Una rielaborazione delle Avventure di Pinocchio in chiave souls, in un contesto che sembra preso in prestito da Bloodborne. Le premesse sembrano una follia, ma è quello che troverete in Lies of P, action RPG di matrice soulslike realizzato dai coreani di Neowiz e Round8 Studio. Siamo davanti alla grande sorpresa di questo 2023, che ci ha reso partecipi di Signori titoli.
Una celebrazione delle citazionismo derivativo, operata in maniera quasi perfetta. Il gameplay ripropone i canoni del genere ma senza spaventare nessuno, soprattutto i novizi. Il contesto narrativo è molto interessante, per quanto i contorni non spicchino tutti per originalità. Dimensione artistica da urlo, al netto di un pensionato Unreal Engine 4. Non volendo sfidare oltremodo la vostra pazienza, vi lasciamo alla nostra recensione di Lies of P, titolo, vi ricordiamo, giocato su console Xbox Series X.
L’alba del citazionismo derivativo
C’era una volta un pezzo di legno… o meglio, un burattino senza Ergo. La fiaba del maestro Carlo Collodi viene riesumata dai koreani di Neowiz e Round8 Studio, prendendo in prestito gran parte dei suoi personaggi e inserendoli in un contesto che ricorda moltissimo i soulslike di From Software. Lies of P è, senza mezzi termini, una vera e propria celebrazione di questa “branca” degli action RPG, che fanno del concetto di difficoltà il loro pane quotidiano. Non è un genere per tutti, questo abbiamo avuto modo di constatarlo negli anni con i vari Bloodborne, Sekiro, Dark Souls ed Elden Ring. Ed è proprio su questa difficoltà di accesso che gli sviluppatori hanno voluto lavorare, limando alcuni stilemi che il genere si porta dietro da anni.
Ed ecco, dunque, che l’atterraggio nella location degli eventi, la città di Krat, è morbido e senza l’immediata presenza di nemici che si presentano sin da subito “immortali”. I primi scontri sono scolastici ed abbordabili, utilizzati come pretesto per declinare il parco mosse ed abilità a disposizione. Il mood iniziale è questo, con la scoperta dei meandri di quel che resta della spettrale stazione ferroviaria di Krat, dove si può già fare i conti con quel ciclo “morte/resurrezione”, tanto caro agli amanti dei souls.
Ironie a parte, ci sono due grandi scogli da superare prima di arrivare alla conclusione di quello che possiamo definire il primo esame. Superati si chiuderà il prologo di Lies of P che ci racconterà la storia dell’ascesa e del declino di Krat. Ultimata la sequenza animata, approdiamo nella grande sala dell’hotel, che si presenta come un vero e proprio hub, dove poter dialogare con alcuni personaggi chiave della storia (e compiere delle scelte in ottica finale), acquistare armi e potenziamenti e rivelare qualche segreto.
Come ricorda il titolo di questa prima sezione della nostra recensione di Lies of P, Neowiz e Round8 Studio hanno creato un universo di gioco basato interamente sulla rielaborazione di cose già viste da altre parti. Un collage riuscito alla perfezione, “riciclando” i personaggi ideati dal maestro Collodi in un contesto che calza loro a pennello. Analogo discorso per l’ambientazione, con una Krat che sembra un quartiere della Yharnam di Bloodborne.
E che dire della storia, anche essa presa in prestito dalle gesta eroiche del Cacciatore e perfettamente riadattata in Lies of P. Una vera e propria lezione di umiltà per tutto il settore videoludico, con una dimostrazione chiara di come – con un sano bagno di umiltà – creare un videogioco di successo mettendo in campo creatività e voglia di fare e dimostrare.
Lies of P, Krat come Yharnam?
Vi abbiamo già ampiamente rotto le scatole sui continui riferimenti presenti in Lies of P al mondo dei souls, ed in particolare verso Bloodborne. Ma e proprio in quest’ultimo che abbiamo notato un vero e proprio “accanimento” di matrice ispirazionistica operato dai coreani di Neowiz e Round8. Un lavoro meticoloso che non fa solamente trasparire l’esatta comprensione dei valori presenti nel genere, ma che si trasforma in una vera e propria lettera d’amore rivolta alle gesta del Cacciatore di Yharnam. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di comprendere quelli che sono i pregi ed i difetti ereditati dalla vecchia IP di From Software, anche per verificare se si è trattato di un mero “copia e incolla” o di una derivazione migliorata.
Krat è una città fantasma, costellata di cadaveri umani e non. Quella che, un tempo, era una florida cittadina che si godeva gli sfarzi offerti della Bella Epoque, si trasforma misteriosamente in una città fantasma, avvolta in un clima gothic dark. E tutto sembra legato, in qualche modo, alla scoperta dell’Ergo, una fonte di energia in grado di animare esseri senza vita (come i burattini e le marionette) e renderli dei meta-umani.
In tutto questo continuum derivativo con la saga di Bloodborne (ricordando che Yharnam era stata infettata da uno morbo che, colpendo il sangue, trasformava i suoi cittadini in creature aberranti), arrivano anche le leggi della robotica di Asimov, regalando l’analogia burattino-robot e introducendo una nuova legge: un burattino non può mentire. Ed ecco che la celebrazione dell’autodeterminazione, già raccontata nel romanzo di Collodi, viene rappresentata anche in Lies of P, con il nostro Pinocchio in grado di raccontare bugie senza che il suo naso si allunghi.
Sotto il profilo artistico, beh, il lavoro svolto dagli sviluppatori è a dir poco sbalorditivo. E non parliamo dell’UE 5, ma del canto del cigno della versione precedente, sfruttato sino all’ultima goccia in maniera più che egregia. Ma quello che impressiona ancora di più è la gestione del compromesso tra grafica e prestazioni, con un framerate di 60fps che non sembra in alcun modo intaccare la definizione grafica e il livello di dettaglio di personaggi e ambientazioni. Menzion d’onore la merita la scelta di puntare tantissimo sul sistema di rifrazione della luce e i riflessi restituiti dall’acqua delle pozzanghere e dai luccicanti pavimenti. Che dire, uno standard qualitativo degno di un triplo A.
Lies of P: un soulslike che voleva emanciparsi
Siamo tutti d’accordo nel considerare Lies of P come un nuovo membro dell’elitaria famiglia dei soulslike? Beh, vi dobbiamo confessare che la nostra risposta non è così immediata come possa sembrare. Sinora vi abbiamo raccontato di come le similitudini e le citazioni rispetto i titoli From Software, dipingano questo titolo con delle sfumature derivative piuttosto accentuate. Non lo consideriamo, però, come un lato negativo, bensì una mossa intelligente ed assolutamente riuscita nel migliore dei modi.
Adesso tocca affrontare lo spinoso argomento del gameplay, collocandolo volontariamente al termine di questa nostra recensione. La decisione ci è sembrata doverosa, anche perchè replicare pedissequamente tutti i punti di forza della creature di Miyazaki non è cosa per tutti.
Vi era un tempo in cui le mappe di gioco di souls erano caratterizzate da una struttura circolare, caratterizzata da percorsi univoci, muri invisibili e scorciatoie da sbloccare. Parliamo di una filosofia di oltre 5 anni fa, superata dalla stessa From Software che ha deciso di aprire al meglio le proprie mappe, restituendo un illusione di libertà. Lies of P si muove in controtendenza, guidando il giocatore verso percorsi obbligati che, per fortuna, includono anche le altezze degli edifici.
L’impressione è quella di girare sempre attorno – almeno nelle sessioni all’interno del centro cittadino di Krat – e questo ingenera un sensazione di ripetitività sin dai momenti iniziali dell’esperienza. Se a questo si aggiunge anche il ciclo morte/resurrezione che fa scivolare il giocatore nella spirale del backtracking, il problema si amplifica ancora di più, trovando gli stessi nemici, nella stessa posizione e collocati nel medesimo posto ante-morte (ad eccezione dei mini-boss e boss).
Interessante, invece, il sistema di progressione del personaggio e il crafting delle armi. Partendo da quest’ultimo, l’idea di poter sezionare i vari componenti di armi diverse per poi riassemblare il tutto e crearne di completamente inedite rappresenta un valido motivo per mettere da parte la frustrazione “da souls”. Dispiace solo constatare come le named weapon ottenibili dai boss (previo passaggio dai mercanti) siano deleterie per il crafting stesso, visto che il loro potenziale talvolta è sbalorditivo.
Per quanto riguarda, invece, la progressione delle abilità del nostro P, si ragiona in ottica investimento punti abilità, interessando le varie caratteristiche chiave del PG. Non esiste il concetto di build legato all’equipaggiamento, bensì al modo in cui si distribuiscono i “numeri” ottenuti ad ogni avanzamento di livello. La scelta iniziale circa lo stile che vogliamo interpretare, oltre ad essere fuorviante in tema di gameplay, non apporta alcuna modifica immutabile. E questo poteva essere un’ulteriore derivazione, magari strizzando l’occhio alle pose di Nioh.