Hazelight Studios (anche se in It Takes Two emergeva meglio il concetto di originalità).

Sotto il profilo tecnico non ci sentiamo di segnalare grosse criticità. Il frame rate è sempre stabile al netto di una risoluzione generale che crea un giusto compromesso in termini di prestazioni. In parole povere, non abbiamo mai avvertito la necessita di volere “qualcosa in più”, quanto visto ci è bastato sia in termini di immersione che di  divertimento.

PANORAMICA DELLE RECENSIONI

Prime Impressioni
9.0
Contesto di gioco
9.0
Controlli/Gameplay
9.0
Dimensione Artistica
9.0
Intrattenimento
9.0

Sommario

Il marchio di fabbrica di Hazelight Studios si vede anche in questa occasione e la formula funziona. La speranza era quella di assistere ad una maggiore apertura sul fronte della condivisione, ma ancora una volta si sceglie la strada della fiducia (e non del matchmaking). Fronte artistico fortemente ispirato e gameplay che non da mai dei punti di riferimento a priori, anche se a posteriori qualche "l'ho già visto prima" arriverà. Josef Fares mette a segno un altro colpaccio.
Dino Cioce
39 anni, sposato e padre di due bellissimi bambini; anche se il tempo è poco e gli impegni sono tanti, trovo sempre un momento per dedicarmi al mio mantra e al mio credo. I AM A GAMERCRACY
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Il marchio di fabbrica di Hazelight Studios si vede anche in questa occasione e la formula funziona. La speranza era quella di assistere ad una maggiore apertura sul fronte della condivisione, ma ancora una volta si sceglie la strada della fiducia (e non del matchmaking). Fronte artistico fortemente ispirato e gameplay che non da mai dei punti di riferimento a priori, anche se a posteriori qualche "l'ho già visto prima" arriverà. Josef Fares mette a segno un altro colpaccio. Split Fiction, la recensione su PS5