La paura e il terrore arrivano dallo spazio più profondo con The Callisto Protocol, il titolo della nostra recensione della versione per console PS5. Tutto è iniziato nel 2019, quando un tale di nome Glen Schofield decise di ripercorrere le sue origini, ricordando i bei tempi trascorsi alla Visceral Games e un tale di nome Dead Space. Inizialmente il titolo doveva essere connesso all’universo di PUBG: Battlegrounds. Nel mentre Striking Distance, sviluppatore di The Callisto Protocol, decise di percorrere la propria strada con un IP proprietario e un publisher (Krafton) alternativo.
Ragionare per paragoni è assolutamente fisiologico, e probabilmente anche voluto dagli sviluppatori stessi. Resta al fatto che, a nostro modesto avviso, The Callisto Protocol è una delle sorprese di questo 2022 videoludico, e siamo estremamente felici di aver partecipato a questo importante momento. Per il resto vi lasciamo alla nostra recensione di The Callisto Protocol, titolo, vi ricordiamo, giocato nella sua versione per console PS5.
COINVOLGIMENTO
Dead Space va de retro… ma anche no. Il ricordo è sempre gradito, anche per attivare il fattore nostalgia (che fa sempre bene). Il team capitanato da Glen Schofield ha avuto le idee chiare sin dall’inizio, costruendo un esperienza survival horror dai contorni “classici” ma che interpretano le mode e le esigenze del momento.
Prime impressioni e interpretazione del genere
The Callisto Protocol si presenta come un survival horror, nella sua accezione più classica, quasi in maniera anacronistica visti i tempi che corrono. Ritmi lenti, ansia costante, il tutto in un perenne stato di confusione circa il nostro scopo e la nostra esistenza come giocatori. Zero spiegazioni, con una nebbia che si dirada capitolo dopo capitolo. In verità qualcosina di “già visto” emerge tra i continui sibili captati, ma non vi diciamo altro.
Di primo acchito sembra che Striking Distance abbia voluto puntare su alcuni aspetti in particolare: brutalità, atmosfera, senso di impotenza e umanità. Argomenti che ritrovate anche nei dev-diary pre lancio, che vi consigliamo caldamente di recuperare per comprendere al meglio il percorso di sviluppo del gioco. Si vive con un costante senso di fatica. Arrivare alla conclusione del capitolo è snervante, una stanchezza che non provavamo dai tempi di Death Stranding, anche se per motivi diversi. Ovviamente anche questo fa parte dell’esperienza di The Callisto Protocol, e non è mica un difetto. Tutt’altro.
Fattore ripetitività e scalabilità livello di difficoltà
Di solito un survival horror viaggia su una direzione ben tracciata a livello di gameplay. Storia e personaggi sono i due aspetti fondamentali in chiave immersione, e il resto segue questi due “protagonisti”. Se in passato questa ricetta poteva anche funzionare, i tempi e le richieste dei giocatori impongono oggi alcuni ritocchi a questo modo di intendere il genere. Se pensate che anche un mostro sacro come Resident Evil abbia dovuto accettare questa dura verità, con il remake del secondo e del terzo capitolo, capite bene che la musica è cambiata.
Striking Distance, per il suo The Callisto Protocol, ha previsto un’esperienza suddivisa per capitoli, che non prevede interruzioni tra loro (se non le sole cutscene). Mini missioni tutte d’un fiato, con uno schema che propone la partenza dal punto A e l’arrivo al punto B. In mezzo ci sono nuovi nemici, che diventano sempre più ostici, numerosi e aggressivi, un arsenale che progredisce a seguito di raccolta di punti Callisto, e l’evolvere della storia. Il livello di difficoltà, quindi, aumenta man mano che ci si avvicina al termine dell’esperienza, sino a diventare quasi ai limiti del frustrante per via di alcune limitazioni nei movimenti del personaggio.
Il fattore ripetitività, invece, è forse insito nel genere stesso, anche per via della scelta di puntare più sul lato action e meno su quello survival “old style”. Vi ricordate gli enigmi diabolici delle maschere del primo Resident Evil, oppure quello della centrifuga dello storico Dead Space? Poteva essere una soluzione utile inserire questa componente da escape game, anche perché vi erano margini di movimento in tal senso. E invece, ogni run di The Callisto Protocol insegue quello schema descritto in precedenza, senza una mappa che orienta la nostra esperienza (funzionale, ci mancherebbe) e senza secondarie che allietano l’apatia da “solito”.
CONTESTO DI GIOCO
Abbiamo provato a schivare ogni forma di spoiler, per quanto possibile, anche se The Callisto Protocol meritava un minimo di contestualizzazione. Jacob ci racconta il suo dramma, vissuto all’interno di una prigione di massima sicurezza, immersa nello spazio più profondo. Il menù prevede questo, con lo portate da assaporare capitolo per capitolo sino a giungere alla conclusione della storia.
Storia e protagonisti
The Callisto Protocol racconta la storia di Jacob, trasportare spaziale di professione che per via di una consegna andata male finisce nella prigione di Black Iron. Ironia della sorte, nel corso della sua prima notte in gattabuia succede il finimondo, con creature di ogni genere e tipo che divorano il personale e i detenuti rimasti. Non proseguiamo oltre nel racconto della trama, ma è chiaro come i fatti narrati siano liberamente ispirati a quanto successo a bordo della USG Ishimura nel primo storico Dead Space. Ma i riferimenti arrivano anche dal cinema con la serie Alien di Ridley Scott, anche se quella tipologia di alieni e “diversa” dal bestiario voluto da Striking Distance per The Callisto Protocol.
Il protagonista della storia è un tale di nome Jacob Lee, un personaggio che abbiamo ritenuto credibile rispetto alla storia raccontata ma con una sfaccettatura del carattere poco accentuata. È subito pronto ad essere il super eroe del momento, e sembra che si sia preparato a questo per tutta la vita. Riflessi super pronti, brutalità innata e senso del pericolo pari a zero. Non ci abbiamo visto un percorso di crescita di questo personaggio, una presa di coscienza progressiva del suo ruolo e della sua missione. Subito pronto a partire, con le vicende della storia che contestualizzano meglio il suo posto nel racconto della storia.
Credibilità rispetto al genere
Volendo fermarsi al rapporto che intercorre tra la storia, i personaggi e il genere scelto, l’alchimia tra i vari i tre elementi funziona. The Callisto Protocol regala dei momenti di pura tensione, alcuni dei quali ai limiti della sopportazione. Il team capitano da Glen Schofield non ha badato a spese quanto a brutalità. Ci sono dei momenti in cui capiamo perché il gioco non sia stato distribuito in Giappone per problematiche connesse al rating. Non è di fatto per deboli di stomaco.
Tutto il concetto di brutalità va anche ad amplificare il dramma del momento, con un Mr. Nessuno che agisce come una bestia che pensa solo a tutelare la sua incolumità, senza curarsi di quella altrui. Ed ecco che il concetto di umanità diventa il pretesto per giustificare i comportamenti di Jacob, la mera e sola sopravvivenza. Costi quel che costi, con tutti i mezzi a disposizione. Senza filtri, senza censure di sorta.
CONTROLLI/GAMEPLAY
Croce e delizia di ogni videogioco, ma anche il banco degli imputati prima di decretare la sentenza finale. The Callisto Protocol si preoccupa di rendere l’esperienza quanto più faticosa ed estenuante possibile al giocatore, un modo per far rivivere quello che prova Jacob all’interno della Black Iron. Agli sviluppatori non interessa molto approfondire le feature del DualSense, dedicando più attenzione ad altre aree (come la grafica e il comparto sonoro). Scelte che pesano a livello di esperienza.
Feeling, complessità e accessibilità dei controlli
La curva di apprendimento dello schema dei controlli di The Callisto Protocol è senza ombra di dubbio tra le migliori in circolazione. Il tutto è “istintivo” e “guidato” al tempo stesso, con un tutorial essenziale che ci suggerisce cosa fare e un training on the job negli attimi immediatamente successivi. Non parliamo di nulla estremamente complesso pad alla mano, anche se in alcuni frangenti ci sembra di andare “a vuoto”. Parliamo, infatti, del sistema delle parate e delle schivate che, per essere efficaci, vanno eseguite con il giusto timing. Non sempre è cosa fattibile, visto che i nemici talvolta attaccano in branco e il nostro arsenale – così come i movimenti – sono limitati. Il rischio di “finire in mezzo” è all’ordine del giorno.
Un altro rammarico arriva anche dal fatto di non aver sfruttato al meglio il DualSense e le feature dedicate. Si poteva costruire un mondo dietro allo sfruttamento delle tecnologie messe a disposizione dal nuovo controller della PS5, sia sotto il profilo aptico che adattivo. Il tutto, tra l’altro, in maniera del tutto coerente con il genere scelto e le sensazioni di “fatica” provate nel corso dell’esperienza.
Una bella notizia arriva, invece, sul fronte accessibilità. The Callisto Protocol prevede una moltitudine di opzioni per migliorare la visibilità e i controlli di gioco per tutti coloro che rientrano nella categoria dei “diversamente gamer”.
Struttura del gameplay e coerenza con il genere
Striking Distance ha voluto costruire, per il suo The Callisto Protocol, un esperienza “straight”. Si va diretti, dall’inizio alla fine del capitolo, con una narrazione che alterna gameplay a sequenze cinematiche, senza l’ombra di un caricamento (o almeno è quello che il giocatore percepisce). Zero interruzioni, un flusso di gameplay che si svolge in una mappa di gioco la cui struttura è a noi sconosciuta. L’assenza di una mappa e/o sistema di navigazione similari ci porta a restare con il perenne dubbio se quello che stiamo facendo sia giusto o sbagliato.
Domande del tipo, se nella stanza di fianco c’era una cassa con degli oggetti super segreti da raccogliere o se li c’era una scorciatoia ed io ho imboccato direttamente l’autostrada per l’inferno, fanno parte dell’esperienza di gioco. La continua sensazione di vagare “a zonzo” permane sino alla fine, anche se la complessità del level design scema man mano che ci avviciniamo al gran finale (ma anche questo è coerente con le vicende del buon Jacob).
Il tutto lo abbiamo comunque trovato coerente rispetto al genere survival horror. L’inventario non è illimitato, anzi, coincide rispetto a come è “vestito” il personaggio. Un’arma a tracollo e una pistola infilata dietro nei pantaloni. Il concetto di tirare fuori armi “dal cilindro” stonava con il realismo che il team di Schofield ha voluto assicurare in The Callisto Protocol. Stesso discorso vale per le chain che vedono concatenare attacchi fisici e “tecnologici”, ancorate allo spazio e al tempo a disposizione. Insomma, tutto gira ad un unico assioma: siamo delle prede. L’obiettivo è solo uno, sopravvivere.
DIMENSIONE ARTISTICA
In una parola: sublime. Il comparto grafico, se apprezzato in modalità “non prestazioni”, è qualcosa che non si vedeva da tanto. 4K UHD spalmato in ogni angolo dell’ambientazione, con scenari da far accapponare la pelle. Il comparto sonoro rende giustizia a quello visivo, costruendo un ecosistema esperienziale che viaggia sullo stesso binario del terrore e della paura. Non per deboli di stomaco, questo ve lo possiamo assicurare.
Ambientazione, stile e fattore immersione
Siamo delle prede il cui unico obiettivo e sopravvivere e abbandonare quanto prima la prigione di Black Iron. I riferimenti “filosofici” alla USG Ishimura si sprecano, ma è una cosa assolutamente normale. Glen Schofield, prima di diventare il CEO di Striking Distance, è stato il creatore e produttore esecutivo di Dead Space. Quindi, di cosa vogliamo parlare ancora? È normale che la proprietà intellettuale è rimasta nelle mani di EA che ne detiene il marchio, ma la “testa” dietro il successo della serie è la sua.
The Callisto Protocol lo hanno etichettato come un filosofico remake di Dead Space, e sinceramente ci troviamo d’accordo in parte con questo “timbro”. Un survival horror all’interno di una base spaziale. Scusate ma ne conoscete altri di successo? Dal punto di vista di marketing e del fattore nostalgia la vicinanza tra i due titoli ha fatto sicuramente bene, ma poi bisogna un attimo prendere le dovute distanze.
La scelta di realizzare un’esperienza “faticosa” è la chiave di tutto. La brutalità, le ambientazioni claustrofobiche, corpi smembrati ovunque e un costante senso di impotenza. Variabili che richiamano le nostre emozioni più profonde, che ci ricordano la sostanziale differenza tra un videogioco e una pellicola. Tutto gira attorno alla nostra presenza. Siamo noi protagonisti e registi in The Callisto Protocol.
Grado di definizione grafica e livello di realismo
Una scelta che pesa sull’economia dell’esperienza finale: raytracing/4K/30fps oppure risoluzione dinamica/60fps? Non esiste una scelta sbagliata e tutto ricade sotto la vostra responsabilità. Vi possiamo dire solo come lo abbiamo giocato noi, con alcuni momenti immortalati grazie alla photo-mode presente nel gioco. La scelta, come in altre passate occasioni, è ricaduta sulla priorità grafica, voltando le spalle ai 60fps. Per dovere di cronaca lo abbiamo provato anche in modalità prestazioni e l’esperienza risulta fisiologicamente molto più fluida. Non sono, però, mancati degli sporadici cali di frame in occasione di momenti di troppo affollamento in mappa.
Bene la definizione degli scenari e degli elementi di contesto. Male la gestione di alcuni effetti speciali come la foschia e le animazioni degli oggetti infuocati. Ci sono momenti il fattore immersione risente di queste scelte infelici, un “risparmio” che sicuramente si poteva evitare vista l’assoluta bellezza delle ambientazioni. Trattandosi di una prigione spaziale, non possiamo pretendere una varietà di arredamenti e location, che arriva comunque con la presenza di alcune dominanze cromatiche, in grado di dipingere dei quadri che trasudano disperazione ed orrore.
Un aspetto lo vogliamo sottolineare, visto che ha toccato direttamente lo scrivente da vicino. Vi sono dei momenti in The Callisto Protocol che arrivano direttamente allo stomaco. Striking Distance ha optato per la crudezza e la brutalità senza filtri, talvolta anche di difficile sopportazione. Direzione artistica sublime, con una fotografia che merita una menzione speciale in questa nostra recensione. Il tutto celebrato con i nostri scatti originali.
Colonna sonora ed effetti audio
Non abbiamo una vera e propria colonna sonora in The Callisto Protocol, se non vogliamo considerare come tale quella constante nenia simile ad un sibilo distorto. Estenuante all’inizio, ma poi ci si fa l’abitudine, anche perché probabilmente c’è un perché anche in questo… o forse no?! E poi siamo nel regno del subliminale, con voci demoniache che invocano il nostro nome (non possiamo fare esempi “espliciti”, ma sapete esattamente di cosa parliamo), e qualcuno prova anche ad interagire con noi. Ma ci voltiamo e non troviamo nessun essere umano ad aspettarci, solo mostri assetati di sangue.
Sul fronte effetti sonori, però, dobbiamo fare alcune premesse. The Callisto Protocol lo abbiamo interamente giocato con cuffie Audio 3D, apprezzando l’estensione del comparto audio in tutte le sue dimensioni. Tintinnii e sospiri che accarezzano l’intero padiglione auricolare, prima di entrare nel timpano ed attivare il cervello. Wake Up and Run, Jacob. Talvolta, infatti, siamo rimasti imbambolati dalla crudezza della scena per essere subito richiamati in causa dopo aver udito una tridimensionalità sonora che ci ha portato ad attivare le sinapsi e percepire il pericolo. Se non ricordiamo male questa è l’immersione giusto?!
INTRATTENIMENTO
Possiamo andare in scena con The Callisto Protocol? La risposta è un secco NI. Non vi sono moltissime modalità (una per l’esattezza) e la dimensione competitiva è inesistente. Certo, il suo lato cinematografico si presta per una serie di argomentazioni da affrontare in live, ma è una cosa che dovete valutare voi.
Modalità di gioco e rigiocabilità
Arriviamo alle dolenti note, se così le possiamo definire. Quanto a modalità di gioco, The Callisto Protocol non offre molto. Nessun minigame e nessuna modalità accessoria. Solo modalità Storia e nulla di più. Questo lascia pochi margini anche in chiave rigiocabilità, anche se le nostre affermazioni vanno parametrate rispetto al Season Pass.
Quello che sappiamo oggi è che tra i contenuti aggiuntivi “a pagamento” troviamo, oltre a delle nuove animazioni che interessano le morti del protagonista, vi è anche una modalità chiamata Contagion. Questa introduce il concetto di permadeath e aumenta il livello di difficoltà del gioco.
Feature multigiocatore e predisposizione allo streaming
Il lato cinematografico di The Callisto Protocol lo rende fisiologicamente pronto allo spettacolo e allo streaming. Non essendoci una dimensione competitiva del gioco, tutto passa nelle mani del conduttore e degli spettatori, con validi argomenti che vengono serviti nel corso dei vari capitoli. E forse più da Just Chatting che da streaming gameplay, per via della sua inclinazione cinematografica che apre a diversi dibattiti sul genere horror e survival.
In conclusione
The Callisto Protocol è la creatura perfetta di Striking Distance, tutto quello che il buon Glen non ha potuto fare quando era a bordo di Visceral Games ed è rimasto nel limbo del dimenticatoio. Una seconda chance, sfruttata nel migliore dei modi. Ci abbiamo visto tantissimo di Dead Space. Quella disperazione e quel costante senso di claustrofobia e la paura che tutto quello che facciamo non serva ad una beneamata fava.
Certo, non è tutto oro quello che luccica. L’insidia del fattore ripetitività è dietro l’angolo, e l’offerta a livello contenutistico non offre molte soluzioni alternative oltre al concetto di missione principale. La scelta è ricaduta su una narrazione in stile cinematografico, ponendo un attenzione maniacale ai dettagli grafici e sonori. Sulla piazza i termini di paragone sono ai livelli di tripla A, con il rammarico di non averlo visto tra la nominations dei TGA 2022. Fosse uscito qualche mese prima le cose sarebbero andate diversamente.