Le strade di Lakeshore City sono pronte ad ospitare le folli corse di Need for Speed Unbound, il titolo della nostra recensione per console PS5. A circa 3 anni di distanza da Need for Speed Heat ci viene proposto un nuovo capitolo della serie, il 25esimo per la cronaca. EA ritorna all’ovile, affidando lo sviluppo ad una vecchia conoscenza, quelli di Criterion Games.
Inizialmente pianificato per il 2021, il titolo è stato posticipato per non togliere troppa visibilità a Battlefield 2042, scegliendo una finestra di lancio meno affollata (per quanto possibile, ovviamente). Aspettative e responsabilità piuttosto importanti per uno studio che ha già all’attivo 3 capitoli della serie, per non parlare di tutta l’esperienza costruita con Burnout. La strada scelta è quella di uno stile unico, in grado di rompere gli schemi rispetto al passato. Rischioso ma ripagante, al netto delle sentenze dei giocatori. La nostra l’abbiamo lasciata alle parole della recensione di Need for Speed Unbound, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.
COINVOLGIMENTO
Need for Speed Unbound arriva carico di buoni propositi. Da Ghost Games si passa a Criterion Games, restando sempre in casa EA. La formula rispetto ad Heat non cambia molto, ma il contesto è veramente piacevole. Si vede che c’è la volontà di cambiare e puntare a fare qualcosa di diverso, percorrendo una strada “seriale” che manca dai tempi di Underground.
Prime impressioni e interpretazione del genere
Che la musica sia cambiata, rispetto all’ultima uscita sul campo, si capisce sin dalla prima derapata. Il riferimento a Need for Speed Heat non è puramente casuale, anche se il lontano ricordo ci riporta indietro ai fasti della serie Underground, con quel “Yo” style servito in salsa Rap ed Hip Hop. Resta il fatto che Need for Speed Unbound arriva in un momento storico particolare. EA ha ormai conquistato il dominio indiscusso su una moltitudine di IP con tema la simulazione sulle quattro ruote.
Dal rally alla Formula 1, sino a quelle che escono fuori dagli schemi della simulazione vera e propria e sorridono all’arcade. Per certi aspetti non vi nascondiamo che ci abbiamo visto quella carica di eccentricità che contraddistingue Dirt, seppur in maniera molto meno “accentuata”. Dopo la parentesti Ghost Games, il pallino del gioco passa nelle mani di Criterion Games chiamata in causa per dare una scossa alla serie che stava deragliando verso un pericoloso limbo.
Urge segnalare l’assenza di un tutorial degno di questo nome (anche se vi possiamo assicurare che non serve ad una beneamata “fava” visto che il training on the job è perfezionato nel migliore dei modi) e la completa localizzazione del titolo in italiano. Attenzione a questo ultimo aspetto, visto e considerato che non si deve assolutamente dare per scontato con i tempi che corrono. Di solito è la prima cosa che si taglia per ottimizzare i costi di produzione di un videogioco.
Fattore ripetitività e scalabilità livello di difficoltà
Quattro settimane di corse, calendarizzate dal mattino e alla sera, il tutto in due momenti separati e senza un naturale ciclo giorno notte. Vi fate le gare previste, vi guadagnate i soldi, evitate l’arresto (sia in gara che non) e ritornate al garage. Uno schema che viene interrotto solo una volta arrivati alla domenica, dove ritorna la lore del gioco e la storia prosegue alla settimana successiva.
Uno schema che non nasconde lo spettro della ripetitività, interrotto da pochissime attività secondarie e una mappa di gioco che “disperde” delle sfide che non alimentano in maniera significativa le nostre casse. Il bello arriva, invece, dall’AI degli avversari, e in particolare della polizia. Giocato a livello intermedio le gare sono veramente toste e il traguardo del podio non è cosa “scontata” come succedeva in passato nei momenti iniziali del gioco.
A peggiorare la nostra permanenza nelle strade di Lakeshore City ci penseranno gli agenti di polizia, che pattugliano incessantemente ogni cm quadrato delle città. Appena si sconfina verso il livello di allerta 3, evitare la gattabuia diventa “la sfida nella sfida”. Ed ecco che la memoria ci riporta alla bellissima esperienza di Need for Speed Hot Pursuit Remastered, basato tutto su questo aspetto, che torna “a bomba” in Need for Speed Unbound.
CONTESTO DI GIOCO
La serie di Need for Speed, salvo qualche rara eccezione, non ha mai spiccato per storia e personaggi. L’importante è correre, vincere, guadagnare soldi ed acquistare auto. La trama aiuta solo a mascherare questo classico loop, oltre a creare uno stimolo per conoscere come andrà a finire. Sempre che tutto finisca, ovviamente.
Storia e protagonisti
Se pensate di trovare una storia accattivante e di personaggi caratterizzati al meglio, non li troverete di certo in Need for Speed Unbound. Se escludiamo la piccola parentesi del reboot della serie con il capitolo Need for Speed, concepito dagli stessi sviluppatori in ottica “cinematografica”, qui la trama è solo un pretesto per avere degli obbiettivi da raggiungere.
La storia ruota attorno al rapporto tra Alec (il vostro pilota) – e Yaz, due ragazzi tolti dalla strada dal buon Rydell e inseriti nel programma dei lavori socialmente utili. Fortuna vuole che nel Rydell’s Rydes trovano un senso alla loro vita e scoprono la passione per le quattro ruote e per le corse. L’indole delle persone, purtroppo, non si cambia, e il rapporto tra i due si interrompe. Anni dopo si ritrovano, sfidanti per il titolo della “Grand”, una corsa che vede coinvolti i migliori bolidi e piloti di Lakeshore City. 4 settimane e un solo vincitore, sta voi capire chi tra i due la spunterà.
Credibilità rispetto alla serie
Ogni capitolo di Need for Speed vive e muore. Non esiste una lore a puntate o una storia che si sviluppa in episodi. Ci avevano provato, se non ricordiamo male, forse in un lontano passato, generazioni di console fa, senza riscuotere evidentemente un successo sperato. Paragoni rispetto a NFS Heat, il capitolo più vicino a NFS Unbound, hanno poco senso se li intendiamo sotto il profilo storia e personaggi. Entrambi proponevano un contesto “a eventi” ed entrambi lo hanno inteso solo per trovare un pretesto che mascherasse la mera sequela di gare.
Possiamo, invece, evidenziare un aspetto che ci ha particolarmente colpiti come non succedeva da qualche anno a questa a parte al volante con quelli di Criterion Games. La carica di eccentricità e creatività. Tralasciando il comparto artistico, che affronteremo più avanti nella recensione, ci abbiamo visto una precisa volontà di creare un’esperienza degna di questo nome, che esula da quelle previste da un “semplice” simulativo su 4 ruote. Questo intento transita nel gameplay e arriva al giocatore, ed è quello stimolo per tentare di chiudere nel migliore dei modi la sessione di corse e riscuotere bei bigliettoni.
CONTROLLI/GAMEPLAY
Parola d’ordine: arcade. Criterion Games cerca di allontanarsi da quella simil-seriosità voluta da Ghost Games per Heat, ricordando i bei tempi di Hot Pursuit. Derapate ai limiti dell’umana concezione e leggi della fisica liberamente interpretate. Non vogliamo altro che questo dalla serie, altrimenti il rischio è di diventare la “brutta” copia di qualcosa che già esiste.
Feeling, complessità e accessibilità dei controlli
La domanda sorge spontanea: controller o volante e pedaliera? Come evitare un tale interrogativo allorquando si è alle prese con un gioco di guida. Per vostra fortuna siamo in grado di fornirvi una risposta, dopo aver provato il gioco per circa una decina di ore abbondanti, sia con il DualSense che con il Logitech G923. Meglio il primo che il secondo. Il problema è dato dalla non compatibilità di Need for Speed Unbound con il Trueforce, rilegando il dispositivo di guida di Logitech ad un mero volante con vibrazione. Il che diventa poco funzionale quando si affrontano curve in derapata ad altissime velocità.
Al contrario il DualSense fa benissimo il suo lavoro, invertendo la tendenza circa l’inutilità di un controller “old style” in funzione di sistemi di guida dedicati. I trigger adattivi fanno benissimo il loro lavoro, aiutando il giocatore a capire quando e come gestire le derapate, aspetto fondamentale per guadagnare punti extra e prezioso nitro. Le impostazioni base del gioco ci permettono, inoltre, di regolare aspetti ulteriori quali la sensibilità delle levette e la reattività del veicolo. Due facce della stessa moneta che vanno utilizzate con estrema parsimonia.
Un dettaglio c’è che non abbiamo apprezzato in chiave accessibilità, l’assenza di un sistema di indicatori visivi in fase di guida. La navigazione è affidata alla mini-mappa e non direttamente sull’HUD, distogliendo l’attenzione dalla guida per capire che strada intraprendere. Stesso discorso vale in fase di gara, senza fornire alcuna indicazione circa la velocità di arrivo al punto di corda e la modalità di percorrenza della curva.
Struttura del gameplay ed interpretazione del genere
Come anticipato all’inizio della nostra recensione, Need for Speed Unbound prevede una sequela di gare, organizzate di giorno e di notte nel corso di un intera settimana. Dal lunedì al venerdì, salvo piccoli incarichi da portare a termine – come il servizio taxi e la consegna di veicoli – il vostro lavoro di pilota vi porterà confrontarvi in gare di diversa natura e tipologia.
Si passa dal manto stradale alla terra, in circuiti monotematici e alcuni caratterizzati da un elevato grado di promiscuità della superficie. Alcuni sono veloci, ed altri decisamente più tecnici, che si estendono tra contesti urbani e naturalistici. Nonostante le gare siano diverse, nel corso della settimana è facile che vengano proposti circuiti già affrontati in passato, senza alcuna modifica “sostanziale” del tracciato. Questo aspetto è da non sottovalutare quando si incorre in episodi da apatia per ripetitività, visto che ne può alimentare la sua ampiezza e intensità.
Per vincere ci servono auto, tante auto. Per acquistarle ci servono soldi, tanti soldi. Per ottenerli dobbiamo vincere gare, tante gare. Il trio delle meraviglia – auto, soldi e gare – giace alle fondamenta di tutta la struttura del gameplay. Il garage ci aiuta a perfezionare i nostri veicoli con potenziamenti e fix che definiscono una particolare classe del veicolo. Ve ne sono ben 4 – B, A, A+ ed S – e queste servono anche come requisito di accesso per determinate gare.
Vien da se che occorre avere un auto per ogni occasione, in modo tale da poter partecipare alle varie tipologie di gare che ci vengono proposte. All’inizio sarà tosta, soprattutto nel corso della prima settimana, quando girerete con una “bagnarola” (la nostra era un Chevrolet Camaro SS 1967, simile a quella di Toretto nella celebre saga di Fast and Furious).
DIMENSIONE ARTISTICA
Need for Speed Unbound ci porta a sfrecciare tra le strade urbane ed extraurbane di Lakeshore City, con un grado di libertà che ricorda il buon vecchio Forza Horizon. Lo stile è tutto, tentando un approccio rischioso ma che a nostro avviso ripaga bene quelli di Criterion Games. A conti fatti, l’esperienza è decisamente originale. E mi raccomando alle cuffie, vi serviranno “come il pane”.
Ambientazione, stile e fattore immersione
Need for Speed Unbound si svolge all’interno di Lakeshore City, una piccola metropoli americana “di fantasia”, liberamente ispirata a Chicago. La città propone un contesto urbano, caratterizzato da grattacieli ed edifici imponenti, che scemano la loro intensità ma man che dal centro ci si sposta in periferia. Sarà fondamentale sbloccare un numero di rifugi congruo ad evitare di tornare tutte le volte dal buon vecchio Rydell, correndo il rischio di finire dietro le sbarre e perdere quanto guadagnato nel corso delle gare.
Non essendo una mappa monotematica, che comunque offre diverse soluzioni in chiave “open” (ovviamente non siamo ai livelli di Forza Horizon), il fattore immersione subisce sistematicamente dei nuovi spunti di interesse a livello visivo. Ci sono sempre cose da fare. Non si tratta “solo” di andare dal punto A al punto B, fare una gara e passare alla prossima. Lakeshore City è una continua sfida, fornita anche dalla struttura stessa della mappa di gioco, che non è lineare ma articolata su diversi livelli di altezza. Questa consapevolezza aiuta anche in fase di fuga, quando dobbiamo escogitare un modo per far perdere le nostre tracce.
Lo stile è tutto, e questo Need for Speed Unbound ne ha da vendere. La folle idea di mixare il cellshading in stile anime (tecnica vista in Dragon Ball Z: Kakarot, Tiny Tina’s Wonderlands e Tales of Arise) con dei modelli poligonali moderni e in 4K, è stata semplicemente geniale. Eravamo titubanti all’inizio, anche perché in tutta onestà siamo restii a degli esperimenti “anacronistici”. Rispetto alla serie, però, è quella eccezione che conferma la regola, un chiaro segnale della volontà di rompere gli schemi e dare libero sfogo all’estro creativo.
Grado di definizione grafica e livello di realismo
Transitiamo nelle zone “hot” di ogni titolo, quelle che talvolta decretano la fine di un gioco dopo nemmeno la prima ora di gameplay. Per carità, Criterion Games ci ha sempre abituati più che bene in passato, e non è un caso che EA li abbia richiamati in causa per lo sviluppo di Need for Speed Unbound. Evidentemente un palmares che li ha visti coinvolti in ben 3 capitoli della serie sono un bel biglietto da visita. C’è però da dire una cosa: ora come allora, sotto il profilo grafico dobbiamo solo chinare il capo ed apprezzare il grande lavoro svolto.
Il “solo” rammarico è quello di aver insistito in un ciclo “giorno/notte” spezzato in due fasi e non fluido come succede negli open world. Ci siamo persi delle fughe per la libertà al tramonto piuttosto che all’alba, con la photo mode che piange questa occasione persa. L’illuminazione globale è “quasi” perfetta. Alcune defezioni, purtroppo, le dobbiamo segnalare quando si passa controluce nelle gallerie con dei veri e propri “muri” di colore nero. La città, così come i veicoli, si riflette nei numerosi specchi d’acqua regalati dalla pioggia.
E il tutto girà perfettamente in 4K e 60fps, senza mai aver assistito a fastidiosi episodi di lag. Certo, da qualche parte si doveva risparmiare, altrimenti col cavolo si garantivano queste cifre. Premesso che gran parte degli elementi presenti nei tracciati – e sulla mappa in genere – sono soggetti a distruzione, le animazioni non sempre sono realistiche. Alberi e cespugli che si sbriciolano in poligoni poco “naturali” e veicoli i cui danni si limitano e delle leggere ammaccature e qualche vetro rotto.
Colonna sonora ed effetti audio
Da sempre punto di forza dell’intera serie, anche Need for Speed Unbound non si esime da questo ardua responsabilità. Pezzi che alimentano la nostra voglia di correre, derapare e sverniciare le fiancate di chi ha pensato, anche solo per un istante, di poterci soffiare il primo posto. Considerate che anche questo aspetto, seppur in maniera minimale (anche se non ne siamo tanto convinti) alimenta il serbatoio del fattore immersione. D’altronde immaginatevi voi alla guida di uno tra i 143 bolidi a disposizione con le note di Shittin’ Me a tutto volume.
Sul fronte effetti sonori, non possiamo dirvi con certezza che il rombo dei motori sia lo stesso delle compagini reali, ma è difficile identificarne uno uguale all’altro. Dettaglio che, se degnamente cuffia-muniti, può essere determinante per ricaricare la vostra voglia di vincere. Per “degnamente”, visto che la presente recensione è dedicata alla versione PS5, parliamo di cuffie Audio 3D, visto e considerata la piena compatibilità con tale tecnologia. Rispetto a NFS Heat, siamo già ben più avanti sotto il profilo esperienziale, con i cavalli che fanno vibrare i timpani.
INTRATTENIMENTO
Se vi state chiedendo se Need for Speed Unbound è “twitchabile” la risposta è decisamente un SI. La presenza del comparto multigiocatore accende tutta la nostra competitività, quella che ci porta ad imprecare quando il primo posto sfuma davanti ai nostri occhi. Si vince e si perde, anche se in live è più auspicabile il primo dei due.
Modalità di gioco e rigiocabilità
Need for Speed Unbound offre due modalità di gioco. La storia offre un esperienza single player senza alcuna apertura verso la condivisione con il mondo esterno. L’unico aspetto è la presenza dell’account EA Play utile alle leaderboard e all’aggiornamento delle informazioni del profilo. Ma non vi sono richieste di aiuto di altri giocatori e né la presenza di “ghost car” che attendono una sfida. Solo voi, il controller e il gioco. Capite bene che, una volta arrivati ai titoli di coda, la voglia di ricominciare il gioco daccapo – magari ad un livello di difficoltà più alto – non sarà sicuramente una cosa a cui opterete molto volentieri.
Discorso diverso vale per la modalità Online. A conti fatti, farete le stesse cose del single player, ma con l’eccezione di partecipare a sessioni di mathcmaking in server da massimo 16 giocatori. La playlist delle gare non include, al momento in cui scriviamo la presente recensione, le staffette ma tutte le altre tipologie di gare sono presenti. Ogni gara può contenere al massimo 8 giocatori “umani”, con possibile completamento della run da parte degli NPC.
Feature multigiocatore e predisposizione allo streaming
La modalità Online di Need for Speed Unbound fornisce delle valide motivazioni quando si arriva al famoso endgame. In verità è anche un modo per uscire “dal solito” proposto dalla modalità Storia e fare qualcosa di diverso. Se si è all’interno di un gruppo di 4 amici, poi, il divertimento è assicurato. Si va di party e via, anche fruendo della funzione Crossplay attiva. Unico aspetto da curare è la presenza all’interno di EA Friends per abbattere le barriere tra le console.
Di fatto questa sua naturale predisposizione ad un’esperienza condivisa, unita al forte spirito competitivo della modalità multigiocatore, rende Need for Speed Unbound un candidato perfetto per delle intense sessioni di streaming. Al momento non segnaliamo la possibilità di bypassare le problematiche di copyright delle canzoni e il mascheramento dei nomi degli account dei giocatori. Non escludiamo, però, che in un futuro prossimo (e non troppo remoto) tali feature vengano rese disponibili tra le opzioni.
In conclusione
Ancora con il ricordo “fresco” di Heat, l’esperienza di Need for Speed Unbound ci ha piacevolmente sorpreso. Poteva essere un “more of the same” a cui siamo abituati nei titoli con frequenza episodica ed invece siamo rimasti fregati. Il merito va a Criterion Games che ha voluto interrompere alcune pericolose tendenze del passato, con delle sane iniezioni di creatività ed originalità che oggigiorno sono cose assai rare.
Alcuni annosi problemi sono insiti nella struttura stessa del gameplay. La fisiologica sequela di gare viene opportunamente “mascherata” da una trama effimera e poco convincente. Non è quella che fa la differenza, sicuramente. Cosa che, invece, non possiamo dire del comparto artistico, assolutamente degno di nota. Natale è vicino, e Need for Speed Unbound può far felice grandi e piccini.