Evil West, la recensione su Xbox Series X

Piombo e vampiri, conditi con salsa western

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Vampiri, banditi e altre strane aberrazioni vi accoglieranno in Evil West, il titolo della nostra recensione della versione per console Xbox Series X. Abbiamo già apprezzato, in passato, il lavoro svolto dalla software house polacca di Flying Wild Hog’s. Sono loro quelli dietro alla trilogia di Shadow Warrior, che ha saputo guardare negli occhi un colosso come Doom e trovare il modo per non essere etichettato come doomslike.

Questa volta, però, non si tratta di un FPS ma un action RPG in terza persona, ambientato in un selvaggio west dominato da vampiri e da altre creature infernali. Il tutto con una fortissima carica di humour e della sanissima violenza gratuita che sfocia, talvolta, nel gore. Abituati alle avventure dell’eccentrico Lo Wang, vestire i panni di Jesse Rentier non ci spaventa affatto.

Evil West storia

Ad attenderci ci saranno numerose ondate di nemici, che culminano con la presenza di una boss fight caratterizzata da un discreto grado di difficoltà. La progressione del personaggio è guidata dallo scorrere degli eventi, con una facoltà di esplorazione che rasenta lo zero. L’assenza delle secondarie si sente, con un gameplay guidato dalla sola presenza della storia principale, interrotta dalla sola possibilità di trovare manoscritti e dollari.

A rendere l’atmosfera assolutamente unica ci pensano le colonne sonore e livello di definizione grafica che forse è tra i migliori proposti sinora dalla software house polacca. Ogni livello è una libera interpretazione di alcuni momenti importanti della storia americana, con città e luoghi che rievocano le atmosfere del vecchio e selvaggio west. Senza proseguire con la nostra “solita” premessa vi lasciamo alla recensione di Evil West, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console Xbox Series X.

Dal selvaggio west con furore

Non sono tanti i titoli che dichiarano le regole del gameplay “tutte e subito”, ed Evil West rientra in questa eccezione. La formula magica viene svelata nel corso del primo livello, che funge come grande tutorial. I “richiami” avvengono solo in occasione dell’arrivo di nuove armi e/o mostri, ma nulla di trascendentale. Sebbene la carne al fuoco sia tanta, non si ha mai l’idea di essere sommersi da nozioni. Il focus è sempre sul gameplay e rendere l’esperienza scorrevole e mai pesante. Scelta che abbiamo apprezzato oltremodo.

L’anima RPG del gioco non si svela sin da subito. Il “timido” skill tree propone uno sviluppo del personaggio che interessa la resistenza ai danni, il livello di salute e la potenza delle armi. Il concetto di “abilità” gira attorno alla capacità di generare danni rispetto all’arsenale del cowboy ammazzamostri. La possibilità di alternare attacchi fisici e “da sparo” poteva essere una bella idea, che non è stata però resa nel migliore dei modi. Complice un sistema di controlli che, seppur reattivo, non integra al meglio le “catene” tra le due tipologie di attacco, prestando il fianco a dei momenti in cui si va “a vuoto” e si resta alla mercè del mostro di turno.

Evil West mostri

Ogni livello viaggia, più o meno, nello stesso modo. C’è una componente esplorativa che si limita a veicolare il protagonista in direzione obbligate, lasciando piccoli spazi a deviazioni che non portano ad alcuna missione secondaria. Solo monete e qualche manoscritto. I combattimenti seguono una logica “a ondate”, simile in quella vista in Outriders. La zona si chiude con delle pareti invisibili e si combatte sino all’eliminazione dell’ultimo nemico.

La storia c’è ma non è nulla di eccezionale. Clichè già scontati presi in prestito dal mondo del cinema, dove l’unica nota positiva arriva da un comparto artistico che offre delle libere interpretazioni della storia. Con quegli ultimi cowboy che proteggono l’ascesa degli Stati Uniti d’America dalla minaccia di un gruppo di vampiri guidati dal temibile Peter d’Abano.

Creatività da vendere, ma non basta

Evil West è un action RPG dai ritmi piuttosto intensi, con momenti di violenza gratuita accompagnati da uno stile che, tutto sommato, è piuttosto funzionale al contesto di gioco. Le colonne sonore, a metà tra Django e Dal Tramonto all’Alba, aiutano a (ri)trovare sempre quella verve che si perde sin dai primi momenti di gioco. Il fattore ripetitiva, purtroppo, non lascia scampo. È inevitabile, visto e considerato che, tolte le ambientazioni e le diverse missioni, la logica del wave system fisiologicamente comporta l’insorgere di questo annoso problema.

La possibilità di giocare in co-op è un buon pretesto per evitare di finire dentro l’apatia e rinnovare l’interesse per il gioco, anche se ci rendiamo conto che si tratta solo di una mera illusione che svanisce già dopo le prime partite. Il vero dilemma è l’assenza di attività secondarie, utili per uscire dalla gabbia delle “principali”. Con uno sviluppo del personaggio piuttosto obbligato, il mordente arriva dall’evoluzione dell’outfit di Jesse. Pura “ignoranza” in salsa western.

Evil West gameplay

Dobbiamo, invece, elevare agli onori della cronaca tutto il comparto artistico di Evil West. Il lavoro di ricerca e sviluppo, in tale ambito, è decisamente servito a costruire un contesto credibile e assolutamente originale. Due aspetti che, oggi giorno, si faticano a trovare in un videogioco degno di questo nome. Per quanto la formula di gameplay sia diventata scontata ancor prima di giungere alla metà dell’esperienza, vi confessiamo che non vediamo l’ora di rituffarci in un futuro secondo capitolo del gioco.

La prova generale non è stata superata a pieni voti, ma siamo sicuri che quelli di Flying Wild Hog’s faranno tesoro da questa uscita sul campo. Il talento, allo studio polacco, non manca. La trilogia di Shadow’s Warrior ha avuto “gli attributi” per sfidare nientepopodimeno che un mostro sacro come Doom, e non è uscita con le ossa rotte. Questi ragazze e ragazzi sanno il fatto loro e non fanno mai il passo più lungo della gamba. E noi lo apprezziamo e non vediamo l’ora di rituffarci nel vecchio e selvaggio west.

Evil West armi

In conclusione

Evil West è la prova che dimostra, ancora una volta, come una bella idea – se sviluppata in maniera corretta – ha il potenziale per costruire una serie. A nostro avviso quelli di Flying Wild Hog’s ci sono riusciti, anche se la prima uscita sul campo ha qualcosa da rivedere. Le dinamiche di gameplay non lasciano scampo all’insorgere della ripetitività, arginata da un comparto artistico degno di nota. Il wave system e lo sviluppo “essenziale” del personaggio non forniscono, purtroppo, dei validi stimoli per evitare l’apatia da “more of the same”. 

Nonostante questo il contesto creato è originale, e fornisce più di un pretesto per guardare oltre. La storia poteva, forse, contenere qualche colpo di scena in più. I personaggi, compreso l’imperturbabile Jesse Rentier, sono tutti azzeccatissimi e sono funzionali a creare quel link emozionale che ci spinge a desiderare un seconda avventura. Magari più “profonda” di questa, magari con un budget di sviluppo ben più alto di questo. Ad un passo dal TGA 2022 una nomination la poteva forse pure strappare. 

PANORAMICA DELLE RECENSIONI

Prime impressioni
7.0
Contesto di gioco
8.0
Gameplay
7.0
Dimensione artistica
8.5

Sommario

Le dinamiche di gameplay non lasciano scampo all'insorgere della ripetitività, arginata da un comparto artistico degno di nota. Il wave system e lo sviluppo "essenziale" del personaggio non forniscono, purtroppo, dei validi stimoli per evitare l'apatia da "more of the same". 
Dino Cioce
39 anni, sposato e padre di due bellissimi bambini; anche se il tempo è poco e gli impegni sono tanti, trovo sempre un momento per dedicarmi al mio mantra e al mio credo. I AM A GAMERCRACY
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Le dinamiche di gameplay non lasciano scampo all'insorgere della ripetitività, arginata da un comparto artistico degno di nota. Il wave system e lo sviluppo "essenziale" del personaggio non forniscono, purtroppo, dei validi stimoli per evitare l'apatia da "more of the same". Evil West, la recensione su Xbox Series X