Dark Souls 3 arriverà sui nostri PC e console soltanto nell’aprile del 2016, non sono però mancate le occasioni per provarlo in anteprima e farsi venire una dolorosa acquolina in bocca, giusto per rendere più difficile l’attesa. Ultima fra queste il test delle infrastrutture di rete, utili al gioco online, che From Software ha organizzato nel weekend del 16, 17 e 18 ottobre. Grazie a questa closed beta, riservata solo a un numero limitato di utenti, lo spirito del terzo capitolo di Dark Souls ha ovviamente tirato fuori unghie affilate e problemi di sempre, che proveremo a raccogliere in questo articolo.
La prima caratteristica che salta agli occhi, letteralmente, è l’incredibile somiglianza con il cugino più grande Bloodborne, nuova IP di From Software lanciata nel corso del 2015 solo su PlayStation 4. DKS 3 ne riprende infatti il motore grafico, con tutto ciò che ne consegue: estrema cura delle ambientazioni, elementi pulviscolari, incredibili dettagli delle armature, dei personaggi in generale, dei nemici e dei boss. Risulta addirittura migliorata la profondità del campo visivo, che ci permette di vedere edifici anche a chilometri di distanza rispetto alla posizione di osservazione.
Il già ottimo motion capture di Bloodborne è stato arricchito e reso più fluido, forte anche di alcune mosse e movenze riprese a piè pari dal cappello dei ricordi, ovvero l’originale Dark Souls ma anche il predecessore Demon’s Souls; dunque una miscela letale di tradizione e innovazione, questa volta riservata anche i non utenti Sony, che certamente colpirà a fondo il cuore degli appassionati più hardcore. Si ferma – al contrario – in uno strano limbo la questione nebbie, fuochi e fumi: questi elementi risultano infatti molto plasticosi, forzati, più densi rispetto a ciò che abbiamo visto in Bloodborne e dunque più finti, meno credibili, ma speriamo sia solo un difetto di programmazione non ancora ultimata. Fra gli aspetti obiettivamente negativi troviamo invece tre argomenti spinosi: il framerate, camera e la luce dinamica.
Il primo certamente sarà migliorato nel tempo, è praticamente ormai fantascienza sognare un gioco alla sua versione 1.0 con un framerate stabile e fluido all’estremo, soprattutto nei suoi momenti più concitati. Per avere una giocabilità più che accettabile solitamente bisogna aspettare dalle tre alle cinque patch, possiamo solo sperare di essere più fortunati questa volta, inoltre per consolarsi si può pensare che a The Witcher 3: Wild Hunt sia andata anche peggio: al decimo corposo update ancora c’è qualcosa che non va su console.
Meno speranze, per non dire nessuna, hanno la camera e la gestione delle luci: esattamente come in Bloodborne, la telecamera tende a incastrarsi e ad accecarci, talvolta costringendoci a una ingiusta morte, così come manca il dinamismo dell’illuminazione. Un dettaglio che farà storcere il naso a molti, soprattutto dopo la sua introduzione in Dark Souls 2 che alzava l’asticella della produzione tecnica. Allo stesso tempo è però anche vero che l’aspetto grafico non era e non è certo il punto di forza del secondo capitolo, più volte attaccato su questo fronte e a ragione, e sinceramente se la luce dinamica costringe a sacrificare tanti, troppi altri dettagli, forse è meglio accontentarsi di un ambiente costruito, già dipinto.
Accantonato l’aspetto visivo, in Dark Souls 3 sembra essere tornato il game design abbandonato nel 2 e rivisto invece in Bloodborne, dunque con mappe complesse, strade di secondo e terzo ordine, scorciatoie, livelli e piani, la speranza è che tutto il titolo sia costruito così e che non vada perdendosi strada facendo. La disposizione dei non morti è ancora una volta ragionata, incapperete in trappole, imboscate, ronde, in nemici capaci di arrabbiarsi particolarmente e sfruttare la modalità Berserk, in altri più strateghi e riflessivi. Tutti con movesets molto ricchi e incredibilmente vari, pronti a sorprendervi e a farvi mancare anche il colpo più preciso, così come la parata più sicura.
Avremo soddisfazione anche per quanto riguarda scudi, armi, consumabili, che come tradizione sembrano numerosi e di gran lunga superiori agli oggetti visti in Bloodborne (anche se in quest’ultimo caso bastava poco). Parlare di lore e ambientazioni è prematuro, se non impossibile visto che abbiamo giocato un solo “livello”, del resto molto simile al Borgo dei Non Morti del primo Dark Souls. La cosa più importante è il senso di felicità che resta quando ogni server si spegne, insieme alla voglia di continuare subito a tempo indeterminato. From Software sta svolgendo un lavoro eccelso, sta sviluppando un prodotto con meccaniche innovative eppure legate a doppio filo con la tradizione, con i titoli che hanno dato inizio alla saga e che per forza di cose possiedono elementi immortali.
C’è lo spirito di Demon’s Souls, la profondità di Dark Souls, lo scheletro di Bloodborne, un mix davvero micidiale che potrebbe generare il Souls migliore di sempre a 360 gradi. È ovviamente presto per poterlo dire, anche Dark Souls 2 partiva con ottime intenzioni per poi dimostrarsi carente, ma in quel caso mancava la mano autoriale, cosa che qui si nota immediatamente. Hidetaka Miyazaki controlla, supervisiona e dirige tutto portando avanti il suo obiettivo primario: omaggiare le origini, pur guardando al futuro. Ovviamente lodando sempre il sole.