Quando nel 2002 uscì il primo Mafia: The City of Lost Heaven, si capì immediatamente che i videogiochi non sarebbero stati più gli stessi. Quella che sembra una frase fatta nasconde in realtà una grande verità, perché si smetteva di vedere una volta per tutte i videogiochi come prodotti destinati ai bambini e si iniziava a considerarli veri e propri film. Il primo indimenticabile Mafia aveva tutto di un prodotto cinematografico, una trama appassionante e coinvolgente, una colonna sonora memorabile, cutscene perfettamente integrate nelle sessioni di gioco, un modello che negli anni successivi è diventato poi prassi. Oggi, nel 2016, Take Two Interactive ha portato sul mercato il terzo capitolo di quella saga iniziata a Lost Heaven, Mafia III, fra conferme e piccole delusioni, ma procediamo per gradi.
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Siamo a New Orleans (nel gioco chiamata New Bordeaux) alla fine degli anni ’60, ovvero una zona colpita duramente dai tumulti generati dalle guerre internazionali e dal razzismo dilagante dei bianchi contro i neri, considerati ancora carne da macello da molti. In questo panorama si inserisce Lincoln Clay, il protagonista di cui vestiremo i panni, un reduce del Vietnam che avrebbe soltanto voglia di costruire una famiglia, di avere una casa, di conoscere il Sogno americano, quello con la S maiuscola. Ciò che oggi è considerato normale però, all’epoca per un ragazzo di colore in quell’America rurale era tutto fuorché scontato, motivo per cui – fra un lavoro e l’altro – il nostro amatissimo finisce per ritrovarsi al centro di una guerra intestina fra bande per il controllo della città. Mafia a tutti gli effetti, come tradizione, che in territorio statunitense ha – storicamente – dato vita a scontri civili senza pari fra spaccio, prostituzione, violenza generale. Sul nostro cammino si paleseranno diverse figure della criminalità organizzata del luogo, fra cui la vecchia conoscenza Vito Scaletta. Il nostro compito all’interno del mondo di gioco è stringere accordi con tre figure di spicco della malavita, riuscendo alla fine ad avere il controllo totale sul territorio. In termini materiali la cosa si traduce in decine di missioni secondarie propedeutiche alle principali, da fare nell’ordine che – più o meno – preferiamo.
Se il tutto può sembrare accattivante, dal punto di vista del gameplay manca un certo dinamismo, un certo carattere: ci ritroveremo a fare più e più volte le medesime cose, possono cambiare a livello concettuale (una volta è lo spaccio, un’altra la prostituzione), ma fondamentalmente abbiamo diverse roccaforti da espugnare con relativi boss di turno da uccidere o assoldare. Non aiuta neppure l’esplorazione della mappa, che è sì grande ma non gigantesca: all’interno troviamo svariati collezionabili, centraline da manomettere per captare informazioni d’oro sulle varie zone. Oltre questo, poco altro, il che può essere deludente in un titolo GTA Style, dove abbiamo a disposizione un’intera mappa free roaming e atmosfere nostalgiche ben caratterizzate.
Mafia III vince infatti su tutta la linea per quanto riguarda l’ambientazione, la mappa è ben disegnata, così come i veicoli e gli edifici; si spazia da zone paludose ad ambienti cittadini con naturalezza, passando per aree prettamente rurali dal sapore nostalgico e misterioso. Il tutto con una corposa colonna sonora in sottofondo: eccezionali sia i brani originali scritti da artisti del calibro di Jesse Harlin e Jim Bonney, sia le canzoni non originali, prese direttamente dalla fine degli anni ’60-inizio dei ’70. Se dovessimo valutare soltanto la soundtrack, l’ultimo lavoro di 2K e Hangar 13 sarebbe uno dei migliori titoli del 2016, bisogna però sottolineare che la l’impianto grafico non è sconvolgente, anzi spesso strizza l’occhio alla precedente generazione, con texture poco definite e al di sotto rispetto a molti altri prodotti di categoria. Anche l’illuminazione è poco realistica, si ispira più al mondo dei fumetti che al mondo vero, è molto contrastata e saturata; probabilmente un effetto cercato che rende il tutto però poco credibile, mentre storia, personaggi e musiche fanno l’operazione contraria.
Poco a che vedere con il Motion Capture dei personaggi, che al contrario è di ottima fattura e realizzato con le ultime tecnologie a disposizione: espressioni facciali, movimenti, persino le labbra in sync con i dialoghi inglesi, tutto è perfettamente al proprio posto. Eccellente anche l’idea “di montaggio”, l’intera storia è proposta come un vecchio documentario che salta nel tempo a piacere, facendoci rivivere la storia passata e il ricordo presente; una storia arricchita dai dialoghi ben doppiati, almeno in lingua originale, dove si può sentire anche un marcato accendo degli stati del sud. Passando all’italiano, si cade in un vero abisso, fatto di registrazioni fatte a tavolino, fredde, statiche, prive di carattere, piatte, inoltre può capitare di frequente di ritrovare le medesime voci in diverse personaggi. D’accordo, viviamo l’era “dell’andare al risparmio” sempre e comunque, ma è meglio non doppiare se bisogna snaturare in questo modo un’opera di buon valore.
Tornando per un attimo al gameplay spicciolo, bisogna fare un plauso alla doppia modalità di guida: Normale o Simulativa. Con la seconda non si ha di certo fra le mani un Assetto Corsa, però è sicuramente più divertente guidare senza gli aiuti del caso, con una fisica un tantino più realistica, cosa che sarebbe gradita anche in GTA V o – per restare con la generazione attuale – Watch Dogs 2, titoli che preferiscono invece l’arcade spinto. Totalmente da dimenticare invece l’IA degli NPC avversari, così come gli elementi stealth del gioco, che danno soltanto l’illusione di poter condurre la storia in modo silenzioso. Tutto troppo facile, tutto troppo semplice, i nemici si attraggono con facilità, i pochi strumenti a disposizione poi rendono ogni assalto uguale all’altro: fischio, uccisione silenziosa, altro fischio, altra uccisione. Anche in virtù del fatto che le missioni secondarie si ripetono in maniera costante, è facile annoiarsi dopo poco, la speranza è che le patch e i DLC del futuro possano portare un po’ di aria fresca.
Mafia III dunque è un titolo pieno di luci e ombre, ha alcuni aspetti realizzati benissimo, altri invece totalmente da rifare, le atmosfere e la colonna sonora però rendono piacevole la giocata casual. È ottimo se preso a piccole dosi, in modo da non sentire la forte ripetitività delle missioni. Giocare al contrario la storia tutta d’un fiato è estremamente più rischioso, un neo che pesa quanto un macigno per uno dei titoli più attesi del 2016. Un titolo che, anche a causa della concorrenza agguerrita, fa fatica a lasciare il segno, seppur resti divertente e assolutamente da provare. Anche soltanto per fare una passeggiata nel tempo, in un’America che appartiene ai libri di storia contemporanea.