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The Order: 1886, la recensione: il kolossal senz’anima

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The Order: 1886, la recensione: il kolossal senz’anima

La storia di The Order: 1886 è stata piuttosto travagliata sin dall’inizio, ai problemi di produzione sono subentrati rinvii su rinvii della data di uscita (da novembre 2014 a febbraio 2015), persino il prezzo finale del titolo – di 10 euro inferiore rispetto alla soglia classica dei 69.99 dei nuovi arrivi – fa pensare a un debutto decisamente problematico.

Nonostante tutto l’attesa era davvero tanta, i frame del gioco trapelati in rete negli ultimi mesi hanno tenuto alte l’attenzione e le aspettative dei gamers di tutto il mondo, poiché i ragazzi di Ready at Dawn promettevano un’esperienza grafica oltre i limiti conosciuti. Lo studio che ha creato God of War, supportato da Sony Entertainment che ha reso The Order: 1886 esclusiva PlayStation 4, è riuscito nell’intento di andare oltre l’apparenza?

La Londra vittoriana di The Order: 1886

Prima di rispondere è giusto analizzare l’aspetto che più caratterizza il titolo, ovvero proprio l’aspetto visivo, cercando di capire se le promesse sono state mantenute. Il motore che muove la grafica di The Order: 1886 rappresenta effettivamente una novità e scardina tutto quel che abbiamo visto sinora sulla nuova console di Sony. La Londra vittoriana, gli interni cupi e le strade disastrate sono riprodotti con cura maniacale, allo stesso modo i volti e gli abiti dei personaggi che sfiorano il fotorealismo.

A impressionare anche la qualità del motion capture, ovvero quella tecnologia che permette di catturare movimenti reali grazie ad un attore in carne e ossa e adattarli a modelli 3D. Le espressioni dei personaggi, le loro azioni, la fisica di tutti quegli elementi quali capelli, vestiti, armi, oggetti in-game sono ricreati con qualità assoluta, una vera goduria per gli occhi.

The Order: 1886

Non è raro vedere tazze di tè fumanti o elmetti che schizzano via dalla testa dei nemici al riparo, solo per fare qualche esempio. Ci troviamo all’interno, letteralmente, di un film interattivo, un lungometraggio nel quale è il giocatore a muovere i fili legati al protagonista. Ad aumentare la sensazione di ‘prodotto cinematografico’ la scelta del formato panoramico 2.39:1, perfetto per un blockbuster hollywoodiano ma forse immaturo e poco user friendly per un videogioco.

Sulle TV casalinghe Full HD sono infatti sempre presenti delle odiose barre nere che limitano di molto il campo visivo, negli intermezzi preconfezionati come durante le fasi di gioco. Fra l’altro non è chiaro se si tratti di una scelta stilistica pura e semplice oppure di un furbo espediente per avere meno pixel da elaborare, e dunque poter spingere di più sulle prestazioni grafiche; probabilmente un mix delle due cose. Sul fronte della fluidità nessuna sorpresa particolare, siamo bloccati costantemente a 30 fps e 1080p di risoluzione, nessun calo e nessuna accelerazione.

The Order: 1886

Oltre la superficie, come abbiamo visto curata e patinata come ci si aspettava, si nascondono però i veri problemi della produzione. Innanzitutto la difficoltà a catalogare, per forza di cose, questo The Order: 1886, che dal punto di vista del gameplay risulta un titolo decisamente confuso. Nelle fasi più concitate vorrebbe tanto essere uno sparatutto in terza persona in stile Call of Duty (ok, è esagerato, preferite Gears of War?), ma ad essere sinceri e un po’ provocatori si potrebbe azzardare a chiamarlo ‘avventura grafica 3.0’.

Il dinamismo e il ritmo serrato di ogni sparatutto che si rispetti sono infatti completamente assenti, abbiamo invece una presenza massiccia di sequenze parlate (e di durata medio-lunga, per giunta), piccole indagini prive di interesse, eventi Quick Time in cui per proseguire bisogna premere il tasto giusto nell’attimo giusto.

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A tutto questo si alternano momenti frenetici ma tutti rigorosamente simili, ovvero spazi di stallo in cui sparare ai nemici da dietro un riparo. Tutto procede come in un corridoio infinito con una sola strada da percorrere e zero sorprese, zero variabili. Neppure il livello di difficoltà più alto vi garantisce brividi degni della storia, vi troverete solo a fare e rifare stesse sequenze più volte.

Chiudono il triste cerchio la durata decisamente ridotta, si completa il tutto in 6-7 ore di gioco, i controlli macchinosi e i nemici, dall’intelligenza basilare e nel 90% dei casi sempre identici. Se non si è dunque propensi alla pazienza e all’ascolto dei lunghi intermezzi (per ovvi motivi impossibili da saltare) mal digerirete il titolo di Ready at Dawn.

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Titolo che aveva davvero le carte in regola per rappresentare una grande esclusiva. Nel contesto realistico della città di Londra in età vittoriana, ci ritroviamo membri di un Ordine fondato da Re Artù in persona per contrastare creature geneticamente modificate anche dette mezzo-sangue.

Grandi sfumature fantasy dunque in The Order: 1886 con tutte le conseguenze del caso: armi sperimentali e visionarie, bestie metà uomo e metà lupo da abbattere, nuclei di ribelli da annientare. È quasi doloroso vedere questi potenziali elementi, inoltre ricreati con un comparto visivo eccezionale, cedere miseramente all’inconsistenza del gameplay generale. Un gioco che lascia davvero l’amaro in bocca per l’immensa occasione sprecata, bisogna soltanto sperare sia un esperimento basilare proiettato al prossimo futuro.

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