Rise of The Ronin: recensione su PS5

-

Team Ninja e Koei Tecmo ci portano alla scoperta di un pezzo di storia del Giappone con Rise of The Ronin, il titolo di questa nostra recensione per console PS5. Una dimostrazione di maturazione quella a cui abbiamo assistito in questa loro ultima uscita sul campo, che vede un allontanamento da quelle logiche stringenti volute dai souls. Non che abbiano voltato completamente le spalle al genere, ma l’apertura verso l’action (anche se è forse più corretto parlare di “ritorno”) è stata una mossa azzeccata.

Così come l’esperimento open world, per quanto le somiglianze – in termini di fruizione della mappa – a Ghost of Tsushima sono inevitabili e dietro l’angolo. Paragoni a parte, il gameplay soffre sicuramente il peso degli anni, dal punto di vista tecnico, con un engine grafico che oggettivamente è arrivato “alla frutta”. Rise of the Ronin è, senza ombra di dubbio, il canto del cigno del motore grafico che ha dato alla luce gli ultimi grandi successi del team. Un bel grazie è doveroso, ma è giunto il momento di guardare al futuro.

Il presente, invece, è quello di un titolo che bilancia perfettamente le componenti esplorative, action ed RPG, offrendo una storia che è tra le migliori concepite dagli sviluppatori nipponici. Una trama che affonda le radici nella storia reale del Giappone, con numerosi riferimenti storici a fatti e personaggi realmente esistiti. Bene, senza indugiare oltre vi lasciamo alla nostra recensione di Rise of The Ronin, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.

rise of ronin recensione ps5

Due lame e un solo Giappone in Rise of The Ronin

La storia raccontata in Rise of The Ronin ci porta al 19esimo secolo. Siamo nel bel mezzo del periodo “Edo”, quello che ha segnato il passaggio del Giappone feudale a quello moderno. Quei nobili che imposero la chiusura dei confini del Sol Levante, iniziarono a trattare “sotto banco” con gli americani, che desideravano delle basi commerciali per ampliare le proprie rotte. Il commodoro Perry, in missione diplomatica (che poi di diplomatico non c’era una benamata fava), salpò alla volta del Giappone nel 1852, offrendo all’allora shogun Togukawa due scelte: accettare degli accordi commerciali o subire la potenza dei cannoni americani.

La decisione ricadde sulla seconda, ma i problemi sorsero all’interno del paese. La decisione presa dallo shogun non piacque agli integralisti, quelli che non volevano perdere la loro identità costruita nei secoli, tra credo e sangue. Ed ecco che il clan delle Lame Velate fa la sua comparsa sulla scena. Un credo che vede due anime unite per la vita, dalla nascita sino alla morte. Due corpi, una sola mente e un solo cuore (anche se all’ultimo è difficile comandare con la sola forza del “credo”). Il maestro supremo, conosciuto con il nome di forgiatore, ha preparato i suoi ultimi guerrieri alla missione più importante: uccidere l’invasore americano e ristabilire l’ordine naturale degli eventi. Sulla barca del commodoro Perry, il destino gioca, però, un tiro mancino alle Lame Velate, che vengono separate da un nemico inaspettato.

Una separazione che spinge la Lama rimasta a non fermarsi. Rinnegando il suo credo parte nel viaggio per il Giappone in cerca di una riconciliazione perduta, ovvero l’altra metà della lama. Una storia sopra le righe quella cercata, voluta e realizzata da Koei Tecmo e Team Ninja. Rise of The Ronin è senza ombra di dubbio la loro migliore opera degli ultimi anni sotto il profilo narrativo, forte anche di una caratterizzazione dei personaggi coerente e credibile. Ricordando le ultime uscite sul campo – che non hanno visto dedicare molta importanza a questo aspetto per non offuscare troppo la componente gameplay – tale scelta è stata da noi colta come una positiva sorpresa.

Da Ninja Gaiden a Rise of The Ronin: storia di un percorso evolutivoDa Ninja Gaiden a Rise of The Ronin: storia di un percorso evolutivo

È quasi impossibile scendere nei dettagli del gameplay di Rise of The Ronin, facendo finta che non esista nulla prima di esso (in termini di ispirazione, sia ben chiaro). I video gameplay mostrati sino ad oggi ci hanno fatto apprezzare quelle che sono le due componenti che veicolano l’esperienza di gioco, ovvero quella esplorativa (servita in formato open-world) e quella dei combattimenti (a meta tra il souls e l’action). Ed ecco che, nell’immaginario di tutti (noi compresi, ovviamente), il ricordo è andato subito a Ghost of Tsushima. Gli elementi di raccordo sembravano esserci tutti, ma una volta premuto il tasto Avvio quelle certezze finiscono con il risultare effimere e non coerenti.

Il gameplay di Rise of The Ronin è sì di matrice ispirativa, ma restando “in casa”. Tiriamo in ballo il primissimo Ninja Gaiden, che abbiamo avuto modo di (ri)apprezzare nella Master Collection. Fu il primo a gettare le basi per un approccio soulslike delle meccaniche di gioco, per quanto poi abbandonato dai capitoli successivi, votati anima e corpo all’action frenetico e spettacolare. La vena souls, però, scorreva a più non posso in entrambi i NiOH (e se vi siete persi la NiOH Collection, ecco la nostra recensione), per quanto la loro eccessiva complessità sia stata “enfatizzata” dall’effettiva assenza di una componente narrativa degna di questo nome. Wo Long: Fallen Dynasty ha provato a rilanciare il “credo” di Team Ninja, ma per quanto le sequenze action erano una gioia per il palato, il gameplay generale è finito con l’apparire un ne carne e ne pesce (complice un aspetto tecnico vetusto e superato).

Ed ecco che arriviamo a noi. Rise of The Ronin non dimentica quello che è stato il passato del team che lo ha concepito, dimostrando che gli errori del passato, oltre ad essere compresi, sono stati digeriti nel migliore dei modi. Quella complessità tipica dei souls “vecchio stampo” non aleggia più sul gameplay, con una curva di apprendimento delle meccaniche di gioco non più proibitiva. Certo, scordatevi lo smashing button ossessivo compulsivo, la presenza del KI ve lo impedisce (da non confondere con la stamina dei NiOH). Il KI è un elemento chiave nei combattimenti, sia in chiave offensiva che difensiva, che amplifica il concetto stesso di “perfect parry”, in grado di aprire le difese nemiche e lasciare spazio al colpo definitivo.

Le danze dei combattimenti seguono un ritmo ben preciso: nemici normali, nemici forti e named boss “di zona”. I momenti climax culminano con la presenza di un combattimento fuori dagli schemi, ma ve ne accorgerete dalla presenza di cut-scene che spezzano le sequenze di gameplay. Il tutto regge anche per via di una componente esplorativa che, come accennato, ci porta ad vivere il mondo di gioco in formato open world. Assoluta novità dei giochi realizzati da Team Ninja che ha sempre proposto delle mappe di gioco estremamente ampie ma con dei confini ben individuati.

Rise of the Ronin

Un gameplay meno souls e più action

Team Ninja ha fatto sapere che lo sviluppo di Rise of The Ronin è durato, all’incirca, 7 anni. Un estensione temporale figlia di una volontà di non stare “troppo addosso” a nessuno, anche perchè in mezzo c’è stata una pandemia che ha complicato la vita di tutti gli addetti ai lavori. Questo sta a significare che parallelamente a Nioh (2017), Nioh 2 (2020), Ninja Gaiden: Master Collection (2021), Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin (2022) e Wo Long: Fallen Dynasty (2023) nei laboratori giapponessi prendeva forma la loro creazione definitiva. È importante fissare questo concetto, che abbiamo già accennatto sopra e qui viene ancora una volta ribadito, per comprendere come questo lo sviluppo di Rise of The Ronin si la consacrazione di un percorso evolutivo.

Messa da parte questa ennesima (ma doverosa, fidatevi) precisazione, andiamo ad analizzare quelli che sono gli aspetti tecnici del gameplay. Le meccaniche di gioco vanno ad enfatizzare principalmente due componenti, ossia quelle action ed esplorative. In relazione alla prima, il know-how dei due team impegnati nello sviluppo non ha bisogno di presentazioni, per quanto vi è qualche elemento di novità rispetto al passato. Le dinamiche souls sono meno presenti (seppur esistenti) e lasciano molto più spazio a quelle action ed RPG “build oriented”. I combattimenti sono un alternanza tra tempismo di esecuzione di parate/schivate e strategia. La progressione del personaggio, nel mentre, influisce sulle abilità in combattimento, con il parco mosse che diventa sempre più variegato e dinamico.

L’alta grande novità è insita nella inedita capacità di interagire con l’ambiente circostante. In Rise of The Ronin, anche servendosi di un rampino (strizzando l’occhio a Sekiro: Shadows Die Twice), possiamo uscire da ogni situazione con l’ausilio di quello che circonda. Un barile esplosivo può tranquillamente essere usato per toglierci dai guai e fare fuori i nemici di turno. Il rampino stesso, oltre a raggiungere zone sopraelevate della mappa, può servire per sbilanciare un ostile e fargli mostrare il fianco. Non esiste, quindi, uno solo modo di combattere. Un combattimento può anche non essere frontale, ma gestito tutto in modalità stealth, cogliendo il nemico di sorpresa.

Anche la gestione dell’arsenale a disposizione viene influenzato dal contesto storico degli eventi di gioco. La via del Ronin non verrà solo tracciata con soli combattimenti tra armi bianche (in linea con il passato videoludico degli sviluppatori) ma anche sfruttando fucili e pistole di derivazione occidentale. Ognuna di queste armi porterà con sè uno o più stili di combattimento, da sbloccare con la progressione in-game e la costruzione dei legami con alcuni NPC chiave del gioco. Un’altra bella ventatà di novità.

Rise of the Ronin recensione PS5

Cartoline dal Giappone in Rise of The Ronin

Un viaggio tra storia e bellezze paesaggistiche quello che regala Rise of The Ronin, in un momento di grandi cambiamenti per il Giappone conosciuto come epoca Bakumatsu. Un periodo in cui il Sol Levante era diviso a metà con la tradizione e i valori storici da una parte e il progresso (e il denaro) dall’altra. Gli americani, con le loro Navi Nere, hanno preteso ed ottenuto delle importanti basi d’appoggio, installando nelle città di Yokohama, Edo (oggi conosciuta come Tokyo) e Kyoto degli stabili presidi di controllo. Il viaggio dell’errante Ronin percorrerà questi 3 luoghi, con il destino che lo chiamerà a schierarsi.

Il lungo cammino della Lama Velata non sarà solamente percorribile “a piedi”. Per nostra fortuna abbiamo dalla nostra un cavallo (con il fisiologico ricordo che è andato subito a Ghost of Tsushima), il fedele rampino (molto utile per raggiungere delle posizioni sopraelevate) e l’avicula (una sorta di aliante a medio-lunga percorrenza). Un viaggio, per quanto lungo, che viene allietato anche dalla possibilità di sbloccare dei punti di spostamento rapido sulla mappa sbloccando gli stendardi della Lama Velata. Questi aiutano, altresì, a condividere l’esperienza di gioco anche con altri giocatori online. Un viaggio che diventà sempre più intenso.

PANORAMICA DELLE RECENSIONI

Prime impressioni
8.5
Contesto di gioco
8.5
Controlli/Gameplay
8.5
Dimensione artistica
8.5
Intrattenimento
8.5

Sommario

Un titolo che bilancia perfettamente le componenti esplorative, action ed RPG, offrendo una storia che è tra le migliori concepite dagli sviluppatori nipponici. Una trama che affonda le radici nella storia reale del Giappone, con numerosi riferimenti storici a fatti e personaggi realmente esistiti.
Dino Cioce
39 anni, sposato e padre di due bellissimi bambini; anche se il tempo è poco e gli impegni sono tanti, trovo sempre un momento per dedicarmi al mio mantra e al mio credo. I AM A GAMERCRACY
- Pubblicità -
Un titolo che bilancia perfettamente le componenti esplorative, action ed RPG, offrendo una storia che è tra le migliori concepite dagli sviluppatori nipponici. Una trama che affonda le radici nella storia reale del Giappone, con numerosi riferimenti storici a fatti e personaggi realmente esistiti.Rise of The Ronin: recensione su PS5