La diffusione capillare della connessione Internet ha concesso a tantissime persone di condividere i propri gusti e idee sugli argomenti più svariati con centinaia, migliaia, milioni di utenti. La logica conseguenza sarebbe dovuta essere la promozione della diversità d’opinione, mentre si è giunti a una paradossale e inarrestabile scomparsa di qualunque tonalità di grigio: una personaggio pubblico è santo o merita la morte, un film è pura arte o immondizia di celluloide, un videogame è perfetto o ingiocabile. Anche Dragon Quest Builders, recente spin-off della saga trentennale, non è riuscito a sfuggire a un giudizio spietato e senza condizionali: non tutti i fan del brand hanno apprezzato l’idea di un titolo ispirato al “malefico” Minecraft, convinti che il tutto si sarebbe esaurito in un mostro di Frankenstein dalle uova d’oro. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo, nonostante il popolo della rete sia sempre più rigido nell’apprezzare qualunque “variazione sul tema” e i remake dei reboot dei remastered riscuotano più successo delle sperimentazioni coraggiose.
Dragoncraft…
Dragon Quest Builders ricalca senza vergogna la struttura sandbox e l’estetica voxel del titolo di Mojang: il mondo “cubettoso” e le leggi della fisica sono simili, quando non identiche. Carbone, rubini, diamanti, ferro, rame, ossidiana: un giocatore di Minecraft si sentirebbe immediatamente “a casa” durante l’estrazione mineraria in una grotta di Dragon Quest Builders.
Anche le meccaniche di gioco pescano a piene mani dalla stessa fonte d’ispirazione, con la presenza di una “barra della fame”, tavoli di lavoro diversi per diversi tipi di ricette, una gestione dell’inventario incredibilmente simile e un ciclo giorno-notte in cui l’aggressività dei mostri s’intensificherà al calare del sole. La lista delle somiglianze è lunga e per fortuna lo stesso può esser detto delle differenze.
… Ma anche no
Dragon Quest Builders è un gioco estremamente lineare nonostante l’ambientazione simil open-world, con dialoghi frequenti e l’avanzamento vincolato agli eventi della trama principale. I progetti di costruzione sono altrettanto rigidi e chiederanno al giocatore di attenersi alle indicazioni, collocando mobilia, decorazioni e blocchi di materiale in posizioni precise, pena il non riconoscimento della costruzione da parte del gioco; stesso discorso per le ricette, che verranno apprese automaticamente non appena raccolto un materiale per la prima volta e che richiederanno il semplice possesso dei componenti e non un loro assemblaggio sul tavolo di lavoro.
Le apparenze ingannano
Quanto discusso finora potrebbe far pensare che Dragon Quest Builders altro non sia che n www poco ispirato di Minecraft. Fortunatamente, la realtà è ben diversa: il gioco offre un nuovo approccio a un sistema di crafting già rodato, sicuramente semplificandolo sotto molti – troppi – aspetti, ma accompagnando un gameplay più snello all’intramontabile stile della saga di Dragon Quest. La grafica è gradevole, coloratissima, il bestiario comprende numerose creature leggendarie del brand, il character design mantiene il tratto iconico che ha accompagnato la crescita di oltre due generazioni di videogiocatori.
Come già detto, la trama ricopre un ruolo imprescindibile e riprende gli eventi del primo Dragon Quest, proseguendoli in una sorta di “universo alternativo” in cui il malvagio Dragonlord è riuscito ad ingannare e sconfiggere l’Eroe. Compito del giocatore sarà quindi la ricostruzione del mondo di Alefgard, ormai dominato dai mostri e sprofondato nelle tenebre.
Nonostante i toni scanzonati, gli eventi e i dialoghi risultano più interessanti e maturi di quanto ci si potrebbe aspettare da un gioco cubettoso e colorato; peccato quindi per la totale assenza di doppiaggio e lo scarso numero di tracce dell’OST, che potrebbero spazientire molti giocatori. In compenso, il comparto tecnico del gioco è di tutto rispetto e garantisce un framerate stabile e un field of view profondo, per quanto ovviamente le versioni old-gen e portatile soffrano di occasionali rallentamenti.
Dejavu: quando il gatto nero passa quattro volte
Come è logico aspettarsi da un titolo del genere, la longevità è notevole e il completamento della campagna principale occuperà almeno 40 ore, completismo escluso; tuttavia, l’espediente (non solo narrativo) per arrivare a una simile durata potrebbe risultare sgradito. Il gioco è suddiviso in 4 capitoli, ciascuno ambientato in una diversa isola di Alefgard, in cui il protagonista dovrà aiutare la popolazione a ricostruire la propria città, sventare la minaccia dei mostri e risolvere problemi logistici.
Con l’avanzare delle missioni saranno disponibili materiali sempre più preziosi e, di conseguenza, armi, armature e accessori sempre più potenti, edifici più complessi e spazi maggiori. Il problema è che, una volta terminato il capitolo, il giocatore si troverà sbalzato su una nuova isola e privato sia dei materiali che delle ricette, in una sorta di “restart forzato”. Va precisato che non tutti i progetti andranno perduti e che ogni sezione di gioco aggiunge sia nuove meccaniche (come la pesca) che difficoltà, ma la sensazione generale è quella di un indesiderato new game plus ricorrente… Un po’ come se , terminato uno dei dischi dei vecchi Final Fantasy, i personaggi fossero stati puntualmente riportati al livello 1 e con equipaggiamento di base.
Essere un appassionato di Minecraft e/o di Dragon Quest non è condizione sufficiente per apprezzare questo titolo: si tratta infatti di un ibrido originale, che trae ispirazione da ambo le parti ma non vuole né può essere categorizzato in nessuna delle due. I combattimenti poco ispirati, la mancanza di libertà nel crafting e la netta separazione tra i capitoli possono infastidire, ma accettando questi aspetti come elementi proprietari del gioco e non necessariamente come difetti, Dragon Quest Builders potrebbe risultare il giusto compromesso per chi non apprezza la dispersività di Minecraft e vorrebbe giocare i Dragon Quest in ogni occasione e in tutte le possibili salse.