Il cyberninja “senza nome e memoria” ritorna sulle console di nuova generazione con Ghostrunner, il titolo di questa nostra recensione per Xbox Series X. Il buon Diego Maria Martini ne aveva immortalato le gesta su Xbox One, strappando un quasi 7 e mezzo. A livello di contenuti, considerando anche i vari update intercorsi, non ci sono grandi cambiamenti. One More Level, 3D Realms e Slipgate Ironworks hanno preferito approfondire il DNA del loro titolo, forti della potenza delle next-gen.
Il risultato che ne è venuto fuori ci ha ricordato il perché Xbox Series X differisce da PS5. I 120fps necessitano di un supporto che ne segue il ritmo, e il DualSense, per quanto miracoloso, con i fast paced “arranca”. Noi, invece, lo abbiamo giocato con uno Scuf Instinct Pro, controller che al momento vive un’esclusiva “virtuale” sulle console di casa Microsoft, in attesa di un approdo sull’ammiraglia Sony previsto entro la fine dell’anno.
Per quanto i 60fps siano già un’ottima cosa, visto il supporto al ray tracing, raddoppiare era quello che serviva a Ghostrunner. Tutto questo, ovviamente, aumenta quella frenesia adrenalinica che in alcuni momenti diventa anche “troppo”. La storia e le ambientazioni passano ancora più in secondo piano quando si architettano le perfect kill all’interno della torre Dharma. Avendo giocato alla versione uscita lo scorso anno, arrivavamo già belli “imparati” lato gameplay. Ma anche questo non basta.
La scalata verso il KeyMaster sarà ancora più difficile, nonostante l’IA dei nemici non sembra aver recepito alcun miglioramento. La difficolta adattiva, invece, ci rende la vita un inferno, con delle ondate di nemici che diventano sempre più intense man mano che si procede verso gli ultimi piani. Il resto in parte lo conoscete già, anche se qualcosina merita ancora un nostro approfondimento. Vi lasciamo, quindi, alla recensione di Ghostrunner, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console Xbox Series X.
I 120fps fanno la differenza
Ghostrunner è – al momento in cui scriviamo la presente recensione – uno dei pochi titoli a supportare i 120fps. Tra gli ultimi illustri annoveriamo Doom Eternal, che ha raggiunto il suo massimo della forma con questo upgrade. La nuova generazione offre una possibilità enorme agli sviluppatori, anche se coglierla non è poi così facile. Premesso che il gameplay, in un certo modo, si deve prestare a questo boost, si deve fare poi i conti con l’hardware a disposizione.
I monitor che suppurtano i 120hz a risoluzioni superiori al 1080p hanno un costo non molto accessibile. La pandemia in corso ha costretto i produttori a rallentare la produzione ed alzare i prezzi, anche per far fronte alla carenza di materie prime. A farne le spese siamo noi che viviamo tra l’incudine e il martello. Da una parte i videogiochi che offrono nuove possibilità e dall’altra i nostri supporti che affrontano l’impossibilità nel coglierle vista la fisiologica obsolescenza.
Di fatto, però, Ghostrunner diventa un altro titolo se giocato a 120fps. Non è un mistero, vista la natura del gameplay. Un fast-paced in prima persona, dove i riflessi fanno una reale differenza in campo, gode di nuova vita. La risoluzione e i dettagli grafici si vanno “a far benedire”, anche perché non è che gli sviluppatori avevano in mente un focus diverso. Il fattore immersione, infatti, risiede nella suo essere frenetico, passando da un muro a un kill in una finestra temporale rapida.
La torre Dharma diventa sempre più impegnativa mano che ci si avvicina all’endgame. Non è che quest’iniezione di adrenalina ci fa diventare dei ninja più forti, ma poter viaggiare al doppio della nostra reale velocità non credo che vi dispiaccia. Ovviamente, come tutte le cose, è una novità che va gestita. Ce ne siamo resi già conto nel passaggio dai 30fps ai 60fps, con un atterraggio più morbido. Le Ferrari sono delle bellissime macchine, ma per evitare di farsi male bisogna fare tanta pratica. Il KeyMaster vi ha già fatto fuori una volta.
E se fosse stato in terza persona?
Il ricordo nostalgico della breve serie di Mirror’s Edge è piuttosto naturale. La filosofia di base è molto simile in GhostRunner. Cambiano solo le tematiche ed è stata aggiunta un pizzico di violenza gratuita. Se, però, avete aiutato la giovane Faith Connors nella sua missione di runner, troverete numerosi punti di contatto anche con l’impavido ninja cibernetico. La dimensione frenetica, che alterna momenti di azione a quelli di combattimento, ricorda molto il titolo di EA. La differenza sta nel non separare troppo i due, visto che le sequenze di parkour aiutano a creare un vantaggio competitivo prima di sfoderare la katana. Per il resto è tanta – ma tanta – nostalgia.
La nuova generazione di console ci offre, però, uno spunto di riflessione importante. Un qualcosa di non detto ma che, anche grazie all’incremento degli fps, inizia ad essere piuttosto evidente. Nella nostra testa, si è insinuato un dubbio piuttosto legittimo: e se fosse stato in terza persona? Non è successo solo una volta, altrimenti non saremmo nemmeno qui a parlarne. Nel mentre affettavamo i seguaci di Mara, ci immaginavamo come sarebbe stato il tutto se fosse stato visto da fuori e non da “dentro”.
Lo stile non manca a GhostRunner, con quel ninja che ci ricorda un personaggio sepolto nei ricordi. Parliamo del cyborg ninja Gray Fox, il Gola Profonda di Solid Snake nel primo storico Metal Gear Solid. Sarà che si tratta di una libera ispirazione guidata dalla nostra memoria muscolare, ma solo questo è bastato per immaginare un gameplay diverso, in grado di rendere giustizia a un personaggio che si vede troppe poche volte.
Per carità, non condanniamo la scelta degli sviluppatori. Il gioco funziona benissimo anche in prima persona, per cui si tratta solo di una considerazione guidata dagli eventi. Il fatto è che mancava un fast-paced in terza persona nel panorama dell’offerta videoludica. Cyberpunk 2077 ha attirato l’attenzione a sé, e ancora ne ha da dire visto il lancio non proprio felice. A nostro avviso una scelta progettuale diversa, conscia del momento, poteva rendere maggiore giustizia a un titolo che vive di paragoni.
In conclusione
Un FPP frenetico dove contano solo i riflessi e la strategia, accompagnati da un bel bicchiere di adrenalina. In meno di un anno è bastato un “piccolo” upgrade per svelare il vero volto di GhostRunner. “Piccolo” per modo di dire. I 120fps ci fanno apprezzare al meglio il buon lavoro svolto dal trio di sviluppo. Giocato, poi, sulla next-gen di casa Microsoft – e con uno scalpitante SCUF Pro Instinct – il fattore immersione ne giova al meglio. I contenuti, rispetto alla versione base, non sono molto cambiati. Al netto dei vari update che sono arrivati in questi mesi, però, non si evincono dei contenuti dedicati per questo upgrade di nuova generazione.
Graficamente parlando il gioco di presenta modesto come nella sua versione base. Il design dei personaggi e delle ambientazioni non spicca per la cura dei dettagli ma solo per la vena creativa messa in campo. Di materiale interessante ne abbiamo trovato, anche se nulla è in grado di farlo emergere dalla massa. Ma non è questo che dobbiamo giudicare, visto che è la componente action che domina la scena. Al momento solo Doom Eternal è in grado di regalare momenti di pura frenesia come GhostRunner. Il gameplay generale ricorda molto Mirror’s Edge, un qualcosa che oggi manca nell’offerta videoludica (e ci manca a livello umano, ndr).
Resta solo il dubbio se concepire un ipotetico sequel in prima o in terza persona. Ecco, un tale scelta può fare la differenza visto che, ad oggi, manca un action fast paced in terza persona in un mondo cyberpunk. Si potrebbe, magari, fornire una scelta al giocatore in tal senso. Come FPP funziona e lo abbiamo visto ma non è in grado di attirare un pubblico che vede il genere connesso alla narrativa e non all’azione. Ogni cosa, però, non immutabile e i videogiochi ne hanno dato più di una dimostrazione in passato.