Home Recensioni Far Cry Primal, la recensione: indietro nel tempo di 12.000 anni

Far Cry Primal, la recensione: indietro nel tempo di 12.000 anni

Far Cry Primal, la recensione: indietro nel tempo di 12.000 anni

Quando qualche mese fa Ubisoft ha annunciato al mondo Far Cry Primal, siamo rimasti tutti molto stupiti dal tema: nessuna isola turistica invasa dai pirati, nessun Paese asiatico in mano al dittatore di turno, soprattutto niente armi da fuoco, caratteristica inedita e – in superficie – impensabile per un gioco della saga. Saremmo tornati all’età della pietra a fronteggiare bestie feroci e tribù avversarie, cercando di sopravvivere e di costruire equipaggiamenti sempre migliori. Ma può davvero esistere un Far Cry senza armi da fuoco, pirati e soldati? Forse si, con un po’ di sacrificio.

Il miglior approccio per giocare a Far Cry Primal è proprio dimenticare il passato, cercare di non pensare a quel capolavoro supremo che è ancora adesso Far Cry 3, ancor meno a Far Cry 4, che ci regalava armi e veicoli in quantità. Bisogna considerare questo nuovo capitolo come una parentesi, uno spin off che ha permesso agli sviluppatori di togliersi uno sfizio e di farci provare la vita delle caverne, delle clave e delle lance appuntite. Avrebbero potuto di certo trovare un altro nome, non sfruttare quel Far Cry che molto furbescamente attrae almeno tre generazioni di videogiocatori, ma probabilmente non sarebbe stato giusto. Far Cry Primal ha infatti tutta l’essenza della saga, ne conserva struttura, contenuti, modalità di gameplay, persino la forma delle missioni, aggiungendo in più nuove funzionalità altrimenti impossibili. Come per i titoli precedenti, ci ritroviamo sperduti in una mappa gigantesca, utopia di ogni amante dell’esplorazione e degli open world; possiamo scegliere quali missioni affrontare prima, quali elementi sbloccare in anticipo rispetto ad altri, quali missioni secondarie sono più utili alla costruzione del nostro personaggio, poiché Primal offre davvero molte opzioni di personalizzazione.

Questa volta abbiamo tre alberi di sviluppo, il primo legato alla creazione degli oggetti, cosa che rende fondamentale la raccolta e l’esplorazione della mappa di gioco, il secondo legato alle nostre abilità, il terzo strettamente correlato con il nostro villaggio, che sotto la nostra guida dovrà rinascere, ripopolarsi e progredire. A questi tre gruppi, se ne aggiunge un quarto, più staccato ma non meno divertente, anzi: non essendoci veicoli, barche o elicotteri, gli sviluppatori ci permettono di domare e cavalcare bestie enormi e feroci, dunque avvicinare tutti gli animali del gioco rappresenta un’ulteriore sfida e ore aggiuntive di gameplay. Un circolo vizioso che cattura dopo poche ore di gioco il giocatore, che vorrà crescere e progredire nel crafting in modo sempre più compulsivo, più che in passato. Certo non essendo un GDR, con l’andare del tempo riusciremo a sbloccare tutto ciò che Ubisoft ci ha messo a disposizione, dunque non sarà necessario pensare a una strategia o creare una build particolare.

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Sono tuttavia i progressi che rendono Far Cry Primal un ottimo investimento di tempo e denaro, al contrario del passato in cui si era più invogliati a seguire la trama principale e lasciare tutto il resto come contorno. Questa volta accade il contrario, poiché la storia di questo capitolo non è il cuore di tutto; avremo due tribù rivali da accorpare alla nostra, ma non c’è una vera e propria sceneggiatura, non c’è una reale regia. In Far Cry 3 era tutto molto cinematografico sin dalle primissime battute, anche in Far Cry 4 era un continuo inseguimento, vi erano continue battaglie per il territorio; Far Cry Primal sembra creato per gli esploratori, per chi ha voglia di ritrovarsi solo contro la natura, contro un territorio ostico e impervio. La mappa quasi mai è a nostro favore, si incontrano spesso costoni rocciosi da aggirare, laghi, caverne, strettoie, per non parlare della zona nord, glaciale e inospitale, nella quale si soffre il freddo e si corre il rischio di morire assiderati senza il riparo di un buon fuoco.

Per evitare tutto questo bisogna trovare il modo di creare abiti invernali, di sbloccare più rifugi possibile, di avere sempre della legna da ardere nel nostro sacco. Tutti elementi che rendono questo Far Cry Primal davvero unico nel suo genere, oltre le solite meccaniche dei villaggi da conquistare, delle alture da recriminare, delle abilità da acquistare. Fa storcere un po’ il naso la scelta da parte degli sviluppatori di inserire nel gioco bombe rudimentali, alquanto improbabili, e l’uso di un gufo al posto del classico binocolo, una funzionalità plausibile ma molto rudimentale e poco affidabile. Sarebbe invece tutto da rivedere il sistema di combattimento, che in melee risulta approssimativo e molto casuale, una pecca colossale in un gioco che affida agli scontri corpo a corpo gran parte del suo gameplay.

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Graficamente il titolo si conferma di alta qualità, riprende in tutto e per tutto il solido motore grafico di Far Cry 4 migliorando la gestione dei colori (certo ancora molto saturi) e garantendo un’ottima stabilità. Il mondo attorno a noi respira in modo autonomo, le texture di alta qualità e la luce dinamica rendono ancora più belli paesaggi, valli e zone montuose. Durante tutte le ore di gioco in cui abbiamo messo sotto stress il titolo, su PlayStation 4, abbiamo incontrato pochissimi bug (un paio al massimo), mai nessun rallentamento e nessun problema particolare. Le cutscene che precedono le missioni sono poi realizzate davvero allo stato dell’arte, peccato soltanto per i continui sottotitoli che il giocatore è obbligato a vedere per seguire la poca storia offerta.

Per aumentare il realismo, Ubisoft ha deciso di far parlare i personaggi in un linguaggio arcaico e incomprensibile, una soluzione lodevole dal punto di vista artistico ma fastidiosa nell’utilizzo finale, poiché per seguire le parole a schermo si finisce per perdere tutta l’azione. Assolutamente degno di nota, infine, il lavoro svolto dalla casa francese sull’ottimizzazione dei dati del gioco, che risulta velocissimo nei caricamenti di avvio e di viaggio rapido; se un primo caricamento vi può prendere una ventina di secondi, uno spostamento rapido può durare dai 5 ai 13 secondi, una caratteristica che rende l’intero gioco più funzionale e gradevole.

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Far Cry Primal dunque pesca a piene mani nei precedenti titoli della serie, riprendendo la struttura del 3 e del 4 e provando ad aggiungere nuove meccaniche di gioco. Non sempre Ubisoft centra il bersaglio, al contrario prende alcune buone idee e non le sviluppa a dovere, ma consegna comunque nelle mani dei giocatori un titolo divertente e curioso. Forse un po’ ripetitivo nel gameplay, ma consigliato a tutti gli amanti del free roaming che adorano esplorare, conquistare nuove abilità e sbloccare funzionalità sempre migliori. Non un capolavoro assoluto, ma un buon modo per tornare indietro nel tempo di 12.000 anni.