Andare sui roller non è mai stato così “violento” con Rollerdrome, il titolo di questa nostra recensione in esclusiva per console PS5. Annunciato nel corso dello State of Play dello scorso giugno, il titolo realizzato da Roll7 e Private Division ha suscitato subito un modesto interesse. Il solo fatto di unire sport e violenza è bastato per accendere la curiosità degli addetti ai lavori e non solo. Certo, uscire a ridosso di ferragosto non è il massimo per un videogioco, anche se la sua vena action è un bel deterrente per sedare gli animi più lassisti.
Siamo nel 2030 – non tanto distanti da dove siamo adesso – è la federazione internazionale decide di aggiungere un po’ di pepe sui pattini in linea. Più che “pepe” è forse il caso di parlare di piombo e sangue. La new entry di questo sanguinoso torneo, Kara Hassan, è subito pronta per diventarne la stella. A suon di trick e kill, in perfetto stile “bullet time”, dovrà scalare la classifica di ogni match per ottenere e bonus utili a migliorare il suo arsenale. La questione, livello dopo livello, diventerà sempre più complessa, con i nemici che ci renderanno la vita un inferno.
Di stile Rollerdrome ne ha da vendere. Una grafica realizzata in cellshading, enfatizzata dalla potenza di Unity. L’engine si dimostra, ancora una volta, degno della sua fama, offrendo un gameplay che gira perfettamente a 60fps. A migliorare il contesto di gioco ci pensa una colonna sonora che ci porta indietro ai tempi di Dune e Blade Runner (quello originale ovviamente, ndr). Una bella ventata di vintage non guasta mai.
Certo, non si tratta di una produzione in tripla A e non vuole nemmeno essere considerato come tale. Gli sviluppatori, grazie a Rolledrome, ci vogliono far ricordare che l’importante è sempre e solo divertirsi, anche lanciandosi in anacronistici esperimenti. E noi, da bravi studiosi delle scienze videoludiche ci lanciamo in questa ennesima avventura. Il resoconto dei nostri test è raccolto in questa nostra recensione, vi ricordiamo, della versione in esclusiva per console PS5.
Trick and Kill
Le premesse di Rollerdrome sono molto semplici ed essenziali, ma al tempo stesso dannatamente efficaci. In parole povere si capisce subito dove il gameplay vuole andare a parare. Il circolo vizioso trick/kill è alla base dell’impianto di gioco, dove la storia è solamente un esile “contorno” di cui non si sente lontanamente la mancanza. La componente action la fa da padrone, con la presenza del bullett time che ci riporta indietro la memoria ai fasti di Max Payne. Ma andiamo con ordine, anche perché le cose da dire non è che sono poi tantissime.
Si gioca nel campionato di Rollerdrome 2030. Le arene propongono costantemente delle “sfide nelle sfide”. Da un lato troviamo il level design che ci invita a performare dei trick sempre più folli e dall’altra vi sono dei nemici sempre più agguerriti. Innestando quel circolo vizioso prima citato, il gioco è presto fatto. Ogni kill aumenta il moltiplicatore delle combo e ogni evoluzione rifornisce il caricatore di munizioni. Con l’aumentare dei livelli il nostro arsenale diviene sempre più aggressivo, anche se i nemici non stanno di certo li a guardare.
In tutto questo c’è una sequela di sfide da portare a termine, pena l’avanzamento verso le fasi conclusive del torneo. La prima difficoltà la si incontra nella prima fase di qualificazione, dove, se non si portano a termine i requisiti base, si è costretti a rigiocare ad una delle 4 arene già espugnate. Opinabile come scelta progettuale, ma è un modo per costringersi a migliorare. Sebbene fino a quarti di finale le cose non sono poi così difficili, verso la semifinale, invece, la situazione inizia a farsi incandescente.
Tutto questo va, ovviamente, concepito in un contesto single player, dove i nemici sono i cd. bot pilotati dall’AI del gioco. Una ventata di multigiocatore la si vede nella leaderboard, di portata mondiale. La sfida al punteggio migliore ci porta a competere in maniera asincrona con i vari player di tutto il mondo, nella speranza di tenere sempre alto il famoso moltiplicatore delle combo. Solo in questo modo il nostro nome entrerà nella hall of fame di Rollerdrome.
L’arte vuole la sua parte
Archiviata la questione gameplay, giunge il momento di spendere due parole sul comparto artistico di Rollerdrome. Nonostante il regno di Unreal continui ad attirare a se sempre nuovi sudditi – anche grazie al potere del nuovo Unreal Engine 5.0 – vi sono sempre quelle che vengono definite “eccezioni”. Non è la prima volta che ci capita tra le mani un prodotto realizzato con Unity, anche se quest’anno – almeno per quello che riguarda il mondo console – altri esempi non sono poi stati tantissimi.
Lo stile grafico utilizzato in Rolledrome è quello del cellshading. A prima vista può sembrare fastidioso, ma con il tempo diventa simpatico oltre che immediato. I colori non sono molto accessi e gli effetti speciali non alterano lo stile generale del gioco. Questo 2030 arriva come un porting di un metaverso anni 80, quando i pattini in linea spopolavano in lungo e in largo. Anche le ambientazioni non hanno moltissimo di futuristico, visto che sembrano dei sembrano dei grandissimi skate park “viventi”.
Il graphic design generale è ben curato, nonostante la scelta del cellshading. Dai personaggi alle ambientazioni si assiste alla cura dei vari dettagli descrittivi e caratterizzanti. Questo si traduce in soggetti – bot e ambientazioni – che non soffrono del cd. “riciclo”. Per quanto la produzione sia modesta, c’è da riconoscere il merito di una bella dose originalità, che oggi giorno stenta a farsi vedere nel mondo dei videogiochi.
Dulcis in fundo, non potevamo che concludere con le colonne sonore presenti in Rollerdrome. Le tracce sono state realizzate tutte da Electric Dragon, un artista poliedrico in grado di realizzare dei riff in perfetto stile synthwave anni ’70. Il ricordo ai tempi del Commodore 64 a cassette è un passaggio obbligato, anche solo per qualche piccolo istante. Giusto il tempo di evitare qualche pallottola prima di bruciare la tappa della prossima sfida.
In conclusione
Dopo OlliOlli World la coppia Roll7 e Private Division cambia contesto, ma la base c’è ed è sempre di sostanza. Rollerdrome ci invita a lasciare lo skate in garage per indossare i pattini, facendo prima un salto all’armeria per non farsi trovare impreparati. Le evoluzioni e il meccanismo delle combo ricorda molto i fasti di Max Payne, anche se il livello di “gore” non è a quei livelli. Tutto si basa sulla nostra capacita di compiere evoluzioni e generare kill, in maniera costante e talvolta alternativa. Il loop trick/kill è alla base dell’infrastruttura stessa del gioco, e resta tale per tutta l’esperienza.
Il “mordente” che ci stimola a proseguire in questo folle e violento torneo è solo una: la leaderboard mondiale. Non essendoci una modalità cooperativa pura il fattore sfida è insito in questa classifica che vede tutti i migliori giocatori del mondo lottare per vedere il proprio nome nella lista dei migliori. Il concetto stesso di sfida è un po’ il volano che muove tutto il gameplay, visto e considerato il fatto che è un elemento ricorrente e talvolta obbligatorio per avanzare nel gioco.
Il comparto artistico è degno di nota. Poco ma buono, con uno stile essenziale che ricorda il mondo dei fumetti in pieno stile vintage. Quest’ultimo lo si trova anche nelle colonne sonore, realizzato in perfetto stile synthwave anni ’70. Segnaliamo, inoltre, la piena compatibilità alla tecnologia Dualsense, anche se il suo impatto non è determinante.