Come primo progetto di una neonata software house, Kingdom Come: Deliverance è stato senza dubbio ambizioso. Rilasciato nel febbraio 2018, il gioco è stato ufficialmente annunciato nel 2012; due anni dopo, gli sviluppatori sono riusciti a superare il milione di dollari e i trentacinquemila sostenitori del progetto Kickstarter che avrebbe dato vita alla versione finale del titolo.
Critica e pubblico hanno rapidamente paragonato Kingdom Come Deliverance a “Skyrim senza la magia”: la definizione è sicuramente divertente e immediata, ma non del tutto corretta.
Sia per approccio al mondo di gioco che per feeling visivo dell’interfaccia, Kingdom Come Deliverance ricorda molto più Oblivion, il quarto The Elder Scrolls, titolo predecessore di Skyrim. Accantonato ogni minimo elemento fantasy o paranormale, questo GDR di stampo occidentale mira al raggiungimento della massima riproduzione storica degli eventi e del contesto di questi ultimi.
Ambientato nella Boemia medioevale del 1400, il protagonista Henry si ritrova improvvisamente solo al mondo a causa di un assalto di mercenari cumani alle dipendenze del pretendente al trono Sigismondo. Con Skalitz, suo paese natio, ormai in cenere, Henry scampa per un soffio alla morte e si imbarca in un viaggio che lo vedrà partecipe di numerose battaglie ed eventi realmente avvenuti, riprodotti in forma di videogioco con una cura più unica che rara.
Stessa attenzione certosina si ritrova nel vastissimo codex a disposizione del giocatore, in grado di spiegare nei dettagli ruoli e situazioni storiche e sociali del Basso Medioevo. Il mondo in cui il protagonista si trova, così come i personaggi con cui andrà a interagire, risultano incredibilmente convincenti tanto nell’aspetto quando nei comportamenti.
La scrittura di Kingdom Come: Deliverance
La scrittura di Kingdom Come: Deliverance è un notevole punto di forza del titolo: le cutscene sono numerose e molto ben animate (soprattutto se si considera l’inesperienza di Warhorse Studio) e la regia risulta migliore di tantissimi titoli tripla A moderni. A dispetto dei modelli e della grafica che non gridano al miracolo, il risultato finale non sfigurerebbe all’interno di un prodotto cinematografico o televisivo, grazie a reazioni umane sempre convincenti e alla presentazione di fatti e accadimenti mai inutilmente drammatizzati.
La natura “indie” di Kingdom Come: Deliverance si fa purtroppo avanti quando si discute dell’aspetto tecnico del gioco. Tanto su PC quanto su console, il titolo non gode di una particolare stabilità del framerate e nemmeno di una buona ottimizzazione. Le texture tendono a caricarsi lentamente e il pop-up di ambientazioni e abiti sui modelli scatena spesso situazioni ilari. Gli stessi NPC tendono a ripetersi un po’ troppo e questo è l’unico elemento che rischia realmente di rovinare l’immersività delle ambientazioni e di una mappa di gioco vasta e curata.
L’open world di Deliverance
Come ogni titolo open world, Kingdom Come: Deliverance non è esente da glitch e bug di varia natura, ma trattandosi di un prodotto realizzato da uno studio indipendente il numero di problemi riscontrabili durante la partita cresce in modo esponenziale. Oltre a semplici problemi con l’intelligenza artificiale, fin troppo spesso le missioni risultano impossibili da portare a termine a causa di eventi che non avanzano, NPC (o lo stesso protagonista) che finiscono incastrati in geodata errati o elementi con i quali non si riesce a interagire nonostante la quest lo richieda.
Tutto ciò si somma a una discutibilissima gestione dei save point, sia automatica che manuale: i checkpoint di missione sono rari e disposti in modo poco logico, mentre il giocatore che intende creare uno slot di salvataggio dovrà sfruttare un costoso (almeno per le prime ore di gioco) oggetto monouso, il cui consumo è istantaneo non richiede nemmeno conferme da parte del gioco e che può quindi finir sprecato a causa di un click involontario nella voce sbagliata del menu principale.
Va da sé che questi due elementi, ovvero la tendenza ai glitch e i salvataggi poco pratici, possono rivelarsi una spina nel fianco non da poco e rischiano di far perdere centinaia di minuti di gioco, per regalarne molti altri di rabbia e frustrazione. Per fortuna gli sviluppatori hanno chiara la situazione e le recenti e future patch di Kingdom Come: Deliverance puntano a risolvere molti dei problemi ad oggi presenti.
I combattimenti all’arma bianca ricordano quelli di For Honor e risultano persino più vari grazie alla presenza di numerosi tipi di equipaggiamento e armi. Proprio come il titolo Ubisoft, purtroppo, questo genere di scontro da il meglio di sé nell’1vs1, ma diventa caotico e poco gestibile in presenza di più avversari o, ancora peggio, nel caso di scontri a cavallo. La situazione peggiora notevolmente nel caso si giochi con mouse e tastiera.
Al contrario, lo scassinamento di Kingdom Come: Deliverance è semplice prassi per i giocatori PC e richiede un minimo di mano ferma solo nel caso di serrature avanzate, ma risulta quasi ingestibile con un controller: anche ai livelli più bassi, forzare una porta o un baule richiede parecchi tentativi e grimaldelli rotti, o la rara capacità di sincronizzare alla perfezione movimenti indipendenti, contemporanei e diversi delle due levette analogiche. Anche questa meccanica, per fortuna, sarà semplificata da Warhorse Studio nel corso dei futuri aggiornamenti, visto come impone un balzo della difficoltà non previsto per chi, per libera scelta, vuole intraprendere la via dell’illegalità con il proprio Henry.
L’HUD di gioco, proprio come in The Elder Scrolls e Oblivion, è minimale e non sempre immediato: questo causa difficoltà principalmente durante attività complesse come il borseggio, mentre ne rallenta altre, che sia una trattativa di compravendita o un semplice passaggio di menu in menu.
L’altra faccia della moneta è che le attività offerte da Kingdom Come: Deliverance sono numerosissime: oltre alle missioni della campagna principale, che terranno impegnati i giocatori per circa trenta ore, il gioco offre tante quest opzionali, tutte estremamente diverse e che quasi sempre presentano più maniere per essere portate a termine.
Gioco d’azzardo, caccia e corteggiamento sono giusto alcuni esempi di come Kingdom Come: Deliverance punti a ricreare una condizione di vita sociale credibile per quel periodo storico. Il comportamento degli NPC di ogni luogo varia in base alla reputazione di Henry, a sua volta influenzato sia dalle scelte compiute, quanto dal modo di presentarsi in pubblico, tra qualità e condizioni del vestiario e atteggiamenti nei confronti della popolazione.
Kingdom Come: Deliverance è un prodotto con senza dubbio con molti limiti e difetti, un lavoro che affianca elementi estremamente grezzi a dialoghi, inquadrature e riscostruzioni storiche gestite maniacalmente. È uno dei casi in cui il valore “amore” andrebbe inserito tra i fattori da tenere in considerazione in sede di giudizio: si tratta di un titolo assolutamente non per tutti e ben lontano dal feeling da classico gioco di ruolo con elementi fantastici, ma che se preso nel modo giusto riesce a trasmettere tutta la passione degli sviluppatori e la loro dedizione nel dar vita a delle ottime idee, non sempre con successo.