La redenzione di una guerriera a bordo di un caccia stellare, è la premessa che ci guida in Chorus, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Fishlabs e Deep Silver terminano le prove generali avviate su mobile con la serie Galaxy on Fire, con un gioco che sfiora il doppia AA a livello di resa finale. A tutti i suoi aspetti fondamentali viene riservata una cura notevole, costruendo un’identità forte e che oggi giorno non è una cosa facile da reperire.
La protagonista, Nara, è la classica eroina alternativa. Brusca, burbera, scontrosa e antipatica. Un atteggiamento che erge uno scudo impenetrabile come quello della sua inseparabile navicella, la Forsaken, ma che lascia trasparire un passato di ferite difficili da rimarginare. Quest’ultimo torna spesso a ricordare le sue origini e che, indissolubilmente, richiede ancora un ultimo match prima dell’archiviazione.
Partita che andremo a giocare secondo le nostre regole e quelle imposte dal genere. Chorus dovrebbe seguire le logiche di uno space shooter, anche se gli sviluppatori tedeschi non hanno voluto eccedere troppo nel gameplay. La trama e gli eventi di gioco viaggiano di pari passo con il grinding e la costruzione della build, con le missioni che non fungono da meri segnaposto narrativi.
La vera forza di Chorus vive nel suo equilibrio generale, merito che bisogna riconoscere ai suoi autori. Segno, questo, di una maturazione guadagnata sul campo e anche per merito della community. Un titolo semplice, che non eccede in nulla, nemmeno nella sua durata. E noi, che non siamo in vena di eccessi, andiamo a descrivere quali sono i punti di forza e di debolezza di Chorus, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.
Guerre (inter)stellari
Siamo in guerra, uno scontro che vede da una parte un esercito di invasati (la Cerchia) agli ordini del grande Profeta, e dall’altra una resistenza poco e mal organizzata dove spicca una ex con più di un conto in sospeso. Nel mezzo ci sono missioni principali e secondarie da portare a termine per conoscere di più su questa interessante (e lo diciamo con piacevole sorpresa, ndr) lore del gioco.
Chorus, di fatto, si è presentato sulla scena videoludica senza grossi annunci. Eppure c’è, e diamine se merita di essere giocato. Se siete fan del genere space sci-fi – e quindi malati di Battlestar Galactica, Star Wars, Star Trek, Giochi Stellari e compagnia bella – è una chicca che non potete perdervi in alcun modo. Di fatto ci sono molte libere ispirazioni ad alcuni grandi classici, anche se il personaggio di Nara, lo abbiamo trovato piuttosto originale. Un eroina tormentata e profondamente instabile a livello psicologico, al punto che in diverse occasioni l’incubo diventerà realtà.
Ma è proprio il suo lato oscuro che alimenta il potere dei rituali, abilità che si somma a quelle della Forsaken. L’aspetto positivo del gameplay vive in questo dualismo anacronostico per il genere, che fa della semplicità il suo punto di forza. Chorus vuole dissolvere alcuni clichè, contaminando il sacro con degli elementi di assoluta novità. Le battaglie non sono solo spettacolari e frenetiche, ma richiedono un attento studio dei metodi di attacco e difesa del nemico, oltre che dell’ambiente circostante. La Forsaken non è indistruttibile, tutt’altro. In compenso ha la possibilità di sfruttare un arsenale di abilità invidiabile ma che necessità di uno studio preventivo.
Lo sviluppo di Nara e del suo veicolo spaziale deve seguire una strada ben precisa, che in genere viene definito con il termine build. Non vi aspettate cose astruse o troppo complesse, ma solo un preciso inquadramento del modo di combattere. Non è da considerare una prigione, anche perché gli hangar sparsi per la galassia servono a perfezionare al meglio il potenziale della Forsaken. Occorrono crediti per creare una build, che “piovono” solo con il completamento delle missioni primarie e secondarie.
L’arte del bilanciamento
Esiste una formula magica dietro lo sviluppo di Chorus, e il suo segreto giace in un sapiente bilanciamento delle varie componenti del gioco. Gameplay e storia viaggiano di pari passo, e ognuno si prende il suo giusto spazio. Certo, la seconda non spicca sempre per originalità delle tematiche, ma non viene mai divorata dalla frenesia a cui solitamente siamo abituati in un action shooter. Eppure il titolo li rispetta tutti i canoni del genere, e di fatto il gameplay risulta divertente e coinvolgente. Ma anche la vena action viene depotenziata dalla costante richiesta di calma e strategia.
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a diversi capovolgimenti e inversioni di tendenza. Anche un genere sacro come il platform è stato messo in discussione con contaminazioni ruolistiche e narrative del tutto inedite. Gli space shooter rappresentano una pietra miliare dell’universo videoludico. All’alba della notte dei tempi, furono loro i primi ad apparire e a dar vita alla nuova frontiera dell’intrattenimento. Per oltre 30 anni si è puntato sul costante miglioramento del gameplay, con formule in grado di enfatizzare la sola componente action. La grafica aiutava in tal senso, ma gli sforzi vertevano sempre in unica direzione. Tutti gli space shooter erano, però, affetti dallo stesso male, quello della ripetitività, e chi più chi meno ne veniva colpito.
Fishlab, rispetta le regole ma le sfrutta in un altro modo. Crea un gioco attorno ad un personaggio e una lore in cui farlo vivere. Questi due elementi entrano in simbiosi con il gameplay e tutto quello che accade è visto come un passo in avanti nel raccoonto della storia. La voglia di scoprire “come va a finire” supera quella di sviluppare al massimo l’arsenale della Forsaken. La storia di Nara diventa più importante di tutto il resto.
Ma non è tutto oro quello che luccica. Su PS5 le potenzialità del DualSense non vengono minimamente prese in considerazione e questo è un male. Capiamo il contenimento dei costi di sviluppo, ma la differenza con la vecchia generazione è proprio questa. L’altro aspetto che non ci ha convinto pienamente è la grafica. Viene richiesta la solita scelta, tra grafica e prestazioni, ma la differenza tra le due è minimale se non intangibile. Chorus necessita di 60fps per essere apprezzato al meglio, per cui ogni “discorso” lascia il tempo che trova.
In conclusione
Tra i titoli “sorpresa” del 2021 inseriamo anche Chorus, l’ultima fatica di Fishlabs e Deep Silver. Onestamente, lo avevamo un po’ perso di vista dopo il suo annuncio dello scorso anno, colpa di una campagna mediatica molto timida. Eppure di materiale interessante ce ne è da vendere. Ti aspetti il classico space shooter ai limiti del convulsivo e invece quello che si presenta è un titolo dove la strategia viene prima della velocità sul pad. Ogni battaglia è una danza tra attacco e difesa, con lo sviluppo della navicella che viaggia di pari passo con l’evoluzione della storia.
Molte (e non troppe) missioni ci separano dallo scoprire il destino di Nara. La turbolenta protagonista si è guadagnata il nostro rispetto, con una lore che non spicca sempre per originalità anche se dannatamente catchy. Peccato che non venga sfruttuto il reale potenziale della next-gen di casa Sony. Su PS5 il DualSense resta a guardare alla finestra il gameplay. Una grande occasione persa in chiave immersione.