A distanza da più di 20 anni dal primo capitolo, giunge un nuovo Dead Space, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. EA e Motive Studio di nuovo insieme, dopo le fatiche di Star Wars Battlefront II e Star Wars: Squadrons. La sussidiaria canadese eredita il successo messo in piedi dall’ehi fu Visceral Games, che ci ha lasciato nel lontano 2017 con i vari dev che si sono sparpagliati un po’ ovunque, trovando casa anche in Motive Studios.
Quest’ultima mette in piedi un remake che non è proprio radicale. Tralasciando la grande novità della presenza della voce di Isaac Clarke, il resto è una reinterpretazione del gameplay “classico” della trilogia, che punta ad evidenziare i veri grandi vantaggi delle console di nuova generazione, a partire dal pieno sfruttamento dell’audio 3D su PS5 (semplicemente da brividi).
Vi chiediamo scusa in anticipo se non siamo usciti sin da subito con la recensione di Dead Space completa, optando per una soluzione “in progress”, ma adesso siamo super prontissimi con la versione “completa”.
COINVOLGIMENTO
Un survival horror che sembra evocare i noi ricordi che provengono da un lontano passato, ma che viaggiano al ritmo delle console di nuovo generazione. Il “vietato sbagliare” è d’obbligo, con un bel carico di sana pazienza da portare sempre con sè.
Prime impressioni e interpretazione del genere
Prima di lanciarsi in confronti che superano il muro dell’ultradecennale dobbiamo tutti fermarci un attimino e capire che cosa si ha davanti. Dead Space è il remake del primo capitolo di una terrificante trilogia iniziata nel lontano da 2008 e che ha non ha mai avuto rivali “veri” sul terreno del survival horror in salsa sci-fi. Chi c’è andato vicino, creando un confronto assai curioso, è stato The Callisto Protocol, videogioco concepito – pensate un po’ – dallo stesso padre della trilogia appena citata.
Il destino ci ha portato a tenere “due piedi in una scarpa” e parlare di questi due titoli, e quindi metterli inevitabilmente a confronto, a distanza poco più di un mese l’uno dall’altro. Il genere è stato interpretato dai due alla perfezione, con un livello di terrore e ansia da capogiri. Dead Space, rispetto a The Callisto Protocol, punta moltissimo sul suo engine grafico. Il Frostbite, per quanto “pesante”, viene agevolato dalla presenza dello SSD, con caricamenti degli scenari ultra-veloci ed un’esperienza che appare sempre continua e costante.
Fattore ripetitività e scalabilità livello di difficoltà
Si va dritti al punto: il titolo non perdona. Dead Space mette le cose in chiaro sin da subito, visto che ogni errore si paga con un bel game over. Ogni cosa va fatta con i suoi giusti tempi, seguendo i suggerimenti che l’HUD mostra a video. Ogni nemico, infatti, hai dei punti di forza ma anche di debolezza che diventano la nostra “way out” quando attaccano in branco. E in tutto questo, lo spirito di osservazione dell’ambiente circostante paga piuttosto bene, visto e considerato che esiste sempre qualcosa da sfruttare a nostro vantaggio.
Questo fa si che la monotonia “da paesaggio” venga aggirata dalla costante presenza di cose da fare. Alla fine della fiera, il gioco è ambientato in una fredda e tetra astronave, con il buio pesto a farne da padrone. Ed e proprio quest’ultimo elemento il nostro più degno avversario, quando il gioco ci mette davanti delle sessioni dove l’unica cosa che ci salva e la posizione spaziale del nemico di turno restituita dall’impianto auricolare 3D. Aspetto che mai prima d’ora avevamo avuto modo di apprezzare in un videogioco di nuova generazione. Tutto questo ci porta a rinnovare costantemente l’interesse verso Dead Space, in attesa dello spavento successivo.
CONTESTO DI GIOCO
E’ vero, alcuni di noi conoscono già la storia a menadito, ma approdare a bordo della USG Ishimura, pur già sapendo quello che ci aspetta, è qualcosa che non ha prezzo. Se, invece, la vostra prima volta, beh, vi facciamo i nostri migliori auguri. Non per deboli di stomaco.
Storia e protagonisti
Perché la USG Ishimura non risponde? Cosa è successo a bordo di questa nave spaziale? Inizia con questi due interrogativi la nostra esperienza di Dead Space, il remake non cambia tantissimo la formula magica iniziale. La vera grandissima novità arriva dalla voce di Isaac Clarke, visto che non avevamo avuto mai il piacere di udire le vibrazioni delle sue corde vocali. Avendo una voce, il protagonista del gioco assume anche un tratto caratteriale ancora più marcato rispetto l’esperienza originale, con tutte le sue paure e i suoi demoni ad attenderlo.
Gli eventi di Dead Space si svolgono tutti a bordo della USG Ishimura. Quella che doveva essere una normale operazione di attracco si trasforma, ben presto, in un incubo senza fine (prestando moltissima attenzione al significato stesso della parola “incubo”). Isaac Clarke non dovrà solo affrontare terrificanti creature frutto di un esperimento che non ha dato i risultati sperati, ma anche se stesso e il suo passato. E fidatevi, forse è meglio il primo tra i due.
Credibilità rispetto al genere
Dead Space è un survival horror in terza persona con una spiccata vena cinematografica. Il paragone più stretto che possiamo fare, guarda caso, è con The Callisto Protocol. Per uno strano scherzo del destino i ruoli si invertono, con l’allievo che sfida il maestro. Ma vi sono delle differenze interpretative sul genere che, per quanto non chiaramente manifestate sulla carta, si evidenziano solo pad alla mano. Ma andiamo con ordine.
Il genere survival horror mette il giocatore di turno in una condizione costante di stress, che sia esso emotivo o fisico. The Callisto Protocol puntava moltissimo sul secondo, rallentando il gameplay e costruendo delle situazioni in cui Jacob Lee finiva per trovarsi nella ca**a fino al collo. Solo schivate e controattachi a ritmo di ansia e paura. Il remake di Dead Space punta, invece, sulla componente action, velocizzando il gameplay della versione originale.
CONTROLLI/GAMEPLAY
Non è solo paura ed ansia, ma anche abilità di sfruttare tutto quello che si ha a disposizione, con il giusto tempismo. Il remake di Dead Space punta maggiormente sull’action, velocizzando i movimenti di Isaac Clarke e farlo stare più “sul pezzo”.
Feeling, complessità e accessibilità dei controlli
Giocando alla versione di PS5 di Dead Space, il contatto con il gioco è garantito sin dalla prima sequenza di gioco. La presenza del feedback aptico è in grado di enfatizzare ogni momento, arrivando al punto di suggerire sul da farsi. Il sentire il cuore di Isaac Clarke pulsare sul palmo della nostra mano non è una cosa che succede spesso e il fattore immersione è bello che assicurato.
Il layout dei controlli assicura la reattività nelle sequenze ad alta intensità, soprattutto quando si è in procinto di affrontare un ondata di nemici. In situazioni del genere si è soliti scivolare nello smashing button, ed invece quelli di Motive Studios hanno ben pensato di costruire un ecosistema per trovare sempre una via d’uscita, pur sempre con la fisiologica difficoltà del survival horror.
Struttura del gameplay e coerenza con il genere
Il genere survival horror lascia molta apertura sugli aspetti del gameplay che non influiscono direttamente sulla narrazione. La presenza di una spiccata componente RPG è la testimonianza perfetta di quanto appena sostenuto. Dead Space presenta uno skill tree che merita tutto il nostro rispetto. Isaac Clarke nasce e cresce ed evolve sino al suo atto finale, ed impara a fare cose in maniera continua e costante lungo tutta l’esperienza di gioco. La scelta del non fornire tutto e subito paga bene, anche perché rappresenta un bel mordente per proseguire nel gioco.
C’è poi tutto quello che riguarda il crafting, con la costruzione e il potenziamento delle armi e dell’equipaggiamento in genere. Questo aspetto va parametrato rispetto alla livello di potenza dei mostri, anche se è estremamente difficile fare il passo più lungo della gamba. La USG Ishimura non è esplorabile liberamente, con le paratie che si aprono dinnanzi a noi se è il momento giusto per farlo.
DIMENSIONE ARTISTICA
E’ vero, anche l’occhio vuole la sua parte, e aggiungiamo anche le orecchie a questo punto. La spazialità dei suoni è un elemento fondamentale del gameplay di Dead Space. Oltre a garantire un adeguato fattore immersione, vi aiuta a portare a casa la pelle.
Ambientazione, stile e fattore immersione
Ed ecco che è arrivato il momento in cui ci facciamo veramente male. Quando parliamo della dimensione artistica di un gioco non badiamo mai a spese, figuariamoci con un titolo del calibro di Dead Space. Questo remake insegue il successo delle origini, aiutato da una potenza grafica che permette molte “licenze poetiche” rispetto al passato. I designer di Motive Studios prendono il significato della parola “paura”, lo analizzano in tutte le sue forme e lo proiettano in ogni angolo della USG Ishimura. In un solo termine: TERRIFICANTE.
Giocato di notte, in una stanza poco illuminata, fa veramente paura. Chi vi scrive ci ha provato e non ha resistito per più di mezz’ora. Sul fronte immersione, anche andando indietro con la memoria, siamo allo stesso livello di The Callisto Protocol e Resident Evil Village, giusto per restare aderenti al genere e citare di qualcosa non troppo “stagionato”. Si è potuti arrivare a questo risultato solamente con tanto sacrificio, ed un meticoloso lavoro di tutte le componenti in gioco, dalla storia ai controlli, sino a giungere alla grafica ed al comparto sonoro.
Livello di definizione grafica
Si chiama Frostbite Engine, ed è un motore grafico tanto chiaccherato quanto versatile. Oramai quasi tutti i first party di EA lo propongono nel “listino” del gioco, ed è anche normale avvicinarsi a questo engine con i dovuti piedi di piombo. Il consumo di risorse non è indifferente, e questo lo abbiamo visto con giochi del calibro di Battlefield 2042 e FIFA 23. Per quanto esponenti di generi completamente diversi da quello di Dead Space, il timore era fondato.
Per evitare annosi problemi come “freeze”, “lag” e “salti frame”, gli sviluppatori lasciano il pallino della decisione a noi. Lato opzioni, infatti, viene riproposta la classica scelta tra Grafica e Prestazioni. Cosa cambia tra la due è presto detto. La prima veicola il consumo di risorse per assicurare una definizione grafica in 4K, con tanto di Ray Tracing, provando a garantire un frame rate che si avvicina ai 30fps. La seconda, invece, guarda principalmente i frame rate, tendendo a non scendere mai sotto i 60fps. Indovinate un po’ chi rimette?
Noi lo abbiamo giocato tutto dando priorità alla grafica. Lo abbiamo già fatto in passato e la nostra linea è sempre quelle di concedere all’occhio la sua giusta parte. Giusto o sbagliato che sia, tutto quello che troverete scritto in questa recensione di Dead Space è frutto di questo scelta, una tra le tante, e forse la più importante.
Colonna sonora ed effetti audio
Siete proprio sicuri di giocare a Dead Space con un impianto auricolare non compatibile con la tecnologia Audio 3D? È una scelta fondamentale questa, forse quasi più importante della modalità grafica vista in precedenza. La componente sonora, infatti, è parte integrante del gameplay e non soltanto utilizzata per assicurare sempre un livello di immersione adeguato.
La spazialità dei suoni vi fornisce un’idea sull’entità del pericolo, la sua possibile velocità e direzione e anche il probabile lemma nel catalogo dei mostri. Messaggi che dovete ascoltare se tenete alla vostra pelle. L’USG Ishimura parla e non potete far finta di nulla. Non esistendo un sistema GPS – ma solo un orientarsi a grandi linee – le vostre orecchie svolgono una funzione fondamentale. Usatele.
INTRATTENIMENTO
Ed una volta arrivati all’endgame che si fa? Non vi sono moltissime cose da fare, e se avete la giusta voglia potrete ricominciare il gioco ad una difficoltà più impegnativo. Lo show è assicurato, fin tanto che il trend regge.
Modalità di gioco e rigiocabilità
Al momento in cui scriviamo la presente recensione Motive Studios ed EA non hanno ancora rivelato nulla circa i contenuti post lancio di Dead Space, e questo la dice lunga su tante cose per il futuro di questo gioco. Una volta arrivati all’endgame, oltre a darvi una pacca sulla spalla, non ci sono altre cose che si possono fare a bordo della USG Ishimura.
L’assenza della photo-mode elimina anche la possibilità di ritornare per scattare delle foto per cui diventa molto difficile essere positivi in tal senso. L’unica cosa che vi consigliamo di fare è quella di ricominciare il gioco ad un livello di difficoltà più elevato, giusto per mettere alla prova le vostre abilità.
Feature multigiocatore e predisposizione allo streaming
Un’esperienza da vivere in singolo, intima, solo voi e le disavventure del povero Isaac Clarke. Gli sviluppatori restano fedeli al passato, senza prevedere ingerenze dall’esterno. Il dramma è tutto vostro. Trattandosi, però, di un remake qualcosina di più si poteva fare in tal senso, ma giusto perché il pretesto era più che ottimo viste le due decadi di distanza dal primissimo capitolo dell’opera originale.