Un RPG che sorride agli hack’n’slash, questo Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin, titolo della nostra recensione della versione per console PS5. Se pensate di trovare qualcosa della lore ideata dal genio creativo di Square Enix, dovete fare un grandissimo sforzo di memoria. Chi, invece, non conosce un “tubo” di Final Fantasy può tranquillamente prendere il pad in mano senza alcuna ansia da prestazione. Si è, sin da subito, pronti a giocare.
Dobbiamo essere, però, onesti: non è quello che ci immaginavamo. In verità lo avevamo già capito, anche prima della demo giocabile rilasciata i primi di marzo. A digiuno da Ninja Gaiden e Nioh è stato bello ritrovare il loro spirito in questo particolare spinoff. Ci piace considerarlo così, anche per valorizzare al meglio il buon lavoro svolto da Koei Tecmo e Team Ninja.
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin arriva dopo un inizio anno scoppiettante e denso di uscite pesanti. Dopo Horizon Forbidden West ed Elden Ring, avevamo bisogno di uno po’ di sana e disimpegnata azione. Nell’era in cui tutto è catalogabile come aRPG, trovare un qualcosa che si avvicina a delle dinamiche hack’n’slash è una gradita sorpresa. Per quanto questa nostra affermazione si dimostra – man mano che ci si avvicina al finale del gioco – in parte inesatta, il nostro lato nostalgico ne comincia ad aver bisogno.
Si è circondati da titoli “troppo” impegnativi, e il bisogno di trovare una way out inizia a farsi sentire sempre di più. Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è un buon pretesto per scappare dal momento, e rifugiarci in qualcosa che rappresenta un buon compromesso tra il passato e il presente del genere aRPG. Gli esperimenti, però, sono come un boomerang e finiscono con l’essere fraintesi se non addirittura banalizzati. Non ci resta che scoprire quello che ci aspetta in questa nostra recensione della versione giocata su console PS5.
Prime impressioni: L’ombra di NiOh e il ricordo di Ninja Gaiden
Ognuno di noi ha un background, un retaggio con cui affronta la famosa prima ora di gioco. C’è è più incline all’azione, e chi, invece, predilige i ragionamenti. Il genere aRPG ha provato, nel tempo, ad accontentare entrambe le tipologie di giocatori. Sono pochissimi, però, i titoli che non sono finiti con il fare il “né carne né pesce”. Koei Tecmo e Team Ninja è già da un po’ che provano a trovare un perfetto equilibrio tra action ed RPG. Con la serie Ninja Gaiden ha gettato le basi per il successo di Nioh e Nioh 2 (celebrato in grande stile con Nioh Collection, ndr).
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin stacca il piede dall’acceleratore, cercando di non eccedere in nulla. Il problema è che il gameplay vive in una sorte di limbo di difficile interpretazione, sensazione che resta valida per quasi una buona prima parte del gioco. Una volta compreso il ruolo della centralità della classe, si inizia ad apprezzare meglio anche il combat system e il sistema di progressione del personaggio.
Molto interessante, invece, il rapporto biunivoco combo/abilità. Non solo, quindi, “mazzate alla cecata”. L’ordine e le tempistiche di pressione dei tasti R1 ed R2 innescano l’attivazione di particolari skill, preconfigurate a livello di build e, ancor prima, sbloccate con lo sviluppo dello skill tree. Questo fa si che il cosiddetto “grinding” abbia un riflesso tangibile in tutte le fasi di combattimento, evitando il fisiologico smashing buttons a cui si è quasi erroneamente invitati. Tutta colpa del nostro retaggio, giusto per darci la cd. “zappa sui piedi”.
Storia e personaggi non spiccano per profondità. C’è solo un leggerissimo profumo di Final Fantasy – a livello narrativo – senza mai innescare alcun momento di stupore da colpo di scena. La lore affonda le sue radici nelle origini storiche della saga, da cui il titolo prende spunto. Ma ci vuole ben altro per innescare il fattore nostalgia.
Contesto di gioco: Ah sì, le origini…
Quando si parla di Final Fantasy ti aspetti una narrativa senza grandi sbavature, personaggi che lasciano il segno e momenti in grado di ritagliare uno spazio tra i nostri ricordi. Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin non ha niente di tutto questo. È solo un gioco che non vuole impegnarci troppo, anzi, è proprio l’esatto opposto. Tanta azione e pochi ragionamenti. Anche la costruzione della build – se così la possiamo definire – ruota attorno alle classi di appartenenza. Cambia solo il modo di “menare” le mani, anche se alla fine l’importante è solo questo.
La storia vede impegnato un gruppo di 5 eroi, capitanati dal tenebroso Jack, alla ricerca dei cristalli di luce. Ognuno di essi rappresenta un elemento della natura che si sta, giorno dopo giorno, lasciando andare all’avanzata di Chaos. La nostra missione è quella di recuperare la luce prima che le tenebre abbiano il sopravvento, e salvare il regno di Cornelia da un destino crudele.
I protagonisti dell’avventura non spiccano per carisma. Lo stereotipo giapponese del “never give up” è sostenuto sino allo sfinimento, divenendo stucchevole già dall’inizio. Il personaggio di Jack sembra un’edizione rimasterizzata per PS1 di Cloud Strife, piatto e senza sfaccetature. Tutti gli altri sono solo delle spalle che sostengono il momento e le situazioni, senza avere una vera e propria collocazione nell’impianto narrativo. Vale a dire, se non ci fossero sarebbe la stessa cosa.
Ma in tutto questo abbiamo comunque apprezzato il lato sentimentale del gioco. Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin attinge dal passato remoto della saga e, a modo suo, ne crea una sorta di universo alternativo. Jack è destinato a diventare Garland, il cavaliere oscuro di Final Fantasy I. Koei Tecmo e Team Ninja raccontano il percorso che da prode eroe lo ha portato ad abbracciare il lato oscuro della forza (ogni citazione è puramente casusale, ndr). Una storia che, però, non è mai stata raccontata in alcun titolo della saga, ma solo citata nella lore. Vi sono altri elementi di raccordo con il primo storico capitolo di Final Fantasy, come, ad esempio, il ponte settentrionale, la famiglia reale e il capitano Bikke con i pirati di Provoka. Sforzo apprezzato, ma sfiora solo lontanamente il lato sentimentale di un appassionato della saga.
Gameplay: Meglio l’azione che l’RPG
Il piatto forte di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è, sicuramente, la sua enorme carica action. Non ci si poteva aspettare altro dagli sviluppatori giapponesi delle celebri serie di Ninja Gaiden e Nioh. In verità, c’è molto più del primo e un po’ meno del secondo. La scelta di sposare una linea meno souls, lo ha fisiologicamente escluso dalle fonti di ispirazioni, anche se l’archetipo delle combo/skill lo abbiamo interpretato come un tributo al “Re senza nome”.
La logica a missioni, suddivise tra principali e secondarie, è mascherata da una trama che definire “effimera” è riduttiva. Si procede spediti, insieme ad una progressione del personaggio che viaggia di pari passo. Giocato in modalità difficile, la qualità del looting migliora sensibilmente, così come il fattore sfida. Il consiglio spassionato, se volete concludere l’avventura con soddisfazione, è quello di seguire il nostro esempio, mettendo in conto qualche sana “arrabbiatura” strada facendo.
Lo sviluppo dello skill tree lo abbiamo trovato estremamente interessante. A seconda della nostra arma equipaggiata viene scelta una classe base. Scudo, copricapo, guanti, busto, scarpe la possono completare oppure affiancarne altre connesse tra di loro. I punti abilità ottenuti potranno essere spesi per sbloccare nuove abilità o addirittura nuove ulteriori classi. Il bello di questo sistema è che non ci si stanca mai di sperimentare, anche perché non si viene lasciati mai indietro con lo sviluppo del personaggio. La qualità del looting, infatti, viaggia di pari passo con il livello del personaggio.
Altra menzione d’onore la merita il combat system. Vi sono solo due tipi di attacco, normale e con abilità, ed entrambi possono essere caricati con una pressione prolungata del tasto corrispondente. Le combo attivano le abilità sbloccate a seconda dello schema impostato in tattica. I colpi che vanno a segno incrementano le barre di sblocco abilità, fermo restando la possibilità di mettere a segno una carica d’impeto quando l’avversario “crolla” davanti alla nostra serie di attacchi.
Dimensione artistica: Niente che lascia il segno
La dimensione artistica di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin non eccelle in nulla, al punto che non sembra nemmeno concepita per console di nuova generazione. La “solita” scelta tra grafica e prestazioni non evidenzia un improvement grafico degno di nota. Morale della favola: giocatevelo in modalità Prestazioni e andate “spediti” a 60fps. Il motore deve sempre essere su di giri per elevare il lato action del gioco.
Le ambientazioni, i personaggi e il bestiario, per quanto attingano alla lore originale del primo storico capitolo dei Final Fantasy, sono tutti stati inventati da zero. Ricordiamoci che nel 1987 si viaggiava in 8bit, con il 4K che era pura fantascienza. Il lavoro di astrazione, partendo dai ricordi e dall’immaginazione degli storici sviluppatori, è stato notevole. Questo va assolutamente riconosciuto a Koei Tecmo e il Team Ninja.
Resta il fatto che il potenziale della nuova generazione andava sfruttato decisamente meglio. La risoluzione delle texture, e dei poligoni in genere, non eccelle in tutto quello che non riguarda i PG. I dettagli di contesto, talvolta, creano un effetto “impasto” con l’illuminazione globale. Non si nota nelle sessioni di combattimento, ma in quelle di esplorazione sì èd è piuttosto fastidioso.
Dulcis in fundo, le ambientazioni propongono delle situazioni ripetitive che amplificano l’analogo effetto anche lato gameplay. Tralasciando le missioni secondarie, il resto del gioco sembra una reinterpretazione di livelli già giocati, con tanto di colonne sonore e posizione dei mini-boss. Sotto il profilo level designer, purtroppo, la delusione è notevole. Su PS5, infine, le feature che la console di casa SONY mette a disposizione non sono state lontanamente prese in considerazione. E questo ci porta al ragionamento fatto in precedenza. Una versione next-gen solo sulla carta.
In conclusione
I nostalgici dei primordiali Final Fantasy non troveranno riparo in Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin. Questo metaverso alternativo, voluto da Koei Tecmo e il Team Ninja ed autorizzato da mamma Square Enix, ha solo il “nome” e un briciolo della lore originale della saga. Chi, invece, e alla ricerca di una sano e spensierato titolo action, approda nel porto giusto.
Non è solo pura azione, vista la presenza di una componente RPG non troppo complessa, ma la trama e i personaggi sono effimeri e privi di una consistenza degna di nota. Parlando del lato grafico, non viene riservata la stessa cura dei dettagli dei PG in ambientazioni ed elementi di contesto. È un vero peccato, anche per via della presenza del potenziale delle console di nuova generazione.
Le meccaniche di combattimento sono il fiore all’occhiello di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin. Le abilità viaggiano all’unisono con le combo, premiando uno stile di combattimento anti-smashing buttons. La progressione e lo skill tree sono molto veloci e permettono un’ampia specializzazione visto l’elevato numero di classi a disposizione.