Si è fatto attendere dal suo approdo su PC e PS5, datato settembre 2021. Quasi 3 anni per poter assaporare questa disimpegnata avventura anche sulla master race di casa Microsoft. Kena: Bridge of Spirits arriva finalmente su Xbox Series X, mostrandosi con il medesimo aspetto di quando si fece apprezzare dal pubblico. Per l’occasione, gli sviluppatori di Ember Lab decidono di non suggellare il momento con nulla di dedicato, il che è un vero peccato visto il gap tra le edizioni.
Una “nuova” prima che vede una giovane aspirante Guida Spirituale nella sua lotta contro la corruzione e la purificazione delle anime che non sono riuscite a trovare la via dell’ascensione. La componente action domina il gameplay, che si lascia andare anche a delle contaminazioni esplorative timidamente accennate, ma pur sempre coerenti. L’aspetto RPG aiuta a sviluppare il potenziale di Kena, con uno skill tree basilare. Molto bene sotto il profilo artistico, modesto e con dei modelli poligonali semplici ma ben definiti. Non aggiungiamo altro, vi lasciamo alla nostra recensione di Kena: Bridge of Spirits, giocato su console Xbox Series X.
Il duro mestiero della Guida Spirituale
Vita e morte, da sempre ai due poli opposti. Eppure esiste un mondo di mezzo, dove gli spiriti non riescono a trovare la via dell’ascensione, vuoi per i sensi di colpa o per questioni ancora rimaste in sospeso. Una sorta di purgatorio insomma, con le anime corrotte che infestano il regno dei vivi sino a costringere questi ultimi ad abbondonare le proprie dimore. La soluzione a questo problema c’è, ma è ad appannaggio di pochi eletti o elette.
La giovane Kena riceve in dono questo potere tramandato da suo padre. Il suo viaggio per diventare a tutti gli effetti una guaritrice di anime si intreccia con quello di Saiya e Beni. I due chiedono aiuto all’aspirante Guida Spirituale per liberare lo spirito del fratello Taro, divorato da una corruzione estremamente potente. La causa della sua mancata ascensione non è nota nelle fasi iniziali della storia, ma come un puzzle verrà disseminata nel corso dell’avventura.
Un’esperienza della durata di circa una quindicina d’ore se ve la prendete con comodo e avrete voglia di collezionare il giusto numero di punti karma (utili per sbloccare le abilità), cristalli dell’anima (da spendere per l’acquisto di cosmetici) e Rot (dei simpatici animaletti che fungono companion). Se rushate, vi basteranno circa una decina di ore per arrivare ai saluti finali. Consiglio spassionato: godetevi Kena: Bridge of Spirits fino alla fine e senza fretta.
Si sente sempre più il bisogno di videogiochi come questo. Ember Lab, alla prima avventura – nel ruolo di protagonista – nel mondo del gaming, riesce a confezionare una bella fiaba tutta da giocare. Non ci stupiremmo se, tra qualche tempo, lo trovassimo negli scaffali di qualche libreria nella sezione “Bambini”. L’ecosistema realizzato è ad uso e consumo della fascia d’età che si affaccia verso la scoperta dei videogiochi. Come entry point è assolutamente perfetto.
Quell’action RPG “disimpegnato”
Come vi abbiamo accennato prima, il gameplay di Kena: Bridge of Spirits è quello tipico di un action RPG, “colorato” da una piccola componente esplorativa. Quest’ultima si presenta gradevole per via di un intelligente costruzione del level design, con mappe che si sviluppano sia in altezza che in estensione. Di primo acchito si ha l’illusione di un’ambientazione ampia e polifunzionale, ma come detto è solo apparenza. La nostra eroina sa anche nuotare ma solo a pelo dell’acqua (lasciando i fondali inesplorabili). Sa arrampicarsi ma non ha delle abilità che le permettono di spostarsi rapidamente volando sopra gli obbiettivi (lasciando questo compito solo allo spostamento rapido, previo sblocco degli altari). La varietà delle ambientazioni è, comunque, qualcosa che ci sentiamo in dovere di evidenziare, ricordando sempre che questa è la prima esperienza sul campo degli sviluppatori (nel ruolo di protagonisti).
Affrontando, invece, quello che possiamo definire l’aspetto più tecnico del gameplay e delle meccaniche di gioco, la componente action ruba maggiormente più la scena rispetto a quella strategica e ruolistica. La nostra Kena, sfruttando un piccolo skill tree, ha la possibilità di amplificare il suo potere spirituale sbloccando dei nuovi perk/abilità. In questo modo il suo parco mosse migliora significativamente nel corso dell’esperienza di gioco – sia in numero che potenziale – consentendo un progressivo ed evolutivo approccio diversificato (nemici e non). Il livello di sfida e di difficoltà aumenta gradualmente (a difficoltà “umane”, sia ben chiaro) alternando nemici cosiddetti “normali” ad altri più pericolosi (come mini-boss e boss di livello).
Una piccola postilla alla voce “Combattimenti”. Premesso che non ci troviamo davanti ad un soul, il livello di sfida è, comunque, piuttosto appagante, soprattutto in occasione dei boss di livello. Questi si presentano molto “arrabbiati” con la nostra aspirante guida spirituale, e non perdonano alcun nostro minimo errore. Quello che possiamo fare, oltre a rispondere per le rime ai violenti attacchi, è quello di sfruttare il timing giusto per parare e schivare. Il perfect parry fornisce un vantaggio competitivo non indifferente da sfruttare per massimizzare il potenziale offensivo. Ed ecco che quello che può apparire come un semplice e spensierato action RPG, si dimostra, nel tempo – e al tempo stesso – insidioso ed appagante. È in tutto questo, il mistero della scomparsa di Taro resta ancora tutto da svelare.