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Werewolf: The Apocalypse – Earthblood, la recensione PS5

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Werewolf: The Apocalypse – Earthblood, la recensione PS5

Un’avventura tra leggende e attualità, con un bel tocco di brutale violenza, quella di Werewolf: The Apocalypse – Earthblood, il titolo della nostra recensione per console PS5. Nacon e Cyanide firmano questo action RPG in terza persona che ci porta nel mondo dei licantropi-eco-terroristi. Magari alla giovane Greta Tunberg avrebbe fatto comodo sapere che poteva contare sul loro supporto. Battute a parte, gli sviluppatori francesi costruiscono una storia che affonda le sue radici in problemi legati all’attualità. Il male viene personificato nella Endron, una multinazionale senza scrupoli che sta “succhiando” la linfa vitale di Gaia, il nostro amato pianeta.

Cahal, il protagonista di questa avventura, è un eco-terrorista che si batte per i suoi ideali. Bandito dalla sua tribù, decide di spendere ogni goccia del suo sangue, metà uomo e metà licantropo, per salvarla dalla loro grinfia. Porta con sé molto dolore e da questo alimenta la sua rabbia e la sua sete di vendetta. Werewolf: The Apocalypse – Earthblood nasce come ambientazione del gioco da tavolo della serie World of Darkness, edito da White Wolf Publishing. La storia, infatti, proviene da quel mondo. Sappiamo tutti come è difficile calare qualcosa che, per ritmi e fruizione, è completamente diverso da un videogioco.

Werewolf The Apocalypse Earthblood recensione ps5

Anche se gli sviluppatori francesi tentano di sfruttare la potenza dell’Unreal Engine 4, il gameplay appare troppo “vecchio” per i tempi che corrono. Le animazioni non convincono e sembrano provenire da una generazione ben lontana da quella attuale. Il design dei personaggi e delle ambientazioni lascia più di qualche perplessità. La brutale violenza si scontra con delle dinamiche di gameplay troppo didascaliche e poco catchy. I vari livelli seguono sempre lo stesso andamento dall’inizio alla fine, anche se il contesto e i nemici cambiano sempre. L’IA degli NPC avversari è poco intelligente e una volta compreso lo script si può giocare ad occhi chiusi.

Vi è ancora altro da dire, ma lo lasciamo alla nostra recensione di Werewolf: The Apocalypse – Earthblood, titolo, vi ricordiamo, giocato su console PS5.

Un problema di tempistiche

Partiamo dal presupposto che Werewolf: The Apocalypse – Earthblood non è un gioco con una versione dedicata next-gen. Il titolo, infatti, è compatibile con PS5 e Xbox Series X, ma di fatto nasce su PS4 e Xbox One, con una versione anche per Windows PC. Questa premessa anticipa quali potrebbero essere i suoi punti deboli, poi concretizzatisi in gameplay. E sono questi che, poi, si portano dietro tutte le problematiche del gioco.

Il titolo nasce come un action RPG che dovrebbe fare della frenesia e della violenza gli assi portanti di tutto il gameplay. Sul secondo aspetto non si discute, visto che la parola censura non è ammessa in nessun modo. Per quanto riguarda la frenesia, invece, purtroppo non l’abbiamo vista nemmeno di striscio. Purtroppo quando ti muovi su un framerate bloccato a 60 fps è piuttosto naturale (anche se a volte scendere sotto questo numero).

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Tutto cambiava se le versioni next-gen avessero viaggiato sui 120 frame al secondo fissi. Beh in quel caso ci saremmo ampiamente divertiti. Anche la telecamera e i suoi movimenti non reggono il passo con la promessa frenesia del gameplay. L’assenza del motion blur fa venire dei gran mal di testa quando si deve seguire la furia di Cahal. Purtroppo queste note dolenti si portano dietro tutta la riuscita del gioco.

Il resto, poi, non è nulla di nuovo. Lo skill tree è di natura soulslike, in cui sviluppare le diverse forme di Cahal. I punti abilità riflettono il nostro modo di giocare, incentrato sulla collezione di violente combo e spettacolari kill. Da sottolineare la presenza di Penumbra, un luogo a metà tra quello reale e quello degli spiriti, dove sbloccare secondarie e abilità speciali.

A ogni forma un gameplay

Per volontà del game director Julien Desourteaux, Werewolf: The Apocalypse – Earthblood ha ereditato molto da Styx: Shards of Darkness, altro titolo sviluppato da Cyanide. Questo lo si vede solo in alcuni momenti e forme di Cahal. Tutta la componente collegata ai combattimenti, invece, è stata costruita da zero.

Come anticipato in precedenza, il protagonista del gioco è un mutaforma in grado di trasformarsi in lupo e lincatropo a proprio piacimento (o quasi). In realtà è proprio il gameplay a indicare quale forma assumere. Anche la musica aiuta in questo, con delle colonne sonore heavy metal “da paura”. Tornando al discorso delle forme di Cahal, ognuna di queste è funzionale alla situazione.

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Quando ci trasformiamo in lupi si agisce in modalità stealth. Si sfruttano i ripari che i level design ha scelto per noi, in modo da aggirare ostacoli e nemici. Questo permette, inoltre, al nostro eroe di agire in silenzio per sbloccare porte e compiere spietate esecuzioni. Nella prima parte di ogni livello si alternano le trasformazioni uomo/lupo, senza mai arrivare alla terza ed ultima forma, quella più devastante.

Dopo il Lupus, arriva la furia del Crinos. Questa forma non è per i deboli di stomaco, visto che muri e pavimenti si tingeranno rosso sangue. In questa modalità, Cahal può ulteriormente contare su due ulteriori pose da battaglia, una che sfrutta l’agilità e un’altra la forza bruta. E qui che si pesa l’assenza di un framerate adeguato, in grado di esaltare la furia del momento. Se avessimo avuto i 120 fps stabili, avremmo dimenticato la presenza di un comparto grafico che, a conti fatti, si dimentica di essere su next-gen.

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Il commento

Non azzecca bene il timing dell’uscita Werewolf: The Apocalypse – Earthblood, dimenticandosi che la next-gen è già uscita da qualche mese. Graficamente parlando, se proprio dobbiamo dirla tutta, non siamo nemmeno ai livelli di PS4 e Xbox One. Il framerate è bloccato a 60 fps, anche se ogni tanto qualcuno se ne perde per strada. Il massimo, almeno per PS5 e Xbox Series X|S, sarebbero stati i 120 fps fissi. Utili, magari, per dimenticare la pessima gestione dell’Unreal Engine 4. 

Il titolo si presenta come action RPG in terza persona, con una progressione che segue un classico skill tree di matrice soulslike (in versione molto easy). Le dinamiche di gameplay, salvo la presenza di Penumbra, seguono un andamento analogo tra i vari livelli. Le forme di Cahal si alternano sempre allo stesso modo e con lo stesso ordine, scimmiottando un IA dei nemici che lascia al quanto a desiderare. Menzione d’onore per le colonne sonore Heavy Metal, in grado di colorare un gameplay che si muove sui toni di grigio. 

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