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Back 4 Blood, la recensione su Xbox Series X

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Back 4 Blood, la recensione su Xbox Series X

Si ritorna sul campo di battaglia per combattere gli zombie con Back 4 Blood, il titolo della nostra recensione per console Xbox Series X. Era il 2008 quando Turtle Rock Studio dava alla luce Left 4 Dead, titolo che riuscì a catturare l’attenzione in un contesto già stra-abusato. All’epoca era conosciuta come Valve South e tale vi rimase fino al 2010, anno della ri-fondazione dello studio per come lo conosciamo oggi. Il primo amore non si scorda mai e quindi eccoci qui, ancora tra zombie e violenza servita a freddo.

La formula del gameplay è molto aderente a quella originale vista in Left 4 Dead. In 13 anni le cose sono cambiate molto sul fronte videoludico, motivo per cui qualche cambiamento si è reso necessario. Pur mantenendo intatta la sua firma genetica sono stati introdotti elementi strategici in grado di modulare i ritmi frenetici del gameplay. Non solo quindi uno zombie wave system dove vince chi ammazza tutti. Occorre, infatti, usare l’ingegno e la creatività per portare a termine le 33 missioni che ci aspettano.

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Back 4 Blood si presta per essere giocato anche in solo, unitamente a dei compagni bot. Non commettete questo errore, o meglio, fatelo se ne avete solo bisogno. Il titolo di Turtle Rock Studio merita di essere giocato in compagnia di altre persone reali. Che sia PvP o PvE, non importa. La comunicazione è fondamentale in questo gioco, visto la forte presenza di una componente strategica da non sottovalutare.

Storia e grafica passano in secondo piano quando quello conta è solo il gameplay. Nonostante questo, i 60fps sono granitici con una risoluzione che sembra attestarsi intorno ai 4K. Con l’ansia di riportare la vostra pelle a casa, dubitiamo fortemente che vi soffermerete sul lato estetico del gioco. In Back 4 Blood conta solo il numero di proiettili che regalerete agli infetti. Vi lasciamo, quindi, alla nostra recensione della versione per console Xbox Series X. Buona fortuna.

Prime impressioni: un ennesimo Zombielike?!

Quando si parla di un nuovo gioco a tema di zombie si va subito sulla difensiva. Il nostro trascorso videoludico annovera una lunga serie di esperienze in compagnia di non morti e creature simil-demoniache. Facendo finta che non esista Resident Evil (ah ah e come si fa scusa?!, ndr), si passa subito ad analizzare in maniera critica il gameplay dell’ora zero. Sin da subito vengono declinate le dinamiche di gioco. Senza ma e senza sé. Come piace a noi, insomma.

Il primo atterraggio è morbido e questo ci invoglia ad andare avanti per entrare nel vivo. Il gruppo di sopravvissuti inizia con un roster iniziale di 4 personaggi, che raddoppia dopo aver superato la metà dei livelli presenti. La componente strategica è predominante e coinvolge ogni aspetto del gameplay. Questa scelta ci porta ad affrontare la run sempre in maniera oculata, tenendo a mente mappa e missione. Senza perdite di tempo e facendo molta attenzione a dove e come si spara.

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Anche uno stupido colpo che non va a bersaglio può decretare la nostra fine se attira l’attenzione dell’orda di non morti. L’ambientazione funge da guida, e talvolta ci aiuta per uscire da situazioni di grosse difficoltà. Considerando che le munizioni non sono infinite, ci sono dei nerf costanti e, talvolta e senza nessun preavviso, veniamo attinti da debuff poco graditi, l’approccio parsimonioso è altamente consigliato.

Chi vi scrive ha iniziato l’esperienza con Back 4 Blood in solo. Nei primi livelli non si sono notate grandi difficolta, ma con l’avanzare verso stage più ostici è stato quasi naturale volgere l’attenzione verso il PvE. Il titolo di Turtle Rock Studios si presta fisiologicamente per la condivisione. Non perdetevi questa parte, perché rischiate di non cogliere il meglio di Back 4 Blood.

Contesto di gioco: Left 4 Dead…Boh, non mi ricordo

Back 4 Blood è stato presentato come l’erede spirituale di Left 4 Dead. Facendo un attimo mente locale su quello che è stato, ci siamo accorti che quest’ultimo albergava nei nostri più remoti ricordi. Il titolo, infatti, usciva nel novembre del 2008 per PC e Xbox 360. Parliamo di due generazioni fa di console, di ben 13 anni orsono. Riguardando i video gameplay ci si accorge subito di come quella prima esperienza sia molto legata al contesto storico. Le strade sembrano quelle di Raccoon City con un design degli zombie molto simile a quello adottato da Capcom.

Back 4 Blood, sotto questo aspetto, dimostra una maturità notevole. Più che erede spirtuale, è proprio una vera e propria evoluzione della filosofia di base del gioco. Non è più un semplice FPS a tema zombie. Di fatto era così quello che conoscevamo un tempo, dove il divertimento viveva nel numero di kill da mettere in bacheca. Il wave system è tuttora presente, ma viene ammorbidito dalla costante presenza di una componente strategica.

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Turtle Rock Studios, ricordando il suo passato come Valve South, percepisce che le attuali esigenze della platea dei gamer sono ben diverse da quelle del passato. La tendenza è quella di inserire, laddove possibile, un pizzico di RPG. Il gameplay si presta perfettamente a questo tipo di approccio, che richiede un training autogeno che passa, per forza di cose, attraverso delle sonore sconfitte in campo. Poco male, visto che sono queste che ci fanno entrare in sintonia con le nuove dinamiche.

L’intenzione della software house californiana, spinta anche dalla volontà del publisher Warner Bros Interactive, è quella di creare una community attorno a Back 4 Blood. Lo dimostra il canale Discord aperto sul gioco, e non soltanto le dinamiche del gameplay e gli altri aspetti tecnici del gioco. Le premesse ci sono tutte.

Gameplay: chi rusha è perduto

L’errore più grande che si può commettere in Back 4 Blood è quello di affrontarlo con la fretta di concludere il livello e andare al successivo. In parole povere, il classico rush. In verità, la prima impressione può indurre in errore. Se il ricordo di Left 4 Dead è ancora vivo, il contesto di gioco era quello di un kill and run. Circondato da ogni sorta di creatura assetata di sangue il tempo per ragionare non era moltissimo.

La filosofia di base, a distanza di oltre un decennio, non è cambiata. Le situazioni, in cui ci troviamo coinvolti, ci spingono a trovare delle soluzioni rapide per portare a casa la pelle. C’è da dire, però, che il gameplay fornisce delle valide motivazioni per evitare un suicidio che appare – sin da subito – scontato. L’introduzione del sistema delle carte, le munizioni e le risorse limitate, la build del personaggio e il looting aiutano in tal senso.

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All’inizio di ogni livello ci viene chiesto di compiere delle scelte. Quella più importante risiede nel personaggio, visto che determina il nostro “senso” della partita. Come vi abbiamo già ricordato, Back 4 Blood punta molto sull’elemento cooperativo. Ora, capite bene che in un gruppo eterogeneo di 4 persone ognuno ha un ruolo che, in sinergia con quello degli altri membri del team, determina l’esito della run. I fantasisti e i solitari, salvo qualche giocata da immortalare su Youtube, cagionano morte sicura. Il ruolo viene determinato dalla build del personaggio, sfruttando le diverse abilità uniche che ognuno porta con sé.

La svolta ruolistica viene enfatizzata dalla presenza delle carte. Scegliamo il nostro deck all’inizio del livello, selezionando le virtù e i vizi che ci accompagneranno nel corso della run. Oltre a questa, la mano invisibile del Game Director peggiorerà le condizioni della battaglia in maniera del tutto casuale. Quando vi dicevamo che Back 4 Blood è un gioco che merita di essere giocato in compagnia un motivo c’era.

Dimensione artistica: una dovuta pausa estetica

Se cercate una ricercatezza grafica in Back 4 Blood dovete un attimo rivedere le vostre aspettative. Al contrario delle tendenze del momento, Turtle Rock Studios decide di spingere l’acceleratore sul gameplay, dedicando una minore attenzione ad aspetti come texture, illuminazione globale e risoluzione. I 60 fps sono granitici ed aiutano a muoversi in maniera fluida e controllata nei momenti di azione estrema.

Fortunatamente, in tutto questo, c’è un grande “però”. Le ambientazioni hanno catturato il nostro interesse, sebbene il livello grafico non sia proprio dei migliori. Le situazioni sono sempre ben costruite ed è difficile che si ripresenti un qualcosa già visto in un livello precedente. Il raid notturno nel cimitero, con quel terrificante silenzio interrotto dai gemiti degli infetti, è rimasto vivo nei nostri ricordi.

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Back 4 Blood, nonostante questa sua “mancanza”, riesce ad incidere con uno stile tutto suo. Senza tanti fronzoli e puntando sull’essenziale. La scelta operata dagli sviluppatori americani è condivisibile, ma fino a un certo punto. Deathloop, giusto per citare uno degli ultimi titoli che si avvicina per coerenza, potrebbe insegnare qualcosa. Per il futuro (e siamo sicuri che ci sarà, ndr), un investimento sul fronte artistico si rende necessario.

Dal punto di vista sonoro, il livello di Back 4 Blood è più che buono. Sfruttando il Dolby Atmos riusciamo a percepire il pericolo ancor prima di scorgerlo a video. Gli effetti del “Verme del Diavolo” sono diversi a seconda dell’ospite, generando un bestiario contraddistinto da suoni e versi caratteristici. Sapere chi ci sarà dietro il vicolo, analizzando i suoi latrati infernali, può fare la differenza.

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In conclusione

Ed arriva il consueto momento dei saluti, quello in cui compiliamo il bilancio dell’esperienza accumulata in Back 4 Blood. Il titolo arriva come erede spirituale di quello che è stato 13 anni prima Left 4 Dead. In verità è una riproposizione, in chiave moderna, dell’IP sviluppata da Turtle Rock Studios fuori dal cappella di Valve. Un modo, insomma, per tentare un reboot. Le premesse c’erano e i risultati dovranno essere valutati nel tempo.

Il gameplay rispetta la formula originale, con i 60fps che aiutano a caricare le dosi di adrenalina a più non posso. L’errore è quello di non “attaccare il cervello” mentre si gioca, scambiandolo per un kill and run. La svolta ruolistica aiuta a dimenticare l’eredità lasciata da un gioco che, oltre al titolo, non alberga nella nostra memoria genetica. Ecco perchè lo abbiamo definito evoluzione, vista anche la sua naturale inclinazione ruolistica. L’introduzione del sistema delle carte, per quanto all’inizio poteva anche far storcere il naso, si dimostra una scelta più che giusta. 

La dimensione artistica di Back 4 Blood non spicca particolarmente. Per quanto la carica stilistica è molto presente, gli sviluppatori hanno preferito concentrare i propri sforzi altrove. Il comparto audio merita, invece, una menzione particolare.