A prescindere dalla propria nazionalità, un videogiocatore appassionato di JRPG non potrà non conoscere la longeva saga dei Shin Megami Tensei. Persona 5 è il quinto titolo (esclusi i numerosi e sempre godibili titoli paralleli, privi di numerazione) del più apprezzato spin-off del brand, rilasciato in Giappone nel 2016 in concomitanza del ventennale dall’uscita di Revelations: Persona su Playstation.
Nonostante il mercato videoludico sia ormai pressoché globalizzato e punti a date di uscita contemporanee in tutto il mondo, Persona 5 è arrivato in Occidente praticamente un anno dopo dal rilascio giapponese, preceduto da una – più che meritata – aura di adorazione e perfezione, che ha reso gran parte delle recensioni americane ed europee un surplus al giudizio che la community aveva già ben chiaro in mente da mesi.
Persona 5 è la dimostrazione di come un genere ormai in declino, quale il JRPG a turni, possa innovarsi e adattarsi al mercato odierno, perennemente ammiccante verso tutto ciò che è action e button-smashing; non rinnegando la propria natura, Persona 5 alleggerisce molte meccaniche tipiche del genere, rendendole più user friendly, ma non per questo meno profonde e, contemporaneamente, mantiene la propria inconfondibile identità all’interno dell’immenso panorama dei JRPG.
Più di qualunque Shin Megami Tensei, i Persona hanno presentato sempre una forte componente dating sim/social: fondere le varie creature (i Persona, appunto) per generarne di più potenti non basta, le interazioni tra protagonista e comprimari sono indispensabili per la creazione di un party efficace. Tutto questo comporta però un’enorme mole di dialoghi ed eventi “mondani” a cui partecipare durante l’avventura, per la maggior parte opzionali, ma troppo utili per essere ignorati e che “annacqueranno” il ritmo di scontri e trama principale con slice of life e simpatici siparietti comici.
Va da se che questa caratteristica dei Persona, pienamente presente nel quinto capitolo, è talmente insita nella natura stessa del brand da non poter essere considerato un problema, anzi: la sua realizzazione in Persona 5 è magistrale, la libertà di scelta offerta al giocatore pulsa di role-play con un’intensità sconosciuta ai GDR moderni e dialoghi, eventi e personaggi riescono a coinvolgere fin dai primissimi minuti.
Nonostante Playstation 4 stia vivendo l’arco finale della propria “carriera”, Atlus ha comunque pubblicato Persona 5 come titolo cross-gen, sia per quest’ultima che per la precedente Playstation 3; inoltre, i meno avvezzi alla lingua inglese avranno una pessima notizia, dato che la localizzazione italiana non è presente né nel parlato né in menu e sottotitoli.
Questi due aspetti sono ciò che più si avvicina a dei difetti in Persona 5, pur senza diventarlo. Atlus non è nuova al rilascio di titoli sprovvisti di lingue diverse da inglese e giapponese e il gioco, nonostante non sforzi al massimo la piattaforma su cui gira, risulta visivamente impressionante: design, colori e animazioni sprizzano stile da ogni pixel e regalano una caratterizzazione indimenticabile a menu di gioco, ambientazioni, protagonisti e creature alleate e avversarie.
Il comparto sonoro non è da meno, con musiche orecchiabili (quando non indimenticabili) e sempre in linea con le atmosfere e dialoghi doppiati ottimamente sia in giapponese che in inglese, piacevoli da ascoltare anche dopo decine e decine di ore di gioco.
Come già accennato, l’aspetto narrativo di Persona 5 è un elemento imprescindibile dall’esperienza complessiva: a dispetto di un incipit adrenalinico e dalle tinte dark/oniriche, infatti, la narrazione alterna situazioni drammatiche e cariche di tensione a momenti di calma e pacata quotidianità, che permettono di conoscere ed affezionarsi al silenzioso protagonista e ai suoi amici e compagni d’avventura. La trama prevede dei classici banter “a là giapponese”, carichi dei cliché a cui il mondo nipponico ci ha abituati, ma non mancano i colpi di scena e situazioni particolarmente crude e spietate, soprattutto per un titolo che porta un PEGI 16 sulla confezione.
Se per almeno il 60% del tempo i giocatori trascorreranno le giornate in game chiacchierando, facendo shopping, annaffiando piantine e perdendo sanità mentale all’arcade, il gameplay di Persona 5 è tutto fuorché secondario. L’esplorazione dei vari dungeon si fonde perfettamente con i numerosi scontri a turni in cui lo stile folle e pop esplode in un tripudio di colori.
La curva di difficoltà è onesta e solo le battaglie opzionali potrebbero risultare particolarmente spietate; di contro, poter selezionare il livello di sfida consente anche ai meno avvezzi al genere di apprezzare Persona 5 senza troppi picchi di frustrazione. Gli scontri prevedono l’alternanza di turni alleati ed avversari, durante i quali sarà possibile compiere un numero di azioni sempre maggiore, tra magie, abilità fisiche, impiego di armi da fuoco e corpo a corpo, oggetti e molto altro; portare a segno un attacco particolarmente efficace contro il nemico dona una mossa extra, viceversa un errore nella strategia potrebbe far perdere numerosi turni e rendere una carneficina anche gli scontri all’apparenza ordinari.
I Persona, in questo titolo, rappresentano la vera natura dei protagonisti, che una volta riusciti a risvegliarla otterranno abilità uniche, così come punti deboli che il giocatore dovrà tenere a mente; Joker, il personaggio principale, è l’unico in possesso del potere della Blank Card, che gli consente sia di possedere più di un Persona per volta che di fonderli fra loro per ottenere entità sempre più potenti.
Il solo discutere i vari metodi di fusione tra i centinaia di spiriti disponibili richiederebbe un articolo a parte, così come delle combinazioni delle abilità di ciascun personaggio e Persona, direttamente influenzate dal livello di affinità del protagonista con questi ultimi. Ciò che è certo è che Persona 5 è pienamente riuscito nell’intento di snellire quegli elementi che oggi potrebbero davvero stuccare, come la presenza opprimente (sic!) degli incontri casuali nei titoli precedenti, senza però sminuire la componente tattica delle battaglie, sempre coinvolgenti grazie alla combo perfetta di estetica, musicalità e strategia.
Ciliegina sulla torta, Persona 5 eccelle anche nel fattore longevità, dato che la durata media di una partita, completismo escluso, raggiunge facilmente le 80-90 ore, tempo che riesce a più che raddoppiare nel caso si punti alla massimizzazione dei rapporti coi compagni di squadra e delle caratteristiche individuali di Joker… Per non parlare delle missioni opzionali e della raccolta di ogni singolo Persona disponibile, il più potente dei quali è ottenibile solo durante una Nuova Partita +.
Persona 5 nasconde i propri limiti grafici da titolo cross gen grazie allo stile e al design accattivante e si fa perdonare la mancata localizzazione italiana con la sua narrazione sempre fresca e coinvolgente; di certo rimane un titolo “pesante” per chi non è un estimatore seriale dei JRPG vecchio stampo, ma la mole di dialoghi e il monte ore necessario per completarlo non devono apparire come difetti od ostacoli, bensì come conferme della sicurezza che Atlus nutre nei confronti del fortunato brand, ritenuto in grado di sostenere lo spietato mercato moderno senza scendere a compromessi e risultando un titolo praticamente eccellente sotto ogni punto di vista.