Il destino dell’Arisen non è ancora stato scritto, e sarà nostro compito portarlo a compimento in Dragon’s Dogma 2, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Correva l’anno 2012 quando Capcom – e il genio creativo del suo Game Director Hideaki Itsuno – riuscì a partorire un’inedita filosofia di action RPG. Il mondo aveva già conosciuto Dark Souls e si preparava ad accogliere il successo del genere soulslike, ma l’eccezione che conferma la regola era dietro l’angolo.
La ricetta è quella di seguire i canoni degli action RPG vecchio stampo, puntando fortissimo sulle ambientazioni e la caratterizzazione delle stesse. Gli elementi souls arricchiscono il gameplay, ma non lo vanno a complicare, lasciando al giocatore il pallino del gioco. Un aspetto che vale anche in ottica di progressione e sviluppo del personaggio. Il tutto sempre in compagnia delle inseparabili Pedine, compagni di viaggio e preziosi alleati in ogni situazione.
Dragon’s Dogma 2 percorre, dunque, il cammino già tracciato nella positiva prima esperienza, forte della presenza di un nuovo impianto tecnologico (ricordando che il primo capitolo approdava circa 12 anni fa su PS3 e Xbox 360) e la presenza del RE Engine 2. Itsuno e il team di sviluppo hanno dato fuoco alle polveri, intenzionati a conquistare il titolo di GOTY 2024. Le premesse sono più che buone, ma ci siamo presi il giusto tempo per valutare al meglio ogni singolo aspetto del gioco, motivo per cui abbiamo optato per il formato “in progress”. Bene, vi lasciamo quindi alla nostra recensione (in progress) di Dragon’s Dogma 2, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.
Prime impressioni: Un universo parallelo che profuma di Remake
Ritorniamo nei panni dell’Arisen a distanza di 12 anni da quella prima volta. L’action RPG ideato da un tale di nome Hideaki Itsuno era riuscito a ritagliarsi un piccolo spazio in questo genere, la cui deriva verso i souls rischiava di creare un pericoloso scisma. E così fu infatti, la storia ci ha reso testimoni, infatti, di questa nuova evoluzione dei giochi strategici di matrice action. Vi sono, però, dei game director “visionari” che hanno scritto pagine e pagine della grande storia dei videogiochi, e il buon Itsuno rientra, a pieno titolo, tra questi.
Il professionista di Capcom scelse, all’epoca del primo capitolo, la strada del “due piedi in una scarpa”. Costruì, infatti, un gameplay con una forte impronta action, presentando, altresì, delle sfumature di souls. Il tutto immerso un grande open world caratterizzato da una altrettanta varietà di biomi ed ecosistemi, in un contesto medievale-fantasy. Queste furono le premesse di quella prima uscita sul campo datata 25 maggio 2012, e furono tali da essere apprezzate dalla critica e dai giocatori. Il gioco, poi, sbarco nuovamente, su PS4 e Xbox One nel 2017 ma si trattò più di un update “grafico” che altro.
Arriviamo ai giorni nostri, a distanza di quasi 12 anni e due generazioni dopo quella prima avventura dell’Arisen. Il team di sviluppo ha visto impegnati Hideaki Itsuno nel ruolo di Game Director, Daigo Ikeno alla Direzione Artistica e Kento Kinoshita nel ruolo di Game Designer. I 3 si sono, dunque, riuniti per trovare una risposta a quegli interrogativi imposti dai limiti tecnici del tempo. Possiamo davvero creare un mondo di gioco più grande e vasto? Possiamo creare un RPG con eventi randomici ed un altissimo livello di interazione tra i personaggi? Possiamo sfruttare l’engine grafico per trovare il giusto compromesso tra qualità e prestazioni?
Per rispondere a queste domande basta solo la prima ora di gioco (ed un piccolo sforzo di memoria per ricordare l’esperienza passata). Per quanto l’artificio narrativo dell’universo parallelo serva da pretesto, Dragon’s Dogma 2 assomiglia molto più ad un remake che a un sequel. Non lo diciamo come critica, ci mancherebbe, ma la prima impressione lascia senza parole. Il mondo di gioco si presenta immenso, gli eventi – e i combattimenti in genere – non sembrano seguire logiche prestabilite a priori e il colpo d’occhio grafico è di altissimo livello (con un RE Engine che lascia senza fiato). Che dire, gli obiettivi del trio sembrano essere stati raggiunti.
Contesto di gioco: C’era una volta un prescelto
Le premesse narrative di Dragon’s Dogma 2, a prima vista, sembrano essere le medesime della prima esperienza vissuta nel 2012. Un villaggio viene raso al suolo da un drago e solo un uomo osa opporsi alla sua furia. Il suo coraggio, anche di fronte a morte certa, colpisce la bestia mitologica, che decide di sceglierlo come suo avversario strappandogli il cuore dal petto, per poi divorarselo. Il drago lancia la sfida al prescelto: se rivuoi il tuo cuore vieni nella mia dimora e combatti.
Da quel momento – e dopo aver completato la costruzione del personaggio mediante un interessante e completo editor – veniamo identificati in tutto il mondo con l’appellativo di Arisen. La differenza, rispetto al primo capitolo, è la presenza contemporanea (rispetto alla follia omicida del drago) di un conflitto tra i due regni di Battahl e Vermund. Entrambi sono alla ricerca di un sovrano e quel posto sembra essere nostro di diritto. Insomma, tutti pazzi per l’Arisen, anche se esistono storie parallele che meritano di essere vissute e raccontate.
Nel corso del nostro lungo viaggio incontreremo numerosi NPC. Alcuni di questi diventeranno delle Pedine, ossia compagni di ventura che offriranno la loro forza e i loro poteri per il raggiungimento della missione dell’Arisen. Altri, invece, serviranno a declinare la lore che avvolge il mondo di Dragon’s Dogma 2. Ma vi sono delle scelte da fare, come se aiutare o meno qualcuno, e – volontariamente o meno – schierarsi da una parte o dall’altra del conflitto. Per carità, la missione non cambia, ma queste deviazioni servono moltissimo per evitare l’insorgere della ripetitività.
Resta ancora nel limbo l’esplorazione del personaggio principale. Ok che perdiamo tutto durante l’attacco del drago e che il nostro coraggio diventa anche la nostra più grande maledizione. Il marchio dell’Arisen è sinonimo di un destino già irrimediabilmente segnato, ma il cammino che ci porta verso la consapevolezza di quest’ultimo non traspare a livello narrativo come ci aspettavamo. Spoiler a parte, chi ha giocato al primo Dragon’s Dogma e/o ha visto la serie Netflix sa già dove la trama va a parare. L’esperienza, sotto questo aspetto, ha insegnato poco o nulla a quelli di Capcom.