Un’edizione dedicata alla potenza del ray tracing quella di Metro Exodus Complete Edition, il titolo della nostra recensione della versione console PS5. Il terzo capitolo della fortunata saga di 4A Games e Deep Silver, ispirata ai libri dello scrittore russo Dmitry Glukhovsky, si rifà il look dopo l’uscita del 2019. Furoni tra i primi a capire le potenzialità del ray tracing e tentare di sfruttarle al meglio. Questa edizione ne è la prova lampante.
Vedere per credere. Le immagini non rendono giustizia verso quello che questa tecnologia di rendering, se sfruttata al meglio, è in grado di creare. Tutto prende una nuova forma e sembra quasi di vedere un qualcosa di profondamente diverso rispetto alla versione “base”. A conti fatti il gioco è lo stesso del 2019, anche se la spinta data dal 4K e i 60 fps si sente. I modelli sono quelli originali, con tutti i pro e i contro che ne derivano. Le espressioni dei personaggi e la mimica facciale sono rimaste, purtroppo per noi, invariati.
Le armi e le ambientazioni sono, invece, un puro godimento. Vedere il mondo che ci circonda attraverso i riflessi del metallo dell’improvvisato – ma dannatamente creativo – arsenale a disposizione, fa di questa versione un vero must. Sino ad oggi titoli che hanno osato puntare così forte sul ray tracing, parlando sempre del mondo console, non ce ne sono molti. Anzi, quasi nessuno.
La scommessa è quella di coinvolgere quanta più gente possibile nel mondo di Metro. C’è aria di un’edizione speciale dedicata alla trilogia, visti i primi due capitoli resuscitati in un edizione REDUX. Il 4A engine il suo lavoro lo svolge egregiamente, non temendo minimante la prima uscita sul campo next-gen. Bisogna lavorare sicuramente sui modelli e sui personaggi in genere, anche perché la nuova generazione ammette pochissimi errori.
Pallottole e parole
Ci si accorge subito quando dietro c’è una storia “che merita”. Se, poi, il tutto viene anche realizzato in collaborazione con lo scrittore dell’alter ego cartaceo della serie, il successo è fisiologico. In un mondo che guarda più al gameplay e meno alla storia, Metro Exodus Complete Edition rappresenta, per noi, una bella boccata d’ossigeno. Vi è, però, un piccolo dettaglio. Una sinergia che dimostra, ancora una volta, la sua efficacia.
Per raccontare servono le parole, questo è indubbio, ma talvolta anche i proiettili hanno il loro perché. La saga di Metro Exodus, forte della sua vena narrativa, ha deciso di creare il giusto mix tra azione e storia. Le cutscene ci sono, ma si mostrano sempre con un tempismo perfetto. Il momento viene raccontato dal contesto degli eventi e ogni sequenza giocata ha la capacità di svelare sempre un pezzo di storia.
La curiosità del buon Artyom ci porterà a scoprire cosa è rimasto della superficie, di quella che una volta era la sua terra natale. Non mancheranno mostri e mutazioni di ogni genere e tipo, ma questa volta il gameplay si apre a una dimensione più “open”. Di fatto i primi due capitoli, Metro 2033 e Metro: Last Light, si svolgevano nel sottosuolo. Questa profondità iniziava a diventare sempre più soffocante per il nostro protagonista che parte alla ricerca di un segnale. La voglia di scoprire ci porterà in un viaggio all’insegna dell’azione e dell’avventura.
La spinta verso questo tipo di approccio arriva soprattutto dal ray tracing e dal mondo circostante che cambia costantemente. La versa forza di questo terzo capitolo parte tutta da qui. Trattandosi di una versione console dobbiamo accontentarci di una versione depotenziata a livello di rendering. Tranquilli, già da sola basta a livello di immersione. Perché, sì, il coinvolgimento, quando si parla di videogiochi, parte sempre dai nostri sensi.
First Person Telling, la narrativa in prima persona
Il concetto di prima persona, nel mondo dei videogiochi, è stato sempre associato al genere degli sparatutto. Assolutamente normale, visto che da Wolfenstein a Doom, la minestra a tavola era sempre la stessa. Spara, corri e ammazza. Cambiano epoche, ambientazioni, armi, personaggi e situazioni, ma il flusso del gameplay è sempre lo stesso. I momenti narrativi vengono sempre vissuti in maniera del tutto separata rispetto al resto del gioco. Della serie “Mettiti comodo che inizia il filmato”.
Metro Exodus Complete Edition, come la serie in generale, dimostra che non deve per forza essere così. Le cutscene ci sono, e qualcuna è anche abbastanza lunga, ma non vengono mai vissute con noia. Il gameplay prosegue con esse, in maniera del tutto naturale. Merito, questo, della direzione generale del gioco e dell’aderenza alla storia originale, per intenderci, quella raccontata nei libri.
Niente è mai fuori posto e tutto segue uno svolgimento lineare, progressivo e mai in grado di annoiare. Sì, lo abbiamo detto prima. Il lato espressivo dei personaggi, in questa edizione potenziata, poteva essere leggermente migliorato. Non dimentichiamoci, però, che quelli di 4A Games hanno un engine proprietario in grado di far girare “alla grande” il ray tracing. Un qualcosa in grado di guardare l’Unreal senza sentirsi inferiore. Nel mondo del gaming sono in pochi quelli che ne hanno uno e lo sanno sfruttare al meglio. Questo, basta, a far capire il potenziale della software house di stanza a Malta.
La trilogia sembra arrivata al capolinea. Un’edizione speciale, in grado di raccogliere tutti e 3 capitoli della serie (e magari con qualche contenuto speciale dedicato, ndr) potrebbe arrivare senza problemi. Noi, invece, puntiamo sul remake. Il 4A engine sembra creato ad-hoc per la nuova generazione. La conquista della “luce” è il primo passo per entrare nella storia del gaming.
In conclusione
Metro Exodus Complete Edition dimostra il reale potenziale del ray tracing, in una versione realizzata appositamente per le console di nuova generazione. Il gap, a livello tecnologico, con il mondo PC c’è, ed è ancora importante se si analizza il solo comparto grafico. Nonostante questo, i 4K e i 60 fps girano bene e senza intoppi. Il 4A engine, dopo aver mostrato i muscoli con l’edizione Redux, conferma di essere in forma anche su next-gen.
Questa edizione “migliorata” arriva dopo il lancio su PC, forte anche dell’utilizzo della DLSS 2.0, tecnologia ad appannaggio delle sole schede grafiche Nvidia. Il termine di paragone, sul mondo console, è invece quello del lancio della versione base del 2019, con un gameplay non cambia di una virgola. Normale, visto che questa edizione ha puntato tutto su una resa grafica potenziata, in grado di creare un contesto di gioco molto più reale. Il fattore immersione, infatti, gode dell’implementazione del ray tracing, forte di un ottima direzione artistica.
I modelli e le animazioni dei personaggi non sono stati compresi dall’ondate degli upgrade. Il tallone d’achille di questa versione resta quello di 2 anni fa e qualcosina, in tal senso, si poteva fare. Tralasciando questo aspetto, il titolo merita parecchio. L’upgrade c’è ed è piuttosto importante. La potenza del ray tracing è in grado di illuminare un gameplay la cui formula, collaudata dalla trilogia, funziona alla perfezione. La scommessa si chiama reboot e noi ci puntiamo sopra.