Per determinare il successo di un prodotto, la qualità a volte non basta. Odin Sphere fu sviluppato da Vanillaware e pubblicato nel 2007 su Playstation 2 da Atlus, quando ormai la parabola vitale della console era entrata in fase discendente. Come se ciò non bastasse, il titolo nacque già “vecchio”: un sistema di combattimento spietato sin dai primi livelli, nemici aggressivi, menù poco intuitivi e dal funzionamento macchinoso condannarono Odin Sphere a rimanere un gioco di nicchia, nonostante la trama interessante e l’estetica accattivante. Per fortuna, Vanillaware e Atlus hanno deciso di non lasciare morire nel silenzio un lavoro dal così alto potenziale ed è così che, il 24 giugno di quest’anno, il remake Odin Sphere Leifthrasir ha raggiunto gli scaffali fisici e digitali di Playstation 3, Playstation 4 e Playstation Vita.
La prima cosa a saltare all’occhio è il miglioramento del comparto grafico, ora in alta definizione e con sprite coloratissimi e disegnati a mano, che godono di movimenti più fluidi (fino a 60fps su Playstation 4) ed animazioni aggiuntive. Tuttavia, ancor più dei nuovi nemici e delle nuove mappe, la sostanziale e più importante differenza è data dal gameplay, ricostruito praticamente da zero, per regalare un’esperienza di gran lunga più semplice – a volte, forse, anche troppo – ed accessibile: se nel titolo originale era quasi indispensabile imparare a memoria le ondate nemiche degli schemi più avanzati, adesso il proseguimento nel gioco è assai più scorrevole ed è possibile finire il gioco al livello 50 senza contorte strategie. Per i giocatori più hardcore (e masochisti) però, Leifthrasir concede la gioia di poter ancora usufruire della Modalità Classica, ovvero una versione del gioco con salvataggi separati rispetto al remake e che ricalca in ogni aspetto il gioco del 2007, eccezion fatta per la grafica.
Come lo stesso nome suggerisce, Odin Sphere Leifthrasir fonda la propria cosmologia ed estetica ispirandosi alle mitologie nordiche e norrene, sia per quanto riguarda i nomi che per molti degli eventi di trama, pur riuscendo con gran classe a non cadere nel banale, affiancando la “classicità” ad una storia originale. Il tono della narrazione è fiabesco e pieno di buoni sentimenti, ma non mancano i momenti forti e commoventi. I cinque protagonisti che il giocatore controllerà vivono e partecipano ai medesimi eventi, ciascuno dal proprio punto di vista; questo, se inizialmente può risultare confusionario, riesce invece a creare un quadro complessivo molto più articolato, maturo ed oggettivo di quanto avrebbe potuto fare una narrazione singola, visto che lo scopo ultimo di Odin Sphere è proprio quello di mostrare come non esista un “vero cattivo” se non quello dettato dalle circostanze e dalla posizione politica e morale di ciascuno.
È encomiabile come Vanillaware sia riuscita nell’intento di non rendere noiosa o ripetitiva la trama, pur ripresentandola per ben cinque volte da diverse angolazioni: questo perché ogni capitolo fornirà tasselli per comprendere sempre più a fondo le motivazioni di ciascuna fazione e personaggio, anche quelli che inizialmente potevano apparire più banali e secondari. Ciascuna storia è suddivisa in sei capitoli da sei atti più un epilogo e, una volta portate a termine le cinque avventure, un capitolo conclusivo ed uno opzionale dopo i titoli di coda. Le mappe sono composte da piccole arene, rettilinee o circolari, ciascuna delle quali prevede uno stage in cui una o più orde di nemici o un mini boss da sconfiggere, con tanto di punteggio finale, grado e ricompense una volta portata a termine la mattanza.
Trattandosi di un action RPG bidimensionale, ad un primo impatto si potrebbe erroneamente credere che il gameplay risulti limitato, mentre le possibilità a disposizione del giocatore sono delle più svariate: attacchi base, tecniche attive e passive, magie e pozioni alchemiche renderanno la vita dei mostri un vero inferno.
Ciascun personaggio giocabile ha anche stili, abilità, pro e contro differenti, al punto da rendere ogni campagna un’esperienza completamente nuova per via del radicale e necessario cambio di approccio. Purtroppo, però, tranne un paio di boss unici per ciascun personaggio, nemici ed ambientazioni rimangono sempre uguali e questo potrebbe effettivamente minare la voglia di proseguire nel gioco. Il potenziamento degli eroi risulta molto particolare, dato che il level up verrà indotto dal cibo e non dall’esperienza raccolta sconfiggendo avversari; questi ultimi rilasceranno invece fozoni, una fonte energetica necessaria per rafforzare le abilità dei protagonisti e far crescere i semi di verdure e piante da frutto, indispensabili per la creazione di ricette sempre più complesse. Il resto degli ingredienti saranno recuperabili sia dalle creature affrontate che, in maniera più costosa ma meno cruenta, dai vari mercanti.
Leifthrasir riesce nell’intento di svecchiare il titolo originale, rendendolo godibile anche dopo un decennio e mantenendone intatta l’identità anche nel rinnovamento: a livello tecnico il lavoro è stato egregio ed ha risolto i fastidiosissimi e frequenti cali di framerate presenti nella versione Playstation 2. In conclusione, Odin Sphere Leifthrasir è un validissimo esponente degli action RPG grazie al suo combat system, che ricorda da vicino i primi Tales of, un sistema di sviluppo dei personaggi semplice ma efficace, un design accattivante e una trama ispirata. Peccato solo per gli effetti sonori, pochi e troppo ripetitivi per un gioco che nelle sue cinquanta ore e passa di durata è fondata per due terzi proprio sui combattimenti. Anche le musiche, per quanto belle (e composte da Hitoshi Sakimoto, già autore dell’OST di Final Fantasy XII), sono in numero davvero ridotto e non rimangono particolarmente impresse.
Odin Sphere Leifthrasir è la storia di una profezia e di cinque eroi che, in una maniera o nell’altra, scopriranno che il Bene ed il Male sono solo una questione di punti di vista: si tratta di una fiaba piena dolcezza, amore e bontà (ma anche di morte, tradimenti e patti demoniaci) in grado di insegnare qualcosa anche ai non più giovani, un acquisto consigliato tanto ai nostalgici dei “GDR di un tempo”, quanto a chi ha giocato il titolo originale e che con le notevoli modifiche apportate al gameplay potrebbe godere di un’esperienza praticamente nuova.