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PS4, numeri da record per la console Sony

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Sony Interactive Entertainment ha annunciato, in occasione del CES 2020, i dati delle vendite relative alla PS4: numeri da record assoluti. La console ha superato 106 milioni di unità vendute in tutto il mondo. Questo è quanto emerge dall’ultima stima effettuata da Sony. Nello scorso rapporto trimestrale, il numero di vendite di PlayStation 4 era pari a 102,8 milioni, superando i 102,49 milioni della PlayStation originale. Se la matematica non è un’opinione, significa che sono state vendute circa 3,5 milioni di unità tra il 30 settembre al 31 dicembre 2019.

I numeri di questo successo sono anche da attribuire al comparto virtuale. Sony, infatti, ha anche annunciato che il PlayStation VR ha raggiunto 5 milioni di unità vendute. Inoltre, PlayStation Network ha visto 103 milioni di utenti attivi nel dicembre 2019. Per quanto riguarda il numero di videogiochi venduti, sia dai rivenditori che nel PlayStation Store, questo ha toccato la quota di 1,15 miliardi al 31 dicembre 2019.

ps4 numeri record

Insomma, numeri da record per la PS4, anche in ottica next gen. Jim Ryan, il presidente e CEO di Sony Interactive Entertainment President, ha celebrato questo nuovo successo con un messaggio:

“Sono molto felice di vedere che molti fan di PlayStation apprezzano l’esperienza di intrattenimento senza precedenti di PS4. Questo è stato reso possibile anche grazie al supporto che abbiamo dai nostri partner e fan sin dal lancio della prima PlayStation avvenuto nel 1994, e vorrei ringraziare tutti. Abbiamo sempre fornito prodotti innovativi come PlayStation VR, che ha raggiunto il suo traguardo di 5 milioni di unità. C’è ancora molto di più rispetto all’esperienza di intrattenimento che l’ecosistema PlayStation fornirà a breve e che non vediamo l’ora di condividere con i nostri fan.”

Tra un paio di settimane avremo i numeri aggiornati rispetto all’ultimo rapporto trimestrale. La PlayStation 4, lanciata per la prima volta in Nord America e in Europa nel novembre 2013 e successivamente in Giappone nel febbraio 2014, entra ufficialmente nel suo ultimo anno di vita.

Dragon Ball Z: Kakarot, tutti i dettagli e le informazioni

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Dragon Ball Z: Kakarot è il nuovo action RPG di BANDAI NAMCO Entertainment Europe che narrerà le avventure di Son Goku e i suoi amici durante la saga Z. Il gioco arriverà sugli scaffali di tutti i negozi il 17 gennaio e sarà disponibile per PlayStation 4, Xbox One e PC. Il gioco includerà il doppiaggio in inglese e giapponese e sottotitoli in italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo, polacco e arabo.

Quest principali e secondarie

Sviluppato da CyberConnect2, questa nuova iterazione videoludica del manga di Akira Toriyama vi riporterà nella leggendaria saga di DRAGON BALL Z. Gli archi narrativi confermati sono quello introduttivo con il primo incontro tra Son Goku e Vegeta, la saga di Freezer, la saga di Cell (dall’arrivo degli Androidi sulla Terra fino ai Cell Game, incluse tutte le spettacolari battaglie di contesto) e quella di Maijin Buu.

Il gameplay si alternerà tra momenti con un alto contenuto di azione e combattimento e altri un po’ più esplorativi con il completamento di quest secondarie. Viaggiando attraverso il mondo, affronterete nemici che forniranno punti esperienza, utili per salire di livello.

Ricordatevi anche delle sette Sfere del Drago, sparpagliate in diverse aree del gioco. Localizzandole e collezionandole potrete evocare il potente Shenron per far rivivere i nemici sconfitti in precedenza. Questa opzione vi permetterà di vivere situazioni inedite mai apparse nella saga originale di Dragon Ball Z (come la vedete una battaglia Goku Super Saiyan 3 vs Freezer)

I personaggi

Tra i personaggi giocabili troveremo anche Gohan, Vegeta e Piccolo con cui sfoggiare le loro tecniche, stili di combattimento e punti di forza. Vi sono anche personaggi secondari come Crilin, Yamcha, Tenshinhan e Jiaozi che saranno disponibili come supporto e useranno le loro mosse migliori per aiutarvi nei momenti cruciali e di difficoltà.

I campi di allenamento

Come insegna il buon Son Goku, dovrete allenarvi continuamente seguendo il tradizionale metodo Saiyan: cibo ed epiche battaglie. Le pietanze culinarie che preparerete vi concederanno dei bonus permanenti alle statistiche base del personaggio. Gli allenamenti si svolgeranno nei campi di allenamento, dislocati in vari punti del mondo di Dragon Ball Z: Kakarot

Qui potrete combattere contro i Guerrieri Z, con i nemici già affrontati in passato o anche contro voi stessi. Al termine di ogni allenamento, guadagnerete dei nuovi Super Attacchi o potenzierete quelli esistenti (come ad esempio la Super Kamehameha).

dragon ball

La bacheca comunità

 

 

Fast & Furious Crossroads, a maggio su PC e console

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Tornano le avventure di Dominque Toretto e C. ma questa volta in un videogioco che si intitola Fast & Furious Crossroads. Presentato agli ultimi Game Awards 2019, l’uscita del gioco, prevista su PC e su console Xbox One e Playstation 4, è programmata per il mese di maggio 2020.

Il periodo scelto non è casuale. A maggio si tornerà nei cinema per il nono capitolo della saga di Fast and Furious.

https://youtu.be/sKfTkNMYq90

Il videogioco è prodotto dal colosso Bandai Namco Entertainment Europe e sviluppato da Universal Games and Digital Platforms e Slightly Mad Studios.

Jim Molinets, SVP of Production di Universal Games and Digital Platforms, ha dichiarato:

Fast & Furious è uno dei franchise più amati di tutti i tempi e continua a innovarsi in modo straordinario. Fast & Furious Crossroads è un’autentica esperienza fedele alla serie e agli elementi che i fan amano: un cast stellare, storia adrenalinica, tanta azione, profondi legami e, naturalmente, auto veloci. 

fast furious crossroads Per quello che abbiamo potuto carpire dal trailer Fast & Furious Crossroads, mostrato durante i Game Awards 2019, non sarà il classico gioco alla Need for Speeds. La componente di azione ci sarà e anche molto presente. Nel video si mostrano alcuni personaggi famosi come l’intramontabile Dom e la sua amata Lettie. Purtroppo, anche se lo speravamo, non si intravede Brian O’Connor ma la sua presenza dovrebbe essere confermata. Un bel tributo per Paul Walker, l’attore scomparso nel 2013.

Katrin Darolle, Director of publishing di Bandai Namco Entertainment Europe ha invece speso parole di lusinghe per il franchise:

Siamo entusiasti di essere parte di questo enorme franchise e di dare ai fan di Fast & Furious l’opportunità di provare in prima persona l’azione, le macchine e i gadget che conoscono e amano. Siamo impegnati nel creare e sviluppare videogiochi emozionanti e Fast & Furious Crossroads si unisce alla line-up creata da Bandai Namco per i fan in tutto il mondo.

fast furious crossroads

Non solo azione. Gli storici personaggi della serie daranno vita a una nuova iterazione della saga, tutta videoludica. Sarà presente una modalità storia con una marcata componente narrativa in stile cinematografico. Non mancheranno le scene d’azione mozzafiato tipiche del franchise e le chilometrice derapate, il tutto alimentato da una buona quantità di protossido di azoto, per gli amici NOS.

Final Fantasy VII Remake: il trailer dai The Game Awards 2019

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Durante i The Game Awards di ieri sera, Square Enix Ltd. ha mostrato il suo ultimo trailer per l’attesissimo Final Fantasy VII Remake con il celebre eroe del gioco, Cloud Strife. Il trailer riassume la storia di Cloud, il suo legame con il gruppo di resistenza Avalanche e i loro sforzi per salvare il pianeta dall’enigmatica Shinra.

Final Fantasy VII Remake, che arriverà su PlayStation 4 il 3 marzo 2020, è una spettacolare reinterpretazione contemporanea di uno dei giochi di ruolo più rivoluzionari della storia che esplora ancora di più il suo mondo e i suoi personaggi. Il primo titolo di questo progetto è ambientato nella città eclettica di Midgar ed è un’esperienza completamente a sé stante che rappresenta un ottimo punto di partenza per la serie. Oltre ai suoi personaggi indimenticabili e alla trama appassionante, Final Fantasy VII Remake include un sistema di battaglia ibrido che unisce azione in tempo reale con combattimenti strategici basati sui comandi.

Final Fantasy VII Remake sarà disponibile su PlayStation 4 dal 3 marzo 2020 con voci in inglese, giapponese, francese e tedesco e sottotitoli in inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo e portoghese brasiliano. Per maggiori informazioni, visita:

Star Wars Jedi: Fallen Order, la recensione per PS4

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Ed eccoci arrivati alla recensione di Star Wars Jedi: Fallen Order, titolo provato su console PS4. Electronic Arts e Respawn Entertainment sfornano un videogioco molto divertente ma che attinge da territori già esplorati. In questo nuova iterazione della saga videoludica dedicata a Guerre Stellari, troviamo l’esaltazione delle sequenze cinematiche della serie Uncharted, le acrobazione di Prince of Persia e uno stile di combattimento di matrice Soul’s like. Attingere non significa copiare ma ispirarsi, coglierne la bellezza e calarla in un contesto di gioco fortemente collegato al cinema.

Il risultato finale è un buon prodotto, che sa divertire e intrattenere ma non stupire. L’intelligenza di Star Wars Jedi: Fallen Order è quella di aprirsi anche a un pubblico che non è avvezzo alle avventure di Obi Wan Kenobi & C. È sicuramente collegato al continuum cinematografico della saga e vi sono moltissimi riferimenti ai vari film della saga ma il tutto è sempre spiegato molto bene. Questo è sicuramene un grande punto a favore per questo titolo. Per il resto non vogliamo dilungarci e annoiarvi oltre. Noi amiamo sempre le premesse ma questa volta non vediamo l’ora di roccantarvi la nostra esperienza di gioco. Vi lasciamo quindi alla recensione di Star Wars Jedi: Fallen Order titolo, vi ricordiamo, testato su console PS4.

Cosa succede dopo l’Ordine 66?

In questa prima parte della nostra recensione per PS4 di Star Wars Jedi: Fallen Order, introduciamo il contesto storico degli eventi di gioco. Ormai l’ordine dei Cavalieri Jedi è caduto. Per anni hanno difeso la giustizia e la pace ma alla fine l’oscurità ha vinto.

Per oltre mille generazioni, i Cavalieri Jedi sono stati i guardiani di pace e giustizia nella Vecchia Repubblica. Prima dell’oscurantismo. Prima dell’Impero.” – Obi-Wan Kenobi

Ma da dove parte l’inizio della fine? Durante le guerre dei cloni, due valorosi cavalieri Jedi, i famosi Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker, guidarono intere legioni di cloni soldato. La galassia era inesorabilmente divisa da una furiosa guerra interstellare. La situazione era critica e il grande Grande Esercito della Repubblica era a corto di Comandanti. I padawan, apprendisti Jedi in fase di addestramento, furono reclutati messi a capo di eserciti, rispondendo agli ordini dei Cavalieri e dei Maestri. Andando contro ogni credo dei Jedi, i metodi pacifisti diventarono un lontano ricordo di un tempo passato. La guerra stava cambiando tutto, e tutti.

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In questo clima di tensione, sul campo di battaglia e nei salotti stellari dei politici, Darth Sidious, un malvagio Signore dei Sith, salì al potere. Assumendo le vesti di Sheev Palpatine, diventò Cancelliere della Repubblica. Grazie alle sue abili e perfide doti di manipolatore, riuscì a muovere gli schieramenti in guerra a proprio piacimento, pilotando gli eventi seguendo un piano ben congegnato. Darth Sidious era pronto per dominare l’intera galassia.

“Un giovane Jedi di nome Darth Vader, che era stato mio allievo finché non si volse al male, aiutò l’Impero a dare la caccia ai Cavalieri Jedi e a distruggerli.” – Obi-Wan Kenobi

Mace Windu, con l’ausilio di un piccolo gruppo di Cavalieri Jedi, riuscì a scoprirre i malvagi piani del Cancelliere. Nel tentativo di contrastarlo e sconfiggerlo una volta per tutte, iniziò un combattimento senza esclusioni di colpi. Purtroppo il suo tentativo fu vano e Darth Sidius, grazie all’aiuto di Anakin Skywalker, lo sconfisse. Il giovane Skywalker si incamminava verso il suo percorso nell’oscurità, un cammino che lo avrebbe trasformato in Darth Vader.

Onde evitare episodi analoghi, il malvagio Cancelliere della Repubblica emanò l’Ordine 66. Questo altri non era che un protocollo segreto, immagazzinato nei chip della corteccia neurale dei cloni soldato, che aveva il preciso scopo di eliminare tutti i Jedi. Una volta impartito l’Ordine 66, i cloni soldato cominciarono a sterminare tutti i Jedi presenti sulla galassia. Il nascente Darth Vader, responsabile dell’esecuzione di tale ordine, marciò all’interno del tempio dei Jedi, eliminandone tutti gli occupanti.

Il senato era nelle mani dei Sith. Darth Sidius aveva ormai la strada spianata e diventò così Imperatore del Primo Impero Galattico. Ma la speranza viaggia nell’universo e gli ultimi cavalieri Jedi, si nascosero nei vari pianeti dell’universo. Ed è cosi che inizia la nostra storia, la storia del giovane Padawan Cal Kestis.

Nathan Drake? Il principe Dastan? No, sono solo Cal Kestis

Proseguiamo con la nostra recensione per PS4 di Star Wars Jedi: Fallen Order, dando uno sguardo al gameplay. Lo abbiamo già anticipato nella nostra premessa e adesso vi spieghiamo le motivazioni alla base delle nostre parole. Il gameplay di Star Wars Jedi: Fallen Order può essere suddiviso in 3 fasi principali: azioni cinematiche, esplorazione e combattimento.

Per capire questi 3 aspetti principali vi bastano i primi dieci minuti di gioco. Spettacolari, sia a livello di immersione che di divertimento. Il tutorial di gioco avviene sul campo e mentre gli eventi accadono voi cominciate a entrare in contatto con la forza…del gameplay. Rapidi avvenimenti scanditi da sequenze cinematiche e folli acrobazie, intervallati da qualche combattimento, vi introducono il menù di questo di nuovo titolo.

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Le sequenze cinematiche sono ben realizzate. La scena del treno interstellare ricorda moltissimo quella di Uncharted 2: Il covo dei ladri, solo che invece di rischiare di cadere in un precipizio correte il rischio di essere inceneriti per colpa dei soldati imperiali. I paragoni con l’IP di Naughty Dog sono tanti. Oltre che nello stile delle sequenze cinematiche anche i movimenti di Cal Kestis ricordano molto quelli di Nathan Drake.

Cal si arrampica, oscilla su una corda, resta sospeso su una ringhiera proprio come il famoso ladro archeologo. Nonostante queste somiglianze il livello di immersività è buono e a volte sembra di essere dentro uno dei film di George Lucas.

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Ovviamente oltre a essere (quasi) spettatori dovrete anche guadagnarvi la pagnotta. Più che guadagnarvi, verrebbe quasi da dire cercarvela. Questo termine non è casuale. La componente esplorativa è forse quella che maggiormente caratterizza il gameplay di Star Wars Jedi: Fallen Order. L’architettura principale del gioco si basa sull’esplorazione di pianeti finalizzata alla ricerca di informazioni sui Cavalieri Jedi ancora in vita. Attenzione però, non è un’open-world, anche se lo può sembrare.

Colpa e merito di una realizzazione grafica eccezionale. Respawn Entertainment riesce a tirare fuori tutta la potenza dell’Unreal Engine. Il livello di profondità di visuale e la cura dei dettagli grafici sono, senza alcuna ombra di dubbio, tra i migliori di questa generazione di console. I fondali si incastrano perfettamente con lo stage di gioco creando l’illusione di un mondo open world.

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La mappa giocabile è ampia. Nascosti, vi sono un’infinita di strade e scorciatoie percorribili, anche se alla fine è facile incappare nei cosiddetti “muri invisibili”, creati dai precipizi e crepacci che delimitano l’area di gioco. Per non perdervi (anche se è veramente difficile incorrere in questa problematica) corre in vostro ausilio BD-1. Il simpatico robot, oltre che indicarvi i punti di interesse, fornisce al giovane Padawan una mappa dell’area in 3 dimensioni.

Questa, oltre a indicarvi la strada da seguire, vi fa capire in anticipo quali saranno le aree esplorabili e quali invece sono off-limits. Attenzione però niente rimane immutabile. I pianeti sono ri-esplorabili per cui, una volta raggiunto un livello di abilità adeguato, potrete ritornare su un pianeta e aprire una strada o un passaggio precluso in precedenza. Trovata geniale che vi stimolerà a progredire nel gioco e a fare crescere il giovane Cal.

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Abbiamo parlato delle sequenze di azione, di quelle esplorative e adesso è il turno di analizzare quelle di combattimento. Lo schema di comandi eredita un’impostazione del genere soul’s like. Il quadrato serve da attacco base e il triangolo funziona da colpo potente, disgiunti tra loro senza possibilità di concatenare combo. Sinceramente, abituati alla spettacolarità dei movimenti dei cavalieri Jedi, avremmo preferito un approccio più arcade. Ovviamente questa è solo una nostra personalissima considerazione.

Oltre ad attaccare dovrete, anche, sapervi difendere. La difesa in Star Wars Jedi: Fallen Order, altra trovata geniale degli sviluppatori, non è solo passiva ed è soggetta a esaurimento. Quando i soldati imperiali vi spareranno, premendo L1 con un giusto tempismo, sarete in grado di rispedire il colpo al mittente. Il tempismo funziona anche con gli attacchi corpo a corpo, fornendo un vantaggio nel successivo vostro contrattacco.

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La logica di grinding presente in Star Wars Jedi: Fallen Order è simile a quelle viste in precedenza con altre tipologie di giochi. La presenza della classica “ruota delle abilità”, implementata con punti abilità guadagnati sul campo, non rappresenta nulla di nuovo sul mercato. Con il progredire della storia, quasi automaticamente, guadagnerete dei punti da spendere nello sviluppo del vostro personaggio.

Cal Kestis diventerà più abile nel combattimento, più agile nei movimenti e svilupperà la forza, sia nel senso stretto del termine che in quello prettamente “starwarsiano”.

Cal Kestis come Luke Skywalker?

Concludiamo la nostra recensione per PS4 di Star Wars Jedi: Fallen Order con una nostra breve considerazione personale, paragonando i videogiochi e film di Star Wars. Come vi abbiamo anticipato nella parte dedicata al contesto storico degli avvenimenti di gioco, questo nuovo videogioco di Electronic Arts e Respawn Entertainment si piazza in un preciso continuum storico rispetto agli eventi narrati nella famosa saga cinematografica di Star Wars.

In particolare, le avventure di Cal Kestis si collocano dopo gli eventi narrati in Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith. Dopo l’emanazione dell’Ordine 66, tutti i Jedi rimasti si sono rifugiati dove potevano. Le avventure di Luke Skywaker, narrate in Guerre Stellari, l’episodio IV nella cronologia cinematografica, raccontano la prosecuzione degli eventi narrati dopo l’avvento dell’impero. La stessa cosa la fa anche Star Wars Jedi: Fallen Order creando un qualcosa di estremamente innovativo in campo videoludico.

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Un videogioco che racconta la prosecuzione degli eventi cinematografici e non solamente liberamente ispirato. Non si tratta di avere la licenza ufficiale “Star Wars” ma è qualcosa di più complesso e ambizioso. Quest’anno, ha provato nello stesso intento anche Terminator: Resistance, ma il risultato finale non è stato dei migliori. Le intenzioni erano buone ma la resa finale non è stata il massimo.

Electronic Arts e Respawn Entertainment riescono, invece, a raccontare una storia nuova, figlia del continuum temporale degli eventi cinematografici, quasi come se fosse un nuovo film, introducendo un nuovo personaggio. Cal Kestis come Luke Skywalker? Non vogliamo osare tanto, ma il paragone diverte e intriga allo stesso tempo.

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Vi vogliamo solo far notare una cosa. Il titolo di questo videogioco è Star Wars Jedi: Fallen Order se fate attenzione Fallen Order altro non è che un episodio di una nuova saga videoludica denominata Star Wars Jedi. Che sia l’inizio di una nuova serie di videogiochi dedicata alla serie di Guerre Stellari?

Probabile, ma nel mentre fantastichiamo su un probabile e ipotetico incontro tra il giovane Cal Kestis e il famoso Luke Skywalker. Magari non è cosi, poi, molto lontano.

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Cala il sipario sulla nostra recensione per PS4 di Star Wars Jedi: Fallen Order. È un titolo che ci sentiamo di consigliare a tutti, fan e non della saga. Le sequenze d’azione non mancano e sanno divertire. La storia raccontata non è banale anzi fornisce anche degli spunti interessantii circa l’universo di Star Wars. Sicuramente non è qualcosa di innovativo e originale. Le contaminazioni e le ispirazioni sono tante. Nonostante questo però non si scade nel scopiazzamento e il tutto è reinterpretato con intelligenza. Che la forza sia con voi.

PlayStation: tante promozioni targate in occasione del Black Friday

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Oggi PlayStation annuncia gli sconti in arrivo nel nostro Paese in occasione del Black Friday e del Cyber Monday. Grazie a queste promozioni, sia i giocatori più navigati alla ricerca di una nuova esclusiva che i neofiti desiderosi di entrare a far parte della famiglia PlayStation, troveranno pane per i loro denti.

Gli sconti includono, lato hardware e periferiche:

PlayStation 4 Pro

  • PS4 Pro: 299,99€ anziché 409,99€
  • Bundle PS4 Pro: a partire da 329,99€ anziché 439,99€

PlayStation 4

  • PS4 500GB: a 199,99€ anziché 299,99€
  • Configurazioni PS4 1TB: a partire da 249,99€ anziché 359,99€

PlayStation VR

  • PS VR Starter Pack (PS VR Headset + PS Camera + VR Worlds): 199,99€ anziché 299,99€
  • PS VR Mega Pack (PS VR Headset + PS Camera + Astro Bot + Skyrim VR + Resident Evil 7 Biohazard + Everybody’s golf VR + VR Worlds): 229,99€ anziché 329,99€

Dualschock 4

Tutti i DS4 a 39,99€ anziché 69,99€ (o 74,99€ per le Limited Edition)

Headset

  • Gold Wireless Headset: 59,99€ anziché 99,99€
  • Platinum Wireless Headset: 109,99€ anziché 179,99€

Anche sui software tante occasioni imperdibili. Ecco qualche esempio:

Esclusive PlayStation 4

  • Days Gone: 39,99€ anziché 74,99€
  • Marvel’s Spider-Man: 19,99€ anziché 40,99€
  • Detroit: Become Human: 14,99€ anziché 40,99€
  • Concrete Genie: 19,99€ anziché 30,99€

Giochi PlayStation Hits

  • God of War: 14,99€ anziché 20,99€
  • Horizon: Zero Dawn Complete Edition: 14,99€ anziché 20,99€
  • Gran Turismo Sport: 14,99€ anziché 20,99€

Giochi PlayStation VR

  • Blood &Truth: 19,99€ anziché 40,99€
  • Astrobot: Rescue Mission: 14,99€ anziché 40,99€

PlayStation Store*

  • GTA V Premium Online Edition: 9,99€ anziché 34,99€
  • FIFA 20: 44,99€ anziché 69,99€
  • Borderlands 3: 39,99€ anziché 69,99€
  • Marvel’s Spider-Man: 19,99€ anziché 39,99€
  • NBA2K20: 34,99€ anziché 69,99€

PlayStation Plus 

L’abbonamento annuale al PS Plus godrà di uno sconto pari al 25% ed è quindi sottoscrivibile al prezzo di 44,99€ anziché 59,99€.

Per maggiori informazioni inerenti le offerte del Black Friday e del Cyber Mond

Terminator Resistance, la recensione per PS4

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La recensione di oggi vi parlera di Terminator Resistance, gioco testato su console PS4. Teyon e Reef Entertainment riportano in auge una tra le le saghe cinematografiche più famose di sempre, collegandosi direttamente al termine degli eventi narrati nei film del regista James Cameron.

Sembrerebbe che il videogioco altri non era che il cavallo per la promozione del nuovo film Terminator – Destino Oscuro. Quello che, invece, sembra a noi è un titolo dalle belle premesse iniziali, rimaste purtroppo tali. La critica internazionale non è stata clemente con il gioco e purtroppo noi non ci sentiamo da meno.

Terminator Resistance recensione ps4

Il motore grafico del gioco, l’Unreal Engine, è stato sfruttato al minimo del suo reale potenziale. Il gameplay non porta nulla di nuovo e a tratti scade nel ripetitivo. L’aderenza rispetto ai temi trattati nelle trasposizioni cinematografiche e il clima apocalittico del post giorno del giudizio ci sono. Effettivamente si respira un’aria di annientamento generale. Sulla carta le tematiche trattate erano molto appetibili ma Teyon e Reef Entertainment perdono una grande occasione.

Terminata la nostra consueta premessa, tuffiamoci nella recensione di Terminator Resistance, gioco, vi ricordiamo, testato su console PS4.

I fatti dopo il 29 agosto 1997

Cominciamo la nostra recensione per PS4 di Terminator Resistance descrivendo il contesto narrativo degli eventi di gioco. Se vi ricordate, Sarah Connor lo aveva predetto nel film Terminator 2 – Il giorno del giudizio. In quel manicomio, dove lei era rinchiusa, indicava la data esatta della fine del mondo e l’ascesa di Skynet: 29 agosto 1997.

E alla fine accadde veramente. In quel preciso giorno l’intelligenza artificiale del supersistema informatico identificato con il nome di Skynet prese il controllo della situazione. Avendo nel suo database tutti i codici di lancio dell’arsenale nucleare americano, cominciò a bombardare tutte le più grandi città americane. Inizia cosi il giorno del giudizio. Inizia così una nuova era governata dalle macchine.

Terminator Resistance recensione ps4

Terminator Resistance è ambientato 30 anni dopo l’evento catastrofico. Le città sono solo l’ombra dello splendore di un tempo. Sono rimasti solo gli scheletri di quegli imponenti grattacieli che dominavano le metropoli. Ovunque vi sono strade distrutte e ponti crollati. Insomma un ottimo contesto post-apocalisse.

Vestirete i panni di Jacob Rivers, ultimo membro della resistenza. Appreso lo sterminio dei suoi ex compagni, inizierete la vostra prima missione a Pasadena, dove ritroverete il buon vecchio T-800. Destinati a morte certa verrete salvati da un misterioso personaggio che sarà la vostra voce guida nella prima parte del gioco. Non ci vuole molto a capire che questi sarà un personaggio chiave nel proseguo del gioco.

Terminator Resistance recensione ps4

Terminata questa iniziale fase di ambientamento con le dinamiche base del gioco incontrerete altri nuovi personaggi, funzionali allo svolgimento delle prime fasi della storia. Il vostro compito finale resta comunque quello di unirivi alla divisione sud del pacifico, ma nel mentre dovrete svolgere missioni primarie e secondarie.

Vi è una logica relazionale di base tra voi e gli altri NPC, alimentata da dialoghi e interazioni che sfociano in algoritmi decisionali parzialmente sviluppati. A seconda delle vostre domande e risposte svilupperete una sorta di feeling con i vari personaggi, funzionali all’evoluzione della trama di gioco. Vi renderete conto sin da subito che i dialoghi sono abbastanza scriptati per cui, alla fine della fiera, si arriva sempre allo stesso punto.

Terminator Resistance recensione ps4

Interessante è il personaggio di Jessica Baron, il comandante della divisione sud del pacifico. Lei ricorda moltissimo la grintosa ed energica Sarah Connor. Apprezzati i riferimenti ai personaggi collegati alle trasposizioni cinematografiche come, ad esempio, la presenza di John Connor. Apprezzate anche le riproposizioni di alcune sequenze, opportunamente rivisitate, apparse nel film Terminator 2 – Il giorno del giudizio.

Un gameplay claudicante, una grafica azzoppante

Proseguiamo con la nostra recensione per PS4 di Terminator Resistance analizzando gli aspetti tecnici del gameplay. Seppur la storia regge l’intera infrastruttura di gioco, il vero anello debole è rappresentato dal gameplay. Terminator Resistance si propone come un FPS calato in un contesto open world. Ci vorrebbe un bel buzz. Purtroppo qui della parola open world vi è solo una lontana ombra.

È più corretto parlare di sandbox “ristretta”, con evidenti e tangibili muri invisibili che obbligano il percorso da seguire. Le azioni che si possono eseguire non sono moltissime. Anche se possiamo saltare, non possiamo scavalcare mura e recinzioni, per cui siamo obbligati a compiere delle inutili circumnavigazioni che penalizzano fortemente il gameplay e alimentano la noia.

Terminator Resistance recensione ps4

Non si riesce a capire se Terminator Resistance è un action o uno stealth FPS. Potenzialmente è entrambi, ma è difficile capire a priori quando affrontare una situazione con la forza bruta o con l’intelligenza tattica. Paradossalmente si puà arrivare alla fine del gioco in stealth affrontando solo situazioni inevitabili tipo faccia a faccia con il T-800 di turno.

Il sistema di puntamento delle armi è ben congeniato con il reticolo di mira che quasi automaticamente punta al nemico. Ovviamente vi è sempre un punto debole da individuare che viene indicato con l’indicatore visivo “Critico”. Vi renderete conto che, una volta ottenuto il fucile al plasma le vostre missioni seguiranno tutte una strada in discesa. Vi dovrete solo preoccupare del munizionamento.

Terminator Resistance recensione ps4

Sebbene la meccanica del gameplay faccia barcollare il buon Terminator Resistance, la grafica la azzoppa definitivamente. Dispiace perché le potenzialità dell’Unreal Engine sono notevoli. Non dimentichiamoci che successi come l’intera serie di Batman Arkham, Borderlands 3, Days gone e Fortnite si sono basati su questo motore grafico, ottenendo dei risultati notevoli.

Purtroppo non possiamo che lamentarci del lavoro svolto da Teyon e Reef Entertainment. Un character e level design approssimativo, texture poco curate, personaggi poco espressivi, importanti cali di frame e frequenti bug con annessi blue screen lasciano poco spazio alle scuse. Troppa approssimazione per un titolo da quarta generazione di console.

La logica di grinding salva la situazione

Concludiamo la nostra recensione per PS4 di Terminator Resistance affrontando le tematiche relative alle logiche di grinding. Il nuovo titolo di Teyon e Reef Entertainment presenta anche dei riferimenti a logiche RPG relative alla crescita e al livellamento del personaggio.

Le abilità del soldato Jacob Rivers miglioreranno con l’avanzamento nella storia del gioco. Missione dopo missione il vostro livello aumenterà progressivamente, rilasciando dei punti di abilità da spendere. Essi serviranno a potenziare le 3 aree che caratterizzano la capacità del vostro personaggio: combattimento, scienza e sopravvivenza.

Terminator Resistance recensione ps4

L’incremento delle vostre capacità vi permetterà di sbloccare diversi aspetti del gioco. Ad esempio se sbloccherete arma di LV 2 potrete utilizzare i fucili al plasma, molto utili contro i cyborg di alto livello come il famoso T-800. Con hacking, invece, sarete in grado di manomettere i software delle Torrette e trasformarle in vostre alleati. Il tutto dopo aver risolto un simpatico minigame stile arcanoid.

Terminator Resistance recensione ps4

In Terminator Resistance è stato anche incluso anche il looting system. Ogni qualvolta terminiate un cyborg, questi rilascerà un bottino, in cui troverete componenti per il crafting, per lo scambio e chip di potenziamento. Soffermandosi su questi ultimi, essi potranno essere utilizzati per potenziare le armi al plasma incrementando il rateo, la stabilità, le munizioni e il danno.

Terminator Resistance recensione ps4

Siamo arrivati ai saluti con la nostra recensione per PS4 di Terminator Resistance. Delusi e un po’amareggiati. Questi sono le due sensazioni che emergono al termine della nostra esperienza. Le premesse erano senz’altro buone ma la resa finale non è stata delle migliori. Dispiace perchè il materiale di partenza, soprattutto a livello di storia era molto appetitoso ma purtroppo ci siamo seduti, abbiamo mangiato e, quando ci siamo alzati, avevamo ancora fame. Triste.

Death Stranding: la recensione per PS4

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La recensione per PS4 di oggi fotografa il momento più atteso dell’anno, e forse anche della quarta generazione di Playstation, e si chiama Death Stranding. Hideo Kojima compie il suo primo grande passo nella storia dei videogiochi contemporanei. In realtà la fa nuovamente ma questa volta con il nome di Kojima Productions. Le mura di casa Konami, oramai, cominciavano ad essere troppo piccole per l’importanza che il Game Director nipponico ha conquistato in tutti questi anni di successi. Lui è il papà di Metal Gear Solid e di Solid Snake, non dimentichiamocelo. Icone indiscusse di tutte le generazioni delle console Sony. Miti per i gamer attempati. Fantasmi per la nuova generazione di gamer.

Death Stranding si rivolge principalmente alle nuove leve di videogiocatori, troppo impegnati in realtà dominate dalla parola gameplay. La nuova IP di Hideo Kojima punta a riproporre, nuovamente, uno stile narrativo all’interno dei videogames. Una sorta di ritorno a quell’amore perduto per il racconto videoludico, quando la profondità dei temi trattati era il perno attorno a cui ruotava tutto il gameplay.

Death stranding recensione ps4

In realtà Death Stranding non è solo questo. Kojima si toglie il cappotto di Game Director e indossa quello del regista. Gli attori che recitano in Death Stranding non sono stati utilizzati unicamente per il motion capture del personaggio. Loro sono parte attiva nello svolgimento del videogioco e il conseguente sviluppo della storia. Il cast è di altissimo livello e annovera attori del calibro di Norman Reedus, Mads Mikkelsen, Guillermo del Toro, Troy Baker, Emily O’Brien, Margaret Qualley, Léa Seydoux e Tommie Earl Jenkins. E non è Hollywood, è solo un videogame. Tutti loro hanno recitato in un videogioco. Questa è la famosa asticella che si alza e il merito è tutto di quel Game Director giapponese che da grande voleva fare il regista è alla fine ci è riuscito. Cheapeu Kojima.

Come sempre abbiamo rischiato di deragliare ma purtroppo è il rischio che si corre quando si parla di Death Stranding. Tanti (o forse troppi) contenuti di cui parlare. Non perdiamoci in ulteriori chiacchere e partiamo nel nostro viaggio alla scoperta del nuovo lavoro di Kojima. Questa è la nostra recensione per PS4 di Death Stranding. Si parte!

L’arte del non dire, la gioia dello scoprire

La nostra recensione per PS4 di Death Stranding si concetrerà sui punti di forza che caratterizzano e hanno caratterizzato lo sviluppo del videogioco. Questo si rende necessario per capire e comprendere a fondo la filosofia che si cela dietro la nuova IP di Hideo Kojima. Ogni cosa, con il Game Director nipponico, ha sempre un senso, anche quando la realtà dei fatti dimostra l’esatto contrario.

Era il dicembre del 2015 quando Kojima, dopo la sua dipartita da Konami, annunciava l’inizio della collaborazione con Sony Entertainment.  Questa collaborazione prendeva il nome di Death Stranding. Superata una fase di sviluppo iniziale piuttosto travagliata, verso la fine del 2017 il progetto parte a pieno regime, anche grazie all’utilizzo motore grafico sviluppato da Guerrilla Games, il Decima Engine.

Death stranding recensione ps4

E poi inizia un silenzio radio molto lungo da parte di Kojima che, salvo qualche video o piccole rivelazioni, ha avvolto lo sviluppo del progetto in una coltre di mistero. Una grande trovata di marketing da parte del Game Director giapponese. L’effetto hype è divampato come un incendio di proporzioni bibliche.

Durante la Gamescom 2019 e il Tokyo Game Show 2019 riappare Death Stranding, lasciando tutti a bocca aperta. Una grafica che ha lasciato tutti di stucco e una resa cinematografica degna delle migliori produzioni hollywoodiane hanno cancellato,in un attimo, l’eterno silenzio di Kojima.

Questo alone di mistero è transitato anche in gioco e lo si percepisce già dalle prime scene. Per qualcuno può sembrare un horror, per altri un thriller, per altri ancora un action game e c’è chi dice stealth. Death Stranding può essere tutto questo, ma è molto di più.

È l’inizio di una nuova filosofia videoludica, basata principalmente sul ritorno della narrazione e delle fitte trame di gioco. Kojima, come il master di Dungeon and Dragon, crea un mondo e delle regole da rispettare. Ci prende per mano e ci guida in questo viaggio.

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Ma la strada non è in discesa. Non ci rende la vita facile. Ci sfida perché vuole vedere fino a che punto siamo disposti a entrare nel suo mondo. I primi due capitoli di Death Stranding significano questo. Molte nozioni, tanta confusione e poco gameplay. È una dichiarazione di intenti. Prendere o lasciare.

Non è facile giocare a Death Stranding, anche perché non il classico gioco a cui solitamente si è abituati a giocare. Le dinamiche sono quelle di un open world e sicuramente non è un gioco d’azione. E’ tutto tranne che azione. Ma non è noia, non è apatia. È attesa e pazienza. Si tratta solo di questo. Dovrete capire quanto siete disposti ad aspettare. L’unica cosa che possiamo dirvi è che l’attesa viene ampiamente ripagata nel  corso del gioco.

Sam Porter Bridge, l’antieroe

La nostra recensione per PS4 di Death Stranding si concentrerà sulla figura di Sam Porter Bridge, l’attore principale del gioco, interpretato da Norman Reedus. Solitamente siamo abituati alla figura del protagonista perfetto e senza difetti. La nostra abilità di giocatori deve solo preoccuparsi di come raggiungere l’obiettivo, anche perché il nostro alterego videoludico risponde perfettamente ai nostri comandi.

In Death Stranding scordatevi questo approccio. Sam Porter Bridge è un umano. E’ impacciato e ha difetti. Ha paura e si emoziona. Si stanca e si deve necessariamente riposare.

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La semplice meccanica della corsa non è cosi scontata. Il protagonista di Death Stranding inciampa e si fa male, scivola e sbatte la testa, si arrampica e cade. E sono cose volute, non sono bug di programmazione. Hideo Kojima non ha fatto che basarsi sulla realtà. Non ha inventato un eroe anzi, forse l’esatto opposto.

Ed è proprio questo uno dei maggiori punti di forza del gioco. Si entra subito in sintonia con Sam Porter Bridge. È come se fosse uno di noi. Vi renderete conto che, con il passare delle ore di gioco, anche la semplice camminata richiederà la vostra attenzione e il vostro impegno di player.

Sam Porter Bridge svolge un lavoro comune, il fattorino. La cosa che rende speciale la sua mansione è il contesto in cui la svolge. Il mondo, nella sua normale accezione, non esiste più. Una catastrofe, chiamata Death Stranding, ha sconvolto le regole della realtà e del tempo. Il mondo dei vivi e quello dei morti sono sovrapposti e separati da un sottile velo che in più di un’occasione scompare.

La precipatazioni prendono il nome di cronopioggia, un accelerante del tempo. Tutto quello che tocca, invecchia e si logora, sia che sia una persona o un’oggetto. Inoltre, a rendere ulteriormente difficoltoso il mestiere del fattorino ci pensano le CA, entità ultraterrene che hanno il compito di trascinare Sam “dall’altra parte” e i MULI, ex fattorini ossessionati dai carichi e le consegne altrui.

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Volendo semplificare il fine del gioco, il vostro compito non è altro che guidare Sam Porter Bridge in giro per gli (Stati Uniti) d’America nel fare delle consegne. Sicuramente il paesaggio e la grafica in se rendono il gameplay, sulla carta monotono e ripetitivo, molto più leggero e fruibile.

Il soundtrack, inoltre, è di primissimo livello, con una selezione di brani veramente indimenticabile. Degna di nota è anche la presenza del compositore Ludvig Forssell, il realizzatore della colonna sonora di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain.

La complessità della semplicità

Proseguiamo con la nostra recensione per PS4 di Death Stranding, affrontando l’argomento gameplay. Ogni videogioco che si rispetti deve essere incluso all’interno di una categoria ben precisa. Questa viene definita, principalmente, dalle logiche interne del gameplay. Vi abbiamo detto, nel capitolo precedente, che Sam Porter Bridge è fattorino. Il suo compito è quello di effettuare delle consegne seguendo un itinerario tracciato a priori. Il tutto in un ambiente completamente open-world.

Hideo Kojima, con il suo stile unico, fornisce una lezione a tutti gli sviluppatori di videogiochi: la complessità della semplicità. Tanti semplici aspetti sono stati introdotti in Death Stranding che, sommati tra loro, donano una profondità e una complessità notevole al gameplay.

Death stranding recensione ps4

Vi abbiamo accennato alla difficolta e alla goffaggine del protagonista Sam nel compiere anche dei semplici movimenti come la corsa e la camminata. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il vostro compito è quello di fare delle consegne e il primo aspetto fondamentale che dovrete curare è la modalità di distribuzione del carico da consegnare.

Il protagonista di Death Stranding è un umano come noi per cui il peso che può trasportare non deve essere superiore ad una certa soglia. Questa ovviamente aumenta con la progressione della storia e del vostro livello. Potrete agganciare il carico sul corpo di Sam oppure metterli nello zaino. Ovviamente dovrete controbilanciare il tutto altrimenti finirete per fare dei grandi capitomboli, danneggiando la spedizione e voi stessi.

Death stranding recensione ps4

Non è finita qui. Sebbene conosciate a priori il vostro itinerario, non sapete minimamente che cosa vi aspetto nel mezzo del cammin. Magari un’imboscata dei MULI che vogliono rubarvi il vostro carico, oppure spunta un bel arcobaleno che anticipa l’arrivo delle CA e quindi l’arrivo degli esseri dell’altra dimensione.

Magari troverete un fiume da guadare o una parete rocciosa da scalare per cui, armati di corda e scale, dovrete adoperarvi per superare l’ostacolo. E non dimentichiamoci anche della cronopioggia che vi costrigerà a trovare un riparo onde evitare il danneggiamento del carico. E ci fermiamo qui perché ci sarebbero ancora altre infinità di cose semplici da dire.

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Per agevolare il vostro lavoro, potrete utilizzare l’Odredek e il BB. Il primo è uno scanner a lungo raggio che vi segnala le pendenze e le tipologie di terreno con dei colori e dei simboli. L’odradek ha anche il compito di fornire la posizione dei MULI e di eventuali carichi perduti che attendono una consegna.

Il BB è invece un’interfaccia che ha il compito di anticipare e prevedere l’arrivo delle CA. Il Bridge Baby, questo è il suo nome esteso, è un piccolo feto con all’interno un bebè che è in grado di collegarsi con l’altra parte. Se subisce dei colpi, il BB va sotto stress e voi, cullandolo, dovrete calmarlo.

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Se la consegna va a buon fine riceverete un punteggio di missione che premierà le vostre prestazioni. Verranno valutate le condizioni del carico, il peso trasportato, la velocità di consegna, l’eventuale attivazione del Bridge Link e altri aspetti marginali.

La somma di questi punteggi servirà a fornire un voto in lettere dove S è il massimo ottenibile.  L’aspetto che dovrete curare maggiormente sono le condizioni del carico. Se scende sotto il 50% la vostra consegna verrà fortemente penalizzata. Insomma, la qualità prima della quantità.

L’importanza delle connessioni

Concludiamo la nostra recensione per PS4 di Death Stranding con un ultimo concetto chiave, quello delle connessioni. Vi abbiamo detto prima che il compito principale del protagonista del gioco, Sam Porter Bridge, è quello di effettuare delle consegne. In realtà non è solamente un fattorino, bensì riceve un altro incarico di estrema importanza dall’ultimo presidente degli (Stati Uniti) d’America: ripristinare le connessioni tra le citta.

Abbiamo inserito volutamente le parentesi tonde per indicare il problema dell’America rappresentata in Death Stranding, quella appunto di non essere unita. Ma in realtà che cosa stabilisce una connessione e a cosa a chi ci si deve connettere? Che cosa si intende per unità?

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In realtà Death Stranding è la perfetta rappresentazione di un mondo senza connessioni e senza legami tra le persone. È una foto della nostra situazione attuale. Ci si maschera dietro uno smartphone, un avatar e un’interfaccia virtuale e si perde il contatto vero, quello umano.

La metafora perfetta di questo concetto è dato dalle proiezioni chirali, ologrammi di persone che parlano, ascoltano e interagiscono ma non sono fisicamente li. Intere città sono abitate da proiezioni. Il compito di Sam e quello di riconnettere queste entità virtuali alla rete chirale attraverso un dispositivo chiamato Q-Pid. L’obiettivo è quello di costruire una dorsale che attraversi, da costa a costa, l’intero territorio americano, collegando Central City a Capitol Knot City. La missione sarà lunga e faticosa ma i vostri sforzi verranno ripagati.

Il momento dei titoli di coda è arrivato, per cui tiriamo le somme dopo tutte queste parole spese nella nostra recensione per PS4 di Death Stranding. È difficile inquadrare in una categoria ben precisa la nuova IP di Hideo Kojima. Lui riesce a mixare molti generi in uno solo, elevandoli con una narrazione degna di premio oscar. Il cast di attori non ha solo prestato i lineamenti e i movimenti ma ha recitato all’interno del videogioco. Questo grande passo in avanti mette la parola fine, una volta per tutte, alla famosa disputa tra mondo del cinema e mondo dei videogiochi. Mette la parola fine a tutti quei discorsi di transmedialità e legittimazione tra medium. Ormai sono due entità separate e Death Stranding lo ha dimostrato senza troppe difficoltà.

Vi chiediamo solo un favore: abbiate pazienza e non giudicatelo con troppa fretta. Death Stranding non decolla subito. I primi due capitoli sono lunghi e a tratti pesanti. Non vi scoraggiate se certe sere vi addormenterete con il pad in mano. Hideo Kojima ha anche previsto questa eventualità e Sam, se si accorge della vostra inattività, ne approfitta anche lui per schiacciare un pisolino. Come vedete lui ha pazienza e vi aspetta. Abbiatene anche voi e partecipate con noi a questa grande avventura.

Sniper Ghost Warrior Contracts, uno sguardo al gameplay

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Il 22 novembre è vicino per cui cominciamo ad entrare nel vivo di Sniper Ghost Warrior Contracts dando un’occhiata approfondita al gameplay. CI Games, come già anticipato nel nostro precedente articolo, decide di abbandonare la logica delle missioni storia a favore di quella dei contratti. Il risultato è quello di una gameplay in stile sandbox. Il vostro compito non sarà solamente quello di fare i tiratori scelti. Questa volta vi viene chiesto anche di sporcarvi le mani sul campo.

Il video gameplay che segue vi mostrerà uno dei 22 contratti presenti in Sniper Ghost Warrior Contracts. Buona visione.

Guardando solo il primo minuto di questo video, ambientato nel porto di Kolchak, avete già capito che cosa intendevamo prima con lo sporcarsi le mani sul campo. Un headshot a pochi metri di distanza non è proprio un lavoro da sniper. Dopo la pistola si passa, addirittura, al coltello. Scordatevi i paragoni con Sniper Ghost Warrior 3. Siamo su un livello completamente diverso.

Come notate nel video gameplay, la furtività è molto importante in Sniper Ghost Warrior Contracts. Muovendovi dietro le linee nemiche, in cerca di un buon punto di osservazione per poter sniperare, è facile trovare dietro l’angolo un nemico in pattuglia.

sniper ghost warrior contracts gameplay

Anche se stiamo parlando di gameplay, una piccola menzione speciale la merita sicuramente il comparto grafico. Apprezzabile, nei fotogrammi del video precedente, la qualità grafica e il colpo d’occhio dello scenario di gioco con il tramonto sullo sfondo.

Altra grande novità, è la nuova maschera indossata dal nostro protagonista, che permette una scansione completa dell’ambiente circostante. Oltre a individuare i nemici, permette di tracciare anche le traiettorie dei cecchini avversari. La maschera lavora a stretto contatto con il binocolo, in modo da avere una visione completa dello scenario di battaglia.

Ultima menzione degna di nota è rappresentata dal mirino dinamico reticolare. Questo fornisce la traiettoria dei proiettili, la distanza esatta del bersaglio, l’intensità del vento e l’altezza rispetto al vostro obiettivo. Tutto queste informazioni non vengono fornite a casa. Un cecchino deve considerare tutte queste variabili per mettere a segno il colpo perfetto.

Need for Speed Heat: la recensione per PS4

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Il momento di Need for Speed Heat è arrivato e con esso arriva ad altissima velocità anche la nostra recensione per console PS4. Il franchise ideato da EA affonda le sue radici del successo in un lontano passato. Era il 1994 quando la fortunata serie approdava per la prima volta su PC e forse i gamer più attempati (come lo scrivente) se lo ricorderanno. The Need for Speed, questo era il nome della prima iterazione della saga che voleva reinterpretare il genere ludico delle simulazioni di corsa automobilistica.

Il tentativo di mixare la fedeltà della guida con delle componenti action riuscì e nacquero così ben 25 anni di NFS. Ovviamente non sono sempre state rose e fiori. Quando alzi l’asticella i fan chiedono, di volta in volta, un prodotto sempre migliore.

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L’arrivo nelle sale cinematografiche del franchise Fast and Furious ha sicuramente influeanzato fortemente la serie Need for Speed che, per dare anche uno slancio al brand, cominciò ad utilizzare l’acronimo NFS, trasformandolo in un marchio.

Le gesta di Toretto e O’Connor ispirarono EA al punto da sfornare quella che, secondo molti, è stata la serie più bella di sempre, Underground. Dopo questa parentesi, il franchise NFS comincia la sua fase calante, incontrando il disappunto di una community ormai stanca dalle continue false partenze delle nuove iterazioni.

Ora è il momento di NFS Heat. Vediamo se gli errori e i successi del passato sono serviti a qualcosa. Diamo gas e sfrecciamo sulle strade di Palm City con la nostra recensione per PS4 di Need for Speed Heat.

Imparare dal passato    

Cominciamo il racconto della nostra recensione per PS4 di Need for Speed Heat raccontando le dinamiche del gameplay del nuovo titolo di EA. Il gioco inizia, come sempre, con una sequenza ad alto contenuto emozionale. Questa serve per capire qual’è l’elemento che caratterizzerà la storia e soprattutto il gameplay: la presenza costante della polizia. Ricordate i folli inseguimenti della serie passate? Moltiplicateli alla ennesima potenza. La polizia vi renderà la guida un inferno.

Need for Speed Heat è ambientato a Palm City, città che presenta un lato buono e un lato oscuro. Durante il giorno ospita le gare dello Speedhunters Showdown, lecite e permesse dalle autorità locali. Quando cala la notte, la città si trasforma e diventa il teatro delle gare clandestine più folli di sempre. La polizia pattuglia ogni angolo della strada, pronta per lanciarsi in inseguimenti al cardiopalma.

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L’alternanza giorno-notte è stata una trovata intelligente, da parte di EA, per vincere la cosiddetta “apatia da monotonia”. Le gare che si svolgono di giorno servono per guadagnare denaro, utile per acquistare nuove auto, ricambi e decorazioni. Le competizioni notturne, invece, servono per ottenere la reputazione, una sorta di indicatore del livello del pilota.

Questa serve per abilitare l’acquisto di auto, ricambi e decorazioni di livello superiore. Se volessimo utilizzare un termine anacronistico per un simulatore di corse automobilistiche, diremmo che la logica di grinding, propria di Need for Speed Heat, vede quali coefficenti di crescita l’alternanza delle gare notturne e diurne.

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Si può passare facilmente dal giorno alla notte, sia dal garage (ve ne sono diversi sparsi per la mappa e vi consigliamo di sbloccarli sin da subito) che dall’evento a cui si vuole partecipare. Potete decidere di giocare in solo che online. Nel secondo caso i vostri avversari non saranno comuni NPC ma player come voi.

Dando una rapida occhiata alla mappa di gioco vi accorgerete che le attività da fare sono tante ma non perdete di vista la storia del gioco. Senza entrare volutamente nel dettaglio, il vostro compito da pilota sarà quello di aiutare la crew di Hana, la protagonista del gioco, a competere con i piloti più forti di sempre, la League. Gara dopo gara scoprirete un tassello in più della trama del gioco che, a conti fatti, è accessoria rispetto al resto del gioco.

Sfrecciando per Palm City

Proseguiamo la nostra recensione per PS4 di Need for Speed Heat presentando il contesto in cui si svolgeranno gli eventi del gioco, la città di Palm City. Questa si ispira molto (o potremmo dire quasi identica) a Miami. Si passa dalle strade sterrate della parte collinare sino a quelle lambite dalle onde dell’oceano, il tutto con tante (ma tante) palme. Le gare presenti in Need for Speed Heat non hanno un filo conduttore comune.

La tipologia e il disegno del tracciato saranno, di volta in volta, sempre diversi. Ovviamente, con l’avanzare della vostra reputazione, la difficoltà, intesa come bravura degli avversari e composizione del tracciato, aumenterà progressivamente.

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La progressione viaggerà di pari passo con l’evoluzione della, o forse è meglio dire delle, vostre auto. La varietà di tracciati è la vera forza di questo gioco. Ereditando le esperienze positive del franchise sono state inserite 4 grandi tipologie: fuoristrada, derapata, corsa e strada. Attenzione, abbiamo detto tipologia di tracciato e non di gara. Di quest’ultime ve ne sono molte di più, non vi preoccupate.

Tra una gara e una missione storia vi potete rilassare esplorando la città di Palm City. Rilassare è un parolone. Il nostro divertimento, nei citati momenti di relax, era giocare al gatto col topo con le pattuglie della polizia. Man mano che l’inseguimento diventa serrato, le pattuglie alle nostre costole diventavano sempre più numerose e molto più cattive. Il loro obiettivo è solo quello di arrestarvi, che sia con le buone o con le cattive maniere. Se riuscirete a portare a casa la pelle verrete premiati con un moltiplicatore di reputazione.

Scegliete il vostro outfit

Concludiamo la nostra recensione per PS4 di Need for Speed Heat con la parte dedicata alla personalizzazione e alla customizzazione del veicolo e del personaggio. Ogni iterazione della serie che si rispetti ha sempre dedicato un’attenzione quasi maniacale a questa parte del gioco. EA non è stata da meno nemmeno in questo nuovo capitolo della saga.

Il vostro veicolo dovrà necessariamente subire numerosi upgrade per farvi arrivare nell’olimpo della League. In Need for Speed Heat potrete migliorare il motore, la carrozzeria, la trasmissione e la componente ausiliaria. Le prime tre definiscono l’assetto del vostro veicolo, che corrisponde alle 4 tipologie di tracciato che troverete nel gioco.

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Ovviamente non si può forzare la natura del veicolo, il garage è stato inventato anche per questo. Se avete un Range Rover non vi ostinate a trasformarla in un mostro da derapate, è tempo perso. La cosa intelligente da fare è, una volta scelta l’auto, studiarne la sua configurazione ottimale partendo dalle sue naturali attitudini. Una volta configurata, la potete comodamente parcheggiare in garage. Lo spazio non manca.

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Se volete, invece, dare sfogo ai vostri più segreti ed efferati “attacchi d’arte”, dovrete recarvi nella sezione personalizzazione. Qui potete scegliere se creare da zero la vostra opera d’arte oppure affidarvi alle sapienti mani della community di Need for Speed Heat. Per carità, nessuno mette in dubbio la vostra vena artistica ma vale la pena ammirare il lavoro dei vostri colleghi.

Oltre ai colori e agli adesivi potete dotare la vostra auto, in ogni sua parte, di dettagli e caratteristiche uniche e creative. Non potete sfigurare alla guida della vostra auto superstilosa per cui EA ha pensato anche a voi e al vostro outfit. Una volta scelto il layout di base del vostro personaggio potrete divertirvi a vestirlo e acconciarlo come meglio credete. Fate attenzione solo a non essere troppo appariscenti. Le foto in prigione non vengono bene.

Tutto questo non è gratis ma ha dei costi che si chiamano reputazione e denaro. Più progredirete nel gioco e maggiori saranno le vostre opzioni per migliorare il vostro veicolo.

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Siamo giunti ai titoli di coda della nostra recensione per PS4 di Need for Speed Heat. Sicuramente è una bella boccata di ossigeno per la serie di EA che stava vivendo un periodo buio veramente preoccupante. Sapientemente, guardando ciò che di buono era stato fatto nel passato, in questa nuova iterazione troviamo gran parte degli elementi di successo della serie. A contorno di questo, una realizzazione grafica degna di nota e una mappa di gioco densa di attività da fare, promettono un divertimento assicurato. Gli oltre 120 veicoli presenti in Need for Speed Heat accontenteranno sicuramente i gusti più disparati. Anche se la storia del gioco è fondamentalmente accessoria allo svolgimento del gioco, tutto sommato è gran bel titolo. A tutto gas gente.