Il cosiddetto “mercato indie” continua a sfornare giochi giganteschi che spesso meriterebbero di essere catalogati sotto altre etichette. Enter the gungeon rientra in questo semplice concetto e lo fa affrontando un concetto tanto semplice quanto disarmante: si può realizzare un gioco che contiene tutti gli elementi positivi dell’industria videoludica di questo decennio?
Enter the gungeon è infatti un roguelike alla Isaac, con permadeath, mappe generate randomicamente tutte da esplorare ed un altissimo livello di customizzazione del gameplay, non tanto nel design del personaggio (sono comunque presenti diverse classi tra cui scegliere) quanto nella tipologia di armi, con quasi un centinaio di diverse pistole con diverse giocabilità e tipi di proiettili. Numerosissimi i collezionabili che vanno ad alterare le numerose statistiche di gioco, dai più banali tempi di ricarica, percentuale danni o numero dei proiettili fino ad arrivare a feature come bullet time.
Enter the Gungeon è anche uno sparatutto frenetico dove i nemici, tanti, diversi e tutti dal design eccezionalmente “chiaro”, per quanto riguarda la loro identità (proiettili da fucile armati di fucile, proiettili da revolver armati di revolver, libri che lanciano spell magici, granate kamikaze etc..). Presente un interessante sistema di coperture causato dal ribaltare con un calcio i numerosi tavoli presenti nelle stanze, ovviamente non indistruttibili. Il sistema del gunplay è quello dei twin stick shooter (pensiamo a Hotline Miami), con un pad per muoversi ed uno per direzionare la pistola, rendendo necessaria una precisione quasi assoluta unita ad una velocità di spostamento fondamentale se non si vuole durare 5 minuti e andare in permadeath. C’è però uno strumento importante ad aiutarci, che la software house ha deciso di utilizzare per darsi un nome: la schivata.
Enter the Gungeon è infine, anche se con le dovute proporzioni, un souls-like! Lo strumento della schivata funziona infatti esattamente come nella serie di From Software e salva da morte certa in più di una occasione. I parallelismi non finiscono qui: nel gioco infatti la trama è sviluppata tramite lore, attraverso incontri con NPC, esplorazioni di statue e stanze particolari, descrizioni di nemici e oggetti. Gli elementi di trama da approfondire sono sia la storia del personaggio sia quella del culto dei “Gundead”, il cui Gungeon da esplorare altro non è che il sacro tempio. Non che sia una trama originalissima, ma fa piacere la cura anche di questo dettaglio, piuttosto che lasciare il giocatore con un “vai e uccidi tutto”, comunque possibile e divertente come esperienza videoludica.
Tutto questo in un gioco dalla difficoltà quasi esagerata, soprattutto nelle prime bossfight, dalla grafica in pixelart semplice ma incredibilmente ricca di dettagli e con decine e decine di particellari su schermo (senza che ci siano problemi di framerate, nonostante i proiettili sparati dai nemici siano centinaia!) ed una colonna sonora e una cura per gli effetti sonori stessi assolutamente al top della qualità. Presente addirittura una modalità co-op, però solo in locale. A voler proprio trovare un difetto, sicuramente le persone che non apprezzano i roguelike troveranno frustrante il continuo morire/ricominciare da capo, l’unica cosa che manca e si fa sentire è un sistema di livellamento del personaggio, in quanto ad evolversi sono le armi che trova, perlopiù casuali, e non il personaggio stesso. Con una difficoltà così elevata, lasciare molte cose al caso (oltre che alla bravura del giocatore, ovviamente), di nuovo, può risultare frustrante.
Il gioco costa 15 euro ed è uscito su PC (Steam/Gog/HumbleStore) e su PS4, vista la cifra e quello che ha da offrire possiamo passare sopra i difetti e tuffarci nell’inferno del gungeon.