Una vera e propria rinascita quella andata in scena con Street Fighter 6, il titolo di questa nostra recensione della versione per console Xbox Series X. Il quinto capitolo ha chiuso la sua stagione con un bilancio non proprio positivo, ma è riuscito comunque ad assolvere il suo compito sino alla fine del suo ciclo di vita. La community si è sempre dimostrata vicina agli sviluppatori e il nuovo capitolo della saga ne è una dimostrazione lampante.
Tutte le criticità venute fuori con Street Fighter 5 sembrano, come per magia, svanite, con tanto di netcode completamente rinnovato. Ovviamente non si tratta di “magia” ma di un lavoro duro e intenso, iniziato con un passaggio di consegne all’interno del team di sviluppo del colosso giapponese. Dopo aver ringraziato Yoshinori Ono per quanto fatto sinora, il testimone è passato nelle mani di Takayuki Nakayama chiamato a dare una bella iniezione di fiducia alla serie.
Street Fighter 6 si presenta con una componente anacronistica se così la possiamo definire rispetto alla storia della saga. Il suo nome è World Tour ed è una modalità di gioco è in grado di mescolare componenti picchiaduro con altri di matrice RPG. L’esperimento, per quanto le premesse potevano dipingerlo come bizzarro, è riuscito alla perfezione, edificando una nuova e valida alternativa alle modalità “classiche”.
Bene, senza perdere ulteriore tempo vi lasciamo alla nostra recensione di Street Fighter 6 titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console Xbox Series X.
Lo Street Fighter che serviva
La leggenda narra che nel lontano 1987 Capcom decise di realizzare un picchiaduro con soli due tasti ed altrettanti personaggi, Ryu e Ken. I due amici a distanza di oltre 35 anni, ancora se le suonano di santa ragione, anche se questa volta il ritmo è decisamente diverso. Street Fighter 6 è chiamato ad invertire la rotta rispetto al precedente capitolo, che ha avuto l’infausto compito di prendersi il peggio ma, al tempo stesso, accettare il suo ruolo di “cantiere aperto”. Per quanto di cose buone ne siano state fatte, il gameplay non si è dimostrato all’altezza della sua fama, chiudendo il suo ciclo di vita in maniera quasi fallimentare.
Il “quasi” è importantissimo, con la presenza della community che si è sempre dimostrata esigente e partecipe. Il rinnovato capitolo parte subito a mille, presentando 3 componenti di gioco che andremo ad analizzare singolarmente nel corso di questa recensione. Quella base, dedicata all’infrastruttura di gioco, porta avanti la baracca di questo sesto capitolo. L’impressione è quella di un gameplay meno frenetico e più ragionato e “guidato”. Non ha caso, a fianco delle Super Art – le mosse speciali con un potere devastante – sono state inserite anche le Drive Move. Queste non hanno lo scopo di cagionare danni ingenti ma solo di conseguire un vantaggio competitivo rispetto all’avversario.
Soffermandosi sulle mosse Drive, queste “consumano” una barra dedicata denominata Indicatore Drive suddiviso in sezioni. A seconda della tipologia di mossa, queste vengono consumate, indi per cui il consiglio è quello di utilizzarle con parsimonia e con il giusto tempismo. Iniziamo con il Drive Impact, con il nostro guerriero che diventa un buon incassatore in attesa di una finestra per poter contrattaccare. Il Drive Parry, invece, fa l’esatto opposto, impostando una difesa passiva del personaggio (che lo espone a della “prese” troppo facili). L’overdrive potenzierà le mosse speciali del nostro guerriero, lasciando per strada due “tacche” dell’indicatore Drive.
Street Fighter 6 rallenta i giri, invitando i vari giocatori a giocare più in contropiede che in maniera aggressiva. Certo, questo è un discorso che va calato rispetto al roster a disposizione, che ricordiamo mette in campo sin da subito 18 personaggi, tutti con un stile unico e che non scivola nelle “brutte copie”. Per entrare subito in sintonia con il gameplay, accanto al classico sistema di comandi a 6 tasti troviamo anche uno Moderno, che consente di effettuare le mosse speciali senza apprendere alcuna combinazione di tasti. De gustibus, ci mancherebbe, ma lodiamo la scelta di “nerfare” del 20% il danno per coloro che sceglieranno la via “più faciale” per giocare.
World Tour, il perfetto mix tra RPG e picchiaduro
Capcom decide di fare le cose in grande spezzando il gioco in 3 parti: Battle Hub, World Tour e Fighting Ground. Un’operazione di faraonica che vede 3 componenti di gioco ben distinte, in grado costruire un nuovo interesse attorno alla gallina dalle uovo d’oro del colosso giapponese che lo vedeva proiettato “troppo” nel mondo del competitivo e degli esports, tagliando fuori una bella fetta di pubblico che ama divertirsi senza il peso della competizione.
Ed ecco che la soluzione introdotta in Street Fighter 6 ha un nome e cognome e si chiama World Tour. Un giro del mondo in formato RPG che inizia dalla creazione del personaggio con un editor da brividi. E possibile creare ogni forma e tipo di personaggi, da fusti palestrati e super definiti sino ad arrivare ad aberrazioni allucinanti. Come ogni gioco di ruolo che si rispetti, anche in questa modalità abbiamo uno scopo, quello di estendere il potenziale del nostro personaggio attraverso i vari combattimenti presenti nel mondo.
I maestri vengono presi in prestito dal roster ufficiale del gioco ed avranno il compito di prenderci per mano (ed anche a legnate) ed insegnarci l’arte del combattimento, donandoci le loro migliori mosse. Se siamo bravi – e dimostriamo anche di essere loro fedeli – il feeling con il sensei di turno migliorerà al punto tale da “rubare” loro qualche perla del loro passato (e preparatevi, vi sono delle chicche da urlo, ndr). Il parco mosse diventa, quindi, variopinto, senza obbligare nessuno con decisioni esclusive circa il nostro percorso di crescita. Siamo sempre e solo noi che decidiamo in che modo combattere.
La componente “ruolistica” non viene enfatizzata al meglio da quella “esplorativa” che, al netto di qualche location che ha incontrato il nostro personalissimo gusto, non spicca per originalità. Interessante, invece, le possibilità che vengono concesse sotto il profilo dei combattimenti. Non soltanto sequele di 1vs1, ma anche delle interessantissime sessioni di beat’em’up che hanno rievocato in noi il ricordo del buon vecchio Final Fight. Un bel omaggio a quello che doveva essere il futuro della saga di Street Fighter e poi, per fortuna, così non è stato.
Fighting Ground e il “resto” delle modalità
Sul fronte delle modalità di gioco, al netto della vera grande novità rappresentata dal World Tour, Street Fighter 6 offre alcune soluzioni già “viste” nel recente passato della serie. Ritroviamo, infatti, l’inossidabile componente Arcade, quella che più rievoca l’esperienza vissuta in compagna dei cabinati. Ogni personaggio sviluppa la sua storia incontro dopo incontro, sino ad arrivare al combattimento finale dove si chiude l’arco narrativo del nostro guerriero. Interessante la presenza di livelli bonus tra un combattimento ed un altro, un qualcosa che ha scosso e non di poco il nostro senso di nostalgia.
Accanto alla modalità Arcade troviamo quella competitiva online che si presenta con un netcode totalmente rivisitato. Troppo presto per parlare e fare bilanci di sorta, visto e considerato che la base giocante si costituirà nei prossimi mesi a venire, attirata anche dai numerosi tornei che verranno organizzati. Se, invece, preferiamo un’esperienza più intima – e magari “tra amici” – il consiglio è quello di farvi un giro con la modalità Versus e la Battaglia a squadre, giusto per passare una bella serata come ai vecchi tempi.
Si tratta probabilmente dello Street Fighter più didattico dell’intera serie recente. Capcom ha voluto, infatti, strutturare delle intere sezioni dedicate al tutorial e all’addestramento dei nuovi giocatori. Vi è, infatti, una parte sicuramente scolastica dove vengono spiegate tutte le dinamiche base ed avanzate ai giocatori senza fare distinzioni tra novizi e veterani. Una rinfrescata non fa mai male, anche solo per padroneggiare al meglio la nuova meccanica delle Drive Mode.
Per aggiungere un pizzico di sfida in più vi sono anche delle vere e proprie gare per ottenere il punteggio più alto, un modo interessante per unire l’utile e il dilettevole oltre che “capire se abbiamo capito”. Come ad esempio le sfide delle combo, che ci permette di saggiare il nostro livello di conoscenza circa le mosse del personaggio, oltre che a migliorare la velocità con cui performare queste temibili combinazioni di tasti.
Urban Style che picchia forte
Non possiamo di certo dire che la saga di Street Fighter, nel corso dei suoi oltre 35 anni, non abbia investito parecchio sullo sviluppo di idee e soluzioni accattivanti sul fronte artistico. Un processo che ha visto culminare la sua maturazione con il passaggio dalla seconda alla terza dimensione. In quel preciso momento, però, tutto si è reso più complicato. Nonostante questo Capcom non si arresa, andando per tentativi ed ottenendo critiche ed apprezzamenti.
Il tema scelto per quest’anno è l’Urban Style, volendo “ancorare” il suo significato spirituale all’etimologia che si cela dietro al titolo del gioco stesso, ovvero combattenti di strada. Ed è proprio dalla strada che il design grafico prende i suoi elementi essenziali, con personaggi dai toni grunge, colori molto accesi ed animazioni che ringraziano la potenza sprigionata dal RE Engine. Il massimo di questa espressione lo si vede nelle Super Art – mosse speciali dal potenziale devastante – performate con delle animazioni che mixano questo preciso stile con la spettacolarità del colpo.
Sul fronte personaggi Capcom questa volta decide di partire con i piedi per terra. Un roster che comprende 18 personaggi, che alterna vecchie glorie a new entry di rilievo. Ogni personaggio si presenta con un outfit base (e pronto per essere aggiornato con nuove skin sbloccabili) coerente con questo stile preciso di questo capitolo. Giusto per fare un esempio, Ryu si presenta come un venerando maestro con abiti consunti dalle innumerevoli battaglie affrontate in questi anni, in versione più burbera rispetto ai precedenti capitoli. Il suo grande amico Ken, invece, è il perfetto interprete del concetto di combattente di strada.
Tra le new entry che hanno catturato altresì il nostro interesse non possiamo che non citare Marisa, un omaggio che Capcom ha voluto riservare al nosto paese, con questa combattente di lotta greco romana che non va mai per il sottile, dimenticandosi l’esistenza delle mezze misure. Gli sviluppatori per Street Fighter 6, accanto alla componente puramente artistica, hanno deciso di investire molto anche sulla componente tecnica del gioco, con il preciso intento di assicurare un gameplay sempre fluido e che non scenda mai sotto i 60 fps. Una scelta che, per forza di cose, qualche sacrificio deve pur fare. La definizione grafica delle texture, riferendoci sempre ad un discorso di dettaglio (e ad eccezione delle animazioni delle mosse speciali) non strappa gli applausi. Poco male, visto che in fine dei conti è il contesto a fare la differenza, con delle ambientazioni che ci hanno riportato indietro ai tempi di Street Fighter II Turbo.