Un passato da precursori e visionari ed un presente da “normali” e già visti, questo è il destino che è toccato ad Outcast – A New Beginning. Il nuovo inizio, così come recita il titolo, è rimasto solo sulla carta. Un remake mascherato da sequel che riprende il filo conduttore delle vicende iniziate a ridosso del 2000, che vede il ritorno di Cutter Slade, questa volta nei panni di un messia salvatore (e non più come improbabile giustiziere). Abbiamo apprezzato, invero, la volontà degli sviluppatori storici di Appeal Studios – riunitisi per la realizzazione di questo nuovo capitolo della saga – di non snaturare troppo il gameplay, ma si poteva fare molto di più in ogni aspetto del gioco.
Il gioco, infatti, soffre terribilmente di alcune problematiche tecniche lato frame sync (che, per quanto sappiamo noi, sono in corso di investigazione e risoluzione) che minano, in maniera importante, l’esperienza. Le animazioni dei vari personaggi lasciano il tempo che trovano e si presentano anacronistiche e superate. Discorso analogo per la resa finale delle cutscene e del modello di somministrazione utilizzato, che le fa apparire buttata lì a caso e senza un contesto (oltre al fatto che interrompono il flusso di immersione nel giocato).
Bene, invece, la lore e la realizzazione del mondo di gioco, per quanto le libere ispirazioni ci sono e sono anche gradite. Si capisce che c’è un background e una storia che ha delle fondamenta, ma chi atterra, per la prima volta, dalle parti di Adelpha viene inghiottito in una spirale di confusione di termini ed eventi che vengono dati per scontato (e che poi, fortunatamente, vengono spiegati nel corso del gioco). Bene, senza proseguire oltre vi lasciamo alle parole della nostra recensione di Outcast – A New Beginning, titolo provato su console PS5.
Un passato da precursori, un presente da “normali”
Chi di voi conosce Outcast, il gioco uscito nel 1999 sviluppato da Appeal ed edito da Infogrames? Pochissimi, tendenti al quasi nessuno. Eppure, la generazione dei gamer con qualche capello bianco si potrà ricordare di come un Signor Nessuno venne osannato dalla critica per il suo saper essere fuori dagli schemi per l’epoca. Un precursore dei moderni open world, che all’epoca forse era troppo avanti rispetto alle tendenze del momento in materia di gaming. Una mappa esplorabile senza apparenti confini in grado da stimolare curiosità ed interesse verso le dinamiche esplorative, condite con delle sane iniezioni di puro action.
Se l’affrontiamo sotto questi due aspetti, il nuovo sequel/remake non cambia di molto le carte in tavola. Outcast – A New Beginning si fa forte del potenziale delle console di nuova generazione (anche se non lo sfrutta nel migliore dei modi) e prosegue su quella strada tracciata circa 20 anni orsono. Cutter Slade torna, ancora una volta, sul pianeta Adelpha, il medesimo che lo ha visto protagonista in passato. Questa volta, però, la sua non è una missione di recupero/salvataggio di suoi simili, ma sembra resuscitato dalle divinità che proteggono questo meraviglioso pianeta. Nella confusione iniziale (che perdura per diverso tempo nelle battute iniziali del gioco), si capisce che il punto di vista è cambiato, con l’invasore umano che sta “succhiando” via la linfa vitale del pianeta. Da oppressori a salvatori, è facile finire tra l’incudine e il martello, ed è quello che succede al buon Cutter Slade, che dovrà scegliere da che parte stare.
Non vi nascondiamo che abbiamo fatto fatica a raccordarci con la lore di Outcast – A New Beginning, anche perché non ricordavamo una fava di quello che è stato. Apprezzabile il fatto che il team storico di Appeal Studios si sia riunito per dare alla luce un nuovo capitolo della serie, ma senza la visione dei dev diary pre-lancio brancolavamo nel buio più totale. Per carità, nel corso del gioco alcune cose vengono riprese e spiegate, ma di primo impatto la confusione ci ha preso letteralmente “a schiaffi”.
Outcast – A New Beginning – Un open world con delle potenzialità non espresse
La grossa fatica al giorno d’oggi è quella di inquadrare, prima di mettere fisicamente le mani sul gameplay, quello che sarà il gioco nella sua forma finale. Outcast – A New Beginning si è presentato a noi, per volontà stessa dei suoi creatori, in maniera chiara e cristallina. Per la prima volta dopo diverso tempo ci sono stati forniti, nei momenti che precedevano il lancio, una serie di video dettagliati che spiegavano il mondo di gioco e il gameplay, fornendo una serie di tips&tricks per sopravvivere su Adelpha. La visione di questi video ci ha permesso, non solo di chiarire molte zone d’ombra, ma anche di essere subito pronti a raccontarvi meglio la nostra esperienza.
Il gameplay viaggia a metà tra la componente esplorativa e quella RPG/action. Lo abbiamo fatto in passato e non ci esimeremo nemmeno di farlo in questa occasione, scivolando agevolmente in qualche paragone autorevole. Le ispirazioni ci sono, anche se abbiamo messo le mani avanti prima dicendo che la saga ha già un suo trascorso. Se avete giocato ultimamente a Horizon Forbidden West ed Avatar Frontiers of Pandora noterete degli elementi di continuità lato esperienza (e se li avete apprezzati, vi troverete a vostro agio).
La dimensione della mappa è modesta ma apprezzabile, con la possibilità di effettuare dei viaggi rapidi una volta svelate le città ed avamposti. Il nostro Cutter Slade si muoverà solo all’inizio in maniera lenta e goffa nelle pittoresche ambientazioni, sbloccando nel corso dell’avventura nuovi gadget tra cui l’hover board e la tuta alare. Restando sull’argomento “sbloccaggio” le tecnologie degli umani e quelle degli autoctoni vi aiuteranno a sviluppare il potenziale inespresso ed essere progressivamente più competitivi con l’incedere delle ore di gioco.
La componente action, purtroppo, arranca e in male modo. Il sistema di puntamento dei nemici è superato già da qualche generazione, con un lock system tanto facilitato quanto invalidante sotto il profilo della sfida. Basta andare in mira e “miracolosamente” il proiettile prende la direzione del bersaglio. Analogo discorso per le animazioni dei personaggi, che definire legnosi è un mero eufemismo. Passi il voler restare aderenti ad alcuni assett del gioco “storico”, ma i 20 sono passati e la tecnologia è giustamente (e fortunatamente) andata avanti.
Un livello tecnico che “scricchiola”
Giungiamo alle battute conclusive di questa nostra recensione di Outcast – A New Beginning spostando l’attenzione sul livello tecnico generale del gioco. Al netto delle ultime patch uscite – che non ci sembrano aver fatto dei miracoli ma solo dei lievi miglioramenti – vi sono delle problematiche invalidanti ai fini dell’esperienza. Prima su tutti il frame sync, completamente fuori fase. Ogni qualvolta si presentano dei cambi di scena – che sia un semplice rotazione della camera o anche le apparizioni di nuovi NPC a video – si assiste ad una fastidiosa “vibrazione” a seguito di interpolazione dei frame. Ad una certa, gli occhi iniziano a stancarsi più del dovuto, con un conseguente calo di attenzione e di interesse.
Anche le cutscene non sembrano per nulla ottimizzate. Al netto di una capacità espressiva dei vari personaggi pari a zero, le sequenze non mascherano la banalità delle situazioni messe in scena, con dei tagli netti che peggiorano la qualità generale dell’intermezzo. E giusto per scivolare sul bagnato, talvolta l’estrema vicinanza tra di loco rovina quel poco di buono che si era costruito sul fronte immersione.