Sin dalla notte dei tempi l’uomo si lascia terrorizzare da ciò che non vede. La suggestione legata all’immaginazione, stimolata da anni di racconti, storie, film, cartoni animati che divoriamo sin dalla tenera età, può generare una paura psicologica estremamente potente. Aggravano ulteriormente le cose lo sgomento di essere soli di fronte agli eventi, di non avere nessuno a darci una mano, a proteggerci o anche soltanto a farci compagnia. È proprio su questi fondamentali punti che si basa l’intera angosciante struttura di Slender: The Arrival: vestiamo i panni di Lauren, una giovanissima ragazza che decide di andare a trovare l’amica Kate nella sua casa nel bosco.
Una volta raggiunta la casa durante il prologo, scopriamo che Kate è sparita nel nulla e che la sua stanza è piena di disegni macabri. I tratti nervosi dei fogli mostrano con chiarezza una figura spaventosa che si aggira fra gli alberi appena fuori le finestre. Dov’è finita Kate? Ovviamente Lauren decide di uscire subito a cercarla, da sola, di notte e aiutata soltanto da una torcia elettrica. Benvenuti all’inferno.
Il mostro gentiluomo di Slender: The Arrival
La fortuna di Slender Man, letteralmente l’Uomo Esile, inizia nel 2012 quando – dopo una serie di storie macabre messe in circolazione da internet – nasce il videogioco per PC e Mac Os Slender: The Eight Pages. Il gioco presenta una grafica decisamente abbozzata e una fattura discutibile, eppure terrorizza milioni di videogiocatori che condividono la propria esperienza su Youtube.
Dall’enorme successo di quella Beta nasce Slender: The Arrival, che dopo l’approdo su Steam e PC si presenta oggi nella versione per PS3 e Xbox 360. Rispetto alla Beta, l’edizione per console presenta un comparto grafico notevolmente migliorato, un sonoro curato nei minimi dettagli, una trama che ci guiderà alla ricerca di svariati oggetti e numerose mappe che ci terranno impegnati per svariate angoscianti ore.
E ancora: un livello segreto al di fuori della campagna tradizionale, i livelli di difficoltà Facile, Normale e Hardcore, un nuovo terribile nemico accanto allo Slender, il Proxy, che a differenza del compare immobile ha invece la possibilità di correre. Il Proxy, fortunatamente, non è presente in tutte le mappe e ha un ruolo ben preciso all’interno della trama generale. The Eight Pages, la parte giocabile nella primissima Beta, rappresenta ora soltanto il primo scalino della storia e si mostra con una nuova mappa ridisegnata da zero.
Lezione 1: Scappare finché si ha fiato
L’idea alla base del gioco Slender: The Arrival è di una semplicità tanto disarmante quanto geniale: siamo di fronte a una pura caccia al tesoro. All’interno delle varie mappe, dalla grandezza piuttosto contenuta, il nostro compito è di cercare oggetti (siano essi pagine da collezionare oppure generatori di energia da attivare) senza essere catturati dallo Slender. Il punto di vista è da puro FPS con visuale in prima persona, ciò che vediamo passa attraverso l’obiettivo della videocamera che la protagonista ha con se.
Espediente decisamente funzionale, poiché quando lo Slender si trova nelle vicinanze – dunque il pericolo di essere catturati è altissimo – il segnale video inizia a essere terribilmente disturbato; più è alta la minaccia, più i disturbi sono fastidiosi e accentuati. A migliorare l’esperienza un comparto sonoro ben curato e volto allo spavento puro, composto da passi nell’erba alle nostre spalle, grilli e altri insetti, urla in lontananza e da una colonna sonora votata all’ansia – che modera la tensione in tempo reale.
Il consiglio è ovviamente di usare delle buone cuffie e di giocare in un ambiente buio, oppure direttamente a notte fonda. Completano il tutto la solitudine assoluta e l’oscurità. Tutte le mappe sono assolutamente calate nel nero più profondo, con noi soltanto una piccola torcia a illuminare una ristretta porzione di schermo. Niente pistole, niente coltelli, nulla ci può aiutare. Se ci ritroviamo faccia a faccia con lo Slender, il gioco è finito.
Lezione 2: Mai voltarsi
Nonostante il porting dal mondo PC, il sistema di controllo di Slender: The Arrival su console funziona senza troppe sbavature. Gli unici difetti si possono trovare sulla levetta analogica destra che regola la visuale, la ‘zona morta’ è infatti impostata di default su un numero troppo alto rispetto alla normalità. Capiterà dunque che muovendo la leva di poco lo schermo resti fermo, per muoversi all’improvviso e frettolosamente subito dopo. Niente che intacchi l’esperienza, ma occorrerà prendere confidenza – è comunque possibile regolare la sensibilità del movimento nelle opzioni.
Graficamente non c’è da aspettarsi un livello altissimo, le textures generali lasciano spesso a desiderare e i colori disponibili si contano – metaforicamente – sulle dita di una mano; di una luce proveniente da una lampada non riusciremo a vedere correttamente le sfumature sul muro, piuttosto una serie di cerchi con diversa gradazione. Sono elementi su cui è comunque possibile sorvolare, del resto parliamo di un titolo indie e non di un tripla A, i pregi si trovano nell’esperienza generale. Giocare a Slender: The Arrival è infatti sconsigliato ai ‘deboli di cuore’ e alle persone facilmente impressionabili; i livelli di tensione raggiungono spesso cime molto alte ed è possibile che anche dopo aver spento la vostra Ps3 o Xbox 360 abbiate ancora paura della vostra stessa ombra.
Voglia di arcobaleni e folletti saltellanti
Completare ogni singola mappa può prendere anche un’ora del vostro tempo, inoltre il sistema salva automaticamente soltanto a livello completato, dunque se Slender vi cattura nel momento in cui avete raccolto solo 7 pagine su 8 dovete ricominciare dall’inizio – e le ore letteralmente si moltiplicano.
Più volte penserete ‘Chi me l’ha fatta fare’, perché reggere svariate ore di tensione non è semplice, eppure durante tutto questo tempo vedrete Slender centinaia di volte, dunque la tesi con cui abbiamo iniziato questa recensione – l’uomo ha paura di ciò che non vede – piano piano viene a mancare e giocare diventa più facile. Se da una parte è un aspetto che può tranquillizzare i giocatori più fragili, dall’altra può stancare i più temerari, che una volta afferrato il meccanismo potrebbero perdere interesse.
Nessun gioco purtroppo è eterno o perfetto (Pac-Man, Tetris o Dead Island non contano), ma Slender: The Arrival merita sicuramente un’occasione, anche visto il prezzo contenuto. Inoltre la costruzione ‘a capitoli’ vi permette tranquillamente di giocarlo a step, di spalmarlo nel tempo senza consumarlo subito. Del resto la vita è fatta di paure, non affrontarle è come vivere a metà.