La storia di Super Meat Boy inizia abbastanza lontano, nel 2008, quando Edmund McMillen crea Meat Boy con Adobe Flash Player. Il piccolo gioco ha così tanto successo, le stime parlano di 8 milioni di utenti, che Nintendo e Microsoft si accorgono di lui e propongono al suo autore una versione potenziata per i rispettivi store digitali. Nel 2015 il piccolo cubetto di carne, rosso e sanguinoso, arriva sulla Ps Vita e soprattutto sull’ammiraglia Ps4 di Sony, facendolo in pompa magna fra l’altro poiché inserito fra i giochi gratuiti Ps Plus di ottobre insieme a Broken Age.
Le poche righe di ‘trama’ sono piuttosto semplici, il protagonista Meat Boy ama Bandage Girl, un grazioso cubetto di cerotti bianchi e rosa continuamente rapito dall’antagonista del gioco, l’assurdo Dr. Fetus (un po’ come Peach e Bowser di Super Mario…). Una sorta di feto umano che vive in una incubatrice robotica, e questo vi basta per capire subito quanto surreale e sregolato sia il titolo sviluppato dal Team Meat. Un’opera sboccata, scanzonata ma incredibilmente ironica, capace di giocare con i contrasti e l’abilità del giocatore. Contrasti perché opposta alle allegre canzonette country/rock che vi accompagnano di livello in livello, tratte da un’ottima colonna sonora generale (diversa su Ps4 rispetto a Ps Vita per motivi legali), vi è una violenza inaudita fatta di carne maciullata, spuntoni, seghe elettriche e quant’altro vi venga in mente per triturare qualcosa. Tutto in tono estremamente canzonatorio, ovviamente.
Una grafica bidimensionale e colorata fa da giusta spalla a un platform a livelli ‘immediati’, dalla durata media di pochi secondi l’uno. Sempre che si riesca a superarli ai primi colpi e non tentare decine di volte. Dark Souls aveva la sua edizione Prepare to Die, ma anche in Super Meat Boy non si scherza: può capitare infatti che per completare uno stage o sconfiggere un boss di fine ‘mondo’ dobbiate morire una marea di volte, ricominciando il livello dall’inizio. Anche morire a un passo dal traguardo non cambia le cose, sempre ripartenza dal via. La frustrazione però non è certo paragonabile a quella potenziale del titolo From Software, qui si tratta di perdere giusto una manciata di minuti, fino a imparare praticamente a memoria il tracciato e gli ostacoli.
Anche il gameplay è semplice, basta usare letteralmente due tasti, e prendere confidenza con il salto che è sensibile alla pressione del tasto X. Una volta comprese le meccaniche, bisogna vedersela con le varie trappole sistemate ad hoc, che cambiano man mano che si avanza e rendono il gioco più dinamico e meno monotono. Il punto di forza di Super Meat Boy è proprio il level design, che richiede grande abilità, tempismo e pazienza: con questi tre elementi combinati riuscirete ad avere la meglio sul titolo in poche ore di gioco. Ore che aumentano se si vogliono sbloccare tutti i personaggi e collezionare i crediti necessari ad acquistarne di altri, oppure terminare tutti i 300 ‘quadri’ – per usare un termine retrò – con il grado A+.
La difficoltà crescente completa poi il lavoro, rendendo l’idea di McMillen decisamente curiosa e intrigante. Dal punto di vista dei controlli si poteva fare di più, poiché non sempre il personaggio fa quello che vogliamo che faccia, andando incontro a una morte trucida. Nel complesso però ci si diverte con gusto, si ha davvero qualcosa per mettere alla prova la nostra abilità e i nostri riflessi. Meglio se a piccole dosi.