NieR: Automata – Valutare un videogioco autoriale equivale ad improvvisare un ballo dentro un campo minato, un luogo oscuro e pericoloso in cui i grigi e la tolleranza scompaiono. Senza dubbio, un prodotto in cui l’autore lascia la propria marcata impronta stilistica presenta degli elementi, anche esterni, che chi giudica deve tenere assolutamente in considerazione; ciò non toglie che, oltre a tali fattori, il videogioco ha per definizione delle costanti “grammaticali”, a prescindere dalla struttura, dal genere, dal periodo di rilascio, giudicabili in quanto tali e prescindendo gli intenti personali dell’autore.
NieR:Automata è il più recente lavoro di Yoko Taro, un geniale quanto bizzarro artista che ha raggiunto “le masse” solo di recente grazie alla diffusione del medium videoludico, ma i cui lavori si susseguono ormai da oltre dieci anni, spaziando dai videogiochi, ai musical, alle novel. Seppur con nomi diversi, ogni opera di Taro ha legami e citazioni con le altre e crea un disegno complessivo sicuramente grandioso, ma anche estremamente arduo da seguire e comprendere.
È possibile apprezzare NieR:Automata come titolo stand-alone, comprendendone storia e messaggi, ma non si può negare che i riferimenti all’originale NieR e alla saga Drakengard siano così presenti da lasciar “sprecato” un buon 40% del contenuto di NieR:Automata.
2B or not 2B?
È questo il punto di svolta della recensione: per giudicare un titolo simile, è davvero indispensabile conoscerne a menadito retroscena e “cosmologia”? La risposta è meno scontata di quanto si possa credere, o gran parte delle recensioni di qualunque forma espressiva oltre al videogioco (cinema, narrativa, teatro) perderebbero buona parte del proprio valore.
Conoscenza, competenza ed esperienza sono fondamentali in sede di giudizio, ma non bisogna mai dimenticare il pubblico a cui si sta rivolgendo la recensione: la nicchia di reali, appassionati fruitori delle opere di Taro non sentiranno quasi sicuramente il bisogno di un’opinione esterna, dato che in caso di giudizi positivi avrebbero un’ennesima conferma, mentre vivrebbero con estremo scetticismo qualunque critica mossa al videogioco.
Per questa ragione, la recensione deve puntare a un giudizio e a un pubblico il più possibile globale, per rendere l’opera informativa quanto più diffusa e comprensibile all’utenza “ignorante” che ha bisogno di capire cosa, concretamente, si troverà davanti una volta avviato il software, senza approfondimenti editoriali interessanti, ma secondari.
Un gioco che confonde, ancor prima di piacere
Nel caso vi fossero ancora dubbi, NieR:Automata è un gioco controverso, in grado di affiancare le proprie eccellenze a delle gravi mancanze, soprattutto dal punto di vista tecnico. Seguito “spirituale ma non troppo” di NieR, NieR:Automata ibrida al suo interno diversi generi videoludici, dall’hack ‘n slash, al bullet hell, allo sparatutto a scorrimento, proponendo un gameplay dinamico, vario, sempre fresco.
Il livello medio di difficoltà è piuttosto basso rispetto alle controparti hardcore di quelle tipologie di giochi, ma è possibile selezionare la difficoltà desiderata per ovviare alla cosa, garantendo un buon livello di sfida per tutti.
I vari tipi di attacchi sono collegabili da combo, diverse in base all’arma selezionata, al personaggio che la impugna ed ai potenziamenti installati. Varietà e profondità non raggiungono i fasti di mostri sacri come Devil May Cry, ma il lavoro di Platinum Games è riuscito a portare sugli schermi dei giocatori degli scontri sempre coreografici ed appaganti.
La gestione degli equipaggiamenti e delle abilità permette sia di scegliere un approccio preferito, dando priorità ad esempio ai colpi veloci sulla corta e media distanza, che di modificarlo in tempo reale durante i combattimenti. Il risultato finale è un gioco che rischia di sembrare né carne né pesce e con qualche sbilanciamento di troppo, ma innegabilmente divertente nella sua “rusticità”.
Anche l’occhio vorrebbe la sua parte
L’aspetto meno riuscito di NieR:Automata è quello grafico, a dispetto di un design particolare e associato a una palette cromatica inusuale: freddi colori pastello, miscelati al bianco e nero, pronti a stupire lo spettatore con l’inaspettata abbondanza di rosso, trovano posto in ambienti scarni sia per texture che per densità poligonale.
I protagonisti del gioco posseggono animazioni dettagliatissime e le cutscene in-game hanno una delle regie più particolari di questa generazione videoludica sia per stile, che per contenuti, che per stile comunicativo; eppure, i giocatori meno emotivi e più pragmatici potrebbero davvero amareggiarsi davanti a un risultato finale che, salvo i già citati picchi qualitativi, si mantiene sul livello di un titolo cross-gen, con texture abbondantemente old-gen.
A tutto ciò si sommano i frequenti cali del framerate, presenti durante l’esplorazione delle mappe sia nella versione console che in quella PC del titolo; per fortuna, anche gli scontri più “affollati” risultano stabili e non scendono mai sotto i 40fps, garantendo quindi battaglie fluide e veloci, con comandi reattivi.
Il musical nel videogioco
A differenza della grafica, il comparto audio di NieR:Automata si attesta su livelli a dir poco artistici: fin dall’ottimo doppiaggio giapponese ed inglese, è possibile cogliere la cura e il peso dati dalla narrativa a ciò che viene detto e ascoltato. Non è un caso che buona parte delle tracce presenti siano corali, di fortissimo impatto soprattutto durante le boss fight e pensate ad hoc per le singole situazioni, al punto da trasformare le battaglie in vere e proprie danze coinvolgenti. La presenza di un cantato durante le fasi esplorative potrebbe risultare leggermente invadente, ma nell’insieme la colonna sonora è sempre più che azzeccata.
Tra religione e senso della vita
L’aspetto più controverso del lavoro di Yoko Taro è sicuramente lo stile narrativo: qui, l’impronta autoriale si sente in maniera davvero marcata, al punto da spaccare la community a metà tra esaltazione e disgusto.
Oltre ai numerosi finali (uno per ogni lettera dell’alfabeto e alcuni meno “seriosi” di altri) NieR:Automata offre tre route principali, per vivere gli eventi di trama da punti di vista differenti. L’idea quindi di “dover finire il gioco almeno tre volte prima di capire qualcosa” è fuorviante, dato che ogni route offre qualcosa in più rispetto alla precedente.
Il problema può presentarsi nel caso in cui il giocatore ritenga quel “qualcosa” non sufficiente per le 10 – 15 ore di gioco necessarie a concludere nuovamente la partita. In questo caso ci si incastra in una doppia soggettività: quella dell’autore e quella, ovviamente, del fruitore.
Non è possibile stabilire oggettivamente se un approccio narrativo su questa falsariga sia “giusto” o “sbagliato”, in quanto davvero particolare, se non unico. Gli eventi e i dialoghi mostrati a schermo presentano una crudezza brutale e senza fronzoli, con mai una frase o una parola di troppo.
Il gioco Tsundere
Come già accennato, il forte citazionismo alle opere precedenti dell’autore rende criptiche molte delle figure all’interno della storia, per quanto lo svolgimento complessivo degli eventi rimanga perfettamente comprensibile.
Lo stile narrativo di Taro è sicuramente la discriminante che può far la differenza fra l’amore e l’indifferenza del giocatore, e non può essere ignorato; da una parte si ha il coraggio dell’autore di affrontare temi “caldi” e pesanti senza porsi limiti, senza il giogo imposto a produzioni “Tripla A” e “di massa” ma, come è inevitabile che sia, l’assenza di vincoli a cui adeguarsi lo ha portato a preoccuparsi più di “farsi piacere” il proprio gioco, piuttosto che a “farlo piacere”. NieR:Automata è un titolo introverso, che escluso il giapponesissimo (e a tratti volutamente ridicolo) fanservice, sembra ignorare il proprio pubblico.
NieR:Automata rifugge con prepotenza quasi ogni canone di “gioco per il grande mercato”; può essere odiato da molti, apprezzato da tutti e amato da pochi. I virtuosismi e il ritmo narrativo lo rendono un prodotto particolare, sicuramente unico nel suo genere nel panorama console di questa generazione. Onde evitare delusioni, prima di qualunque acquisto il giocatore dovrebbe aver ben chiaro lo stile dell’autore e la sua espressività sopra le righe, non per tutti i palati.