La BETA di Star Wars Battlefront inizia la prossima settimana, in modalità Survival Mission, c’è però una brutta notizia per chi pensava di poter testare il titolo EA senza connessione. Come per il gioco completo, non sarà possibile giocare la BETA offline. Mat Everett, community manager di Battlefront, ha scritto su Reddit: “Il gioco offline non sarà possibile durante la BETA, una connessione a internet sarà obbligatoria per giocare le missioni.”
La Survival Mission della BETA di Battlefront vi porterà su Tatooine, e avrete la possibilità di giocare da soli o con un amico in co-op.
Il download di Metal Gear Online 3 è disponibile nel PlayStation Store giapponese, e dovrebbe arrivare a breve anche in Europa e negli Stati Uniti.
Si tratta di un pacchetto da 950MB, gratuito per tutti i possessori di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Gli utenti PC dovranno però aspettare fino al prossimo gennaio 2016. La versione supporta fino a 16 giocatori su PC, 12 su Ps4 e Xbox One.
Nonostante la convinzione del canale YouTube RockstarGamesBETA, questo trailer spacciato come teaser di GTA VI – seppur bello, per carità – è completamente falso. Nella descrizione del video si annuncia un ritorno alla gloriosa Vice City, che sarebbe un sogno per tutti i fan del GTA Vice City originale. In ogni caso merita una visione, lo trovate in alto.
Stare qui a elencare quante cose dobbiamo a Tim Shafer è quasi superfluo, proprio per questo quando il simpatico (e barbuto) americano pioniere dell’industria videoludica annunciò, nel 2012, una campagnia di crowdfunding per la realizzazione di un gioco punta e clicca “vecchio stile”, l’entusiasmo mondiale portò la campagna a cifre astronomiche, ridimensionando il progetto in qualcosa di maggiore. La storia dietro Broken Age e la sua realizzazione (e divisione in 2 capitoli) è nota, ed il gioco, uscito in forma completa ad Aprile, viene inserito nella IGC del Playstation Plus del mese di ottobre. Ma ha senso giocare a una avventura grafica su console?
Come già aveva dimostrato la Monkey Island Collection, contenente i due primi storici capolavori della più importante saga videoludica del genere, il passaggio a console può risultare leggermente ostico, poiché il puntatore del mouse viene sostituito con l’ultilizzo di uno stick analogico. Fortunatamente son passati gli anni e la tecnologia si è evoluta, paradossalmente rendendo molto più fruibile il genere “old school” delle avventure grafiche grazie all’utilizzo di touchpad e touchscreen rispettivamente su Ps4 e Ps vita.
Come se non bastasse, l’impegno del team della Double Fine è stato soprattutto quello di cercare di modernizzare le dinamiche del suddetto genere di giochi, creando un gameplay dinamico e fruibile anche per chi è meno esperto: se da una parte questo ha attratto molte persone estranee al genere ma interessate al progetto (soprattutto grazie alla splendida direzione artistica di cui parleremo più sotto), dall’altra ha comunque creato malcontento tra i fan storici delle avventure grafiche, che han trovato le dinamiche di gioco snaturate (a tal proposito, l’amico e collaboratore di Shafer, Ron Gilbert, scrittore dei primi due Monkey Island, sta realizzando un gioco considerato un VERO nuovo punta e clicca, Thimbleweed Park, buttateci un occhio qui). Non aiuta in tal senso neanche la prima metà del gioco (idealmente, la prima parte rilasciata) dove gli enigmi sono fin troppo semplici. Fortunatamente (o purtroppo) nella seconda parte l’asticella della difficoltà si alza considerevolmente, toccando picchi quasi assurdi com’è giusto che sia in queste produzioni.
Broken Age ha una struttura che include due storie e due protagonisti distinti, Vella e Shay, giovani ragazzi che si ritrovano, per vicissitudini, a vivere avventure apparentemente scollegate e molto diverse tra di loro, entrambe simbolo della voglia di ribellione tipica dell’adolescenza e della crescita personale in cui ci si ritrova necessariamente “vittime”. Si potrà passare in qualsiasi momento da una linea temporale all’altra (tranne in determinati segmenti narrativi), in maniera casuale ma spesso ragionata.
I due mondi si collegano, e il fantastico racconto di formazione ideato da Shafer ci porterà ad incontrare personaggi tra i più disparati, tutti fortunatamente ben caratterizzati ed interessanti. L’aumento progressivo della difficoltà del gioco non fa che aumentare anche la sensazione di crescita che si rispecchia nelle trame dei protagonisti. Come spesso capita, l’importanza data ai personaggi, specie nella seconda parte, finisce per prevalere leggermente sull’intreccio, senza però togliere un senso di completezza una volta giunti al finale della storia, che regala comunque degli ottimi colpi di scena e, talvolta, quasi trolla il giocatore, lasciando indizi che sembrano far unire i puntini del quadro generale in un modo, salvo poi non solo smentirlo, ma anche prendere in giro la stessa potenziale idea in maniera geniale.
Quello che continua a sbalordire è la straordinaria direzione artistica data al titolo Double Fine: la sensazione è quella di star sfogliando un libro illustrato in movimento, e a ogni saluto di un determinato personaggio, la curiosità di vedere “cosa si saranno inventati stavolta” cresce esponenzialmente. Purtroppo andando avanti c’è un certo riciclo nelle location che può dispiacere, ma la sensazione di “già visto” viene meno grazie alle evoluzioni del plot. Nulla da dire invece sulla parte audio: oltre alla splendida colonna sonora di Peter McConnell (già compositore, tra i tanti, di Grim Fandango, Brutal Legend e la saga di Sly Cooper) si aggiunge un ottimo doppiaggio inglese, realizzato da un cast di prim’ordine che include, tra i tanti, nomi come Elijah Wood, Jack Black, Wil Wheaton e Jennifer Hale.
In sintesi, quella creata da Shafer&Co è una grande opera, che esprime a pieno tutto quello che dovrebbero avere i videogiochi oggi: una forte direzione artistica, una trama appassionante e dinamiche sia del passato che del futuro. La materia grigia necessaria per portare a termine un titolo del genere lo rende però (purtroppo) poco appetibile al tipo di persone che cerca un semplice svago o divertimento più immediato. Possiamo dire, però, che il gioco vale la candela e lo sforzo si può (e si deve) fare.
Bisogna dare per scontato una cosa molto importante prima di approcciarsi, nel 2015, ad un festival del fumetto (e altro) come il Romics: quelli che prima erano argomenti ed interessi che appassionavano una “cerchia ristretta” di persone, ormai sono di pubblico dominio. Questo significa, direttamente, che masse enormi di gente rispondono al richiamo dell’aggregazione per tali occasioni, masse composte da conglomerati più disparati di figure umane, molte delle quali non sono neanche lontamente interessate a quello che viene mostrato, quanto piuttosto a fare – appunto – massa. Non essendo questi i lidi per discutere di quanto questo esperimento sociologico sia più o meno riuscito, sicuramente però una questione da sollevare, e importante, c’è: esiste ancora spazio per l’appassionato o il curioso, quello che vuole incontrare i suoi autori preferiti, che magari è alla ricerca di un albo/gioco/gadget particolare, o che comunque vorrebbe osservare quello che viene mostrato, le parate di cosplay, e non essere parte di una folla in continuo movimento?
Il discorso vale ovviamente non solo per il Romics, ma per qualsiasi festival simile (Lucca Comics, Napoli ComicCon etc), e la risposta è paradossalmente sempre la stessa: sì, tu appassionato là fuori alla ricerca di un pomeriggio di svago ed incontri, ci sarà sempre un posto in fiera per te. Il problema è come esso viene gestito e, purtroppo per quanto riguarda il Romics, qui casca l’asino: i grandi padiglioni sono spesso confusionari e comprendono troppe cose disparate, per cui diventa quasi impossibile assistere alla proiezione o all’incontro senza comunque essere circondati dal flusso di persone di cui si parlava sopra.
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Qui si rompe la magia, l’intimità che dovrebbero avere determinati appuntamenti nel grande palinstesto della Fiera del fumetto romana. Dov’erano Francis Manapul (disegnatore di Flash), Bruno Bozzetto, Christian De Vita (storyboard artist per Tim Burton e Wes Anderson)? Erano là in mezzo, vicini ma lontanissimi, attaccati a microfoni e ad altoparlanti che non coprivano il brusio della folla. Possibili soluzioni? Settorializzare il tutto, rendere gli spazi meno aperti ma più caratteristici: si differenzia il tipo di fruibilità e quindi il tipo di pubblico.
Sia ben chiaro, tutti hanno diritto di partecipare e di festeggiare come megliono credono, di cose da fare ce ne sono tantissime anche per chi vuole partecipare in maniera “usa e getta”, come camminare e fare foto ai (bellissimi) Xwing e DeLorean portati nei padiglioni e dare la caccia al cosplay migliore, ma se festa deve essere, deve esserlo per tutti. La festa del Romics è stata questo, ma oltre i selfie dovrebbe esserci anche una sostanza che, se non si ha la pazienza e la determinazione di cercare, rischia di scomparire completamente davanti ai nostri occhi, ed è un peccato, perché di potenziali cose da fare e vedere ce n’erano e non poche – come abbiamo appena ricordato. Nella galleria in alto potrete notare come anche quest’anno ci fossero cosplayer splendidi e ottime mostre. Peccato che chi si ferma, o si vuole fermare, sia perduto.
Sembra che PlayStation 4 abbia ricevuto un taglio di prezzo di ben 50 dollari negli Stati Uniti. Da 399 dollari è passata ai più umani 349.99, un calo che segue quello attuato in Giappone poche settimane fa e che potrebbe arrivare presto anche in Europa. L’annuncio potrebbe arrivare proprio durante la prossima Paris Games Week di fine ottobre, durante la conferenza Sony, che noi seguiremo sul posto con un ospite di eccellenza, Sabaku No Maiku.
Arrivato alla sua 20a edizione, il Paris Manga & Sci-fi Show in versione autunnale ha aperto le porte al pubblico il 3 e 4 ottobre 2015. Si tratta di un evento molto simile al Romics di Roma, una fiera del fumetto incentrata soprattutto sui manga giapponesi e i videogiochi con 250 espositori, 200 ospiti internazionali fra attori, famosi illustratori e autori. Attori ospiti di questa edizione Jason Momoa e Tom Wlaschiha di Game of Thrones, David Wenham da Il Signore degli Anelli, Dan Starkey da Doctor Who, Garrick Hagon ovvero Biggs Darklighter di Star Wars, Christopher Judge di Stargate SG-1. Ospite d’onore Yoshitaka Amano, disegnatore di Final Fantasy e Vampire Hunter D. Noi siamo stati ai padiglioni della fiera a Porte de Versailles, ecco il nostro video racconto.
Chiunque sia nato negli ultimi anni settanta e i primi ottanta, è quasi certamente cresciuto con un cartone animato a dir poco epico, diventato ormai cult e immortale: I Cavalieri dello Zodiaco (聖闘士星矢 Saint Seiya). È il 1985 quando Masami Kurumada crea il manga originale della serie, poi trasformato in fenomeno globale e televisivo dalla Toei Animation – che ne detiene tuttora i diritti – fra il 1986 e il 1990. 114 episodi rimasti nel cuore e la memoria di intere generazioni di ragazzi oggi più o meno trentenni, che negli ultimi vent’anni hanno persino potuto giocare a diverse opere ispirate ai cavalieri dalle armature scintillanti. Due picchiaduro a scorrimento durante l’epoca d’oro del NES, un gioco di ruolo su Game Boy, ben due picchiaduro a incontri su PlayStation 2 e un ultimo del 2013 per PlayStation 3, il primo ad avere anche una vera e propria storia. Anche PlayStation 4 e Steam (e PlayStation 3 in aggiunta) hanno adesso il loro titolo dedicato ai cavalieri dello zodiaco, affiancato inoltre da una nuova serie animata, Saint Seiya: Soldiers’ Soul, che mira per forza di cose ad essere il più ricco della serie.
Per quanto riguarda il contenuto infatti, da giocatori ci troviamo di fronte a una bella selezione di modalità di gioco: in primis la storia, che ripercorre con cura l’intera Battaglia delle Dodici Case sino allo scontro finale con Ade. Una struttura a episodi ci mette nei panni di tutti i Cavalieri, che a turno sfidano i possenti Cavalieri d’Oro; dunque non abbiamo un personaggio fisso da scegliere, anzi cambiamo ad ogni scontro, riuscendo così ad avere mosse sempre diverse e spettacolari. Alla battaglia del cosmo si sommano poi una modalità Battaglia, per sfidare amici in locale o la CPU, le Battaglie Online e le sfide singole contro i Cavalieri d’Oro. Tutto è finalizzato allo sblocco di tutti i personaggi giocabili, ben 72, al guadagno di nuovi crediti spendibili, oggetti collezionabili e contenuti speciali. In totale si contano 435 titoli da conquistare, 169 grida da battaglia, 110 sfide della battaglia del cosmo, che terranno impegnato il giocatore per svariate ore di gameplay.
Un gameplay piuttosto vario e fluido, forte dei 60fps stabili e di un roster notevole per un picchiaduro a incontri. A sollevare qualche dubbio ci pensano però il combat system e il comparto grafico. L’idea di usare arene 3D, come avviene nella serie dei Naruto Ninja Storm, è perfetta e concede ai giocatori estrema libertà e fantasia, le mosse a disposizione di ogni Cavaliere appaiono però eccessivamente limitate, dunque alla lunga rischiano di rendere il gameplay monotono e ripetitivo nonostante il loro essere coreografiche e accattivanti. Per quanto riguarda l’aspetto visivo, gli art designer del titolo si sono concentrati maggiormente sui personaggi, creati miscelando le due dimensioni tipiche dei manga e la modellazione 3D per le armature lucenti, tralasciando forse in modo eccessivo gli ambienti circostanti. Certo non parliamo di una produzione da tripla A, la grafica è del tutto relativa, ma avrebbe aiutato all’immersione generale ritrovare ambienti meno spogli, più dettagliati, più affascinanti. Le arene sono invece sterili, vuote, squadrate, illuminate da un sistema di luci piatto e per nulla al servizio dello spettacolo.
Forte è invece la narrazione, in piena tradizione giapponese, capace di coinvolgerci a pieno nelle vicende che attendono Pegasus, Crystal, Andromeda, Phoenix e tutti i personaggi della saga. I dialoghi, rigorosamente doppiati in lingua nipponica con sottotitoli italiani, sono appassionati e riempiono alla perfezione sia le numerose cutscenes della modalità storia, sia i combattimenti stessi, durante i quali si è continuamente stuzzicati dall’avversario.
Quasi certamente non sarà il titolo definitivo e imperdibile della saga, ma Saint Seiya: Soldiers’ Soul sa come intrattenere e divertire gli appassionati di lunga data, anche grazie a una narrazione di buona fattura e una mole di contenuti decisamente all’altezza delle aspettative. Il comparto grafico fa traballare l’intero progetto, nonostante lo spirito cinematografico di molte mosse speciali, ma l’aspetto visivo non è tutto. Avete mai provato a rivedere i cartoni animati originali dell’87 oggi? Ci sembrano scarni e abbozzati, ma che importa quando esiste un intero cosmo a tenerci incollati allo schermo.
“Oggi siamo orgogliosi di annunciare che Microsoft ha acquistato Havok, il kit di sviluppo che regola la fisica 3D, da Intel.” Con queste parole scritte sul suo blog ufficiale, l’azienda di Redmond ha ufficializzato l’accordo che mette il famoso kit Havok, presente in numerose produzioni videoludiche, nelle sue mani.
Nelle intenzioni dell’azienda ovviamente vi è un piano per intensificare l’uso di tale tecnologia, pur continuando a concederlo in licenza a partner di terze parti. Davvero una mossa strategica che si somma alle Directx 12, a Visual Studio e Microsoft Azure.
Nella storia di Havok oltre 600 giochi sviluppati con Activision, EA, Ubisoft, Nintendo, Sony, la stessa Microsoft e molti altri studi, che hanno dato vita a opere e serie senza tempo come Halo, Assassin’s Creed, Call of Duty, Destiny, Dark Souls e The Elder Scrolls.
Con l’intento di proporre sempre nuovi titoli e contenuti, EA ha eliminato dal Play Store di Google 15 giochi ormai datati. Questo significa che se non li avete più sul vostro dispositivo non potete più scaricarli di nuovo, neppure se al tempo li avevate acquistati. Ecco la lista “incriminata”: