Una caccia selvaggia in un mondo immerso di storia e magia, e quanto abbiamo visto in Wild Hearts, il titolo della nostra recensione per console Xbox Series X. KOEI TECMO Omega Force escono dal terreno dei souls per tentare un approccio più action e strategico. Difficile dimenticare il passato degli sviluppatori ma EA gli da fiducia.
COINVOLGIMENTO
Il paragone viene quasi in automatico da fare, ma ancora la strada è lunga prima di raggiungere l’obiettivo. La prima uscita sul campo merita, comunque, un plauso.
Prime impressioni e interpretazione del genere
Il dominio incontrastato della serie Monster Hunter sembra destinato a vivere una breve battuta di arresto. KOEI TECMO Omega Force si diverte a rompere le scatole ai colleghi di Capcom lanciando nella mischia un innovativo hunting game. I tratti caratteristici sono quelli della serie Ninja Gaiden e NiOh, lanciando un piccolo assist a Wo-Long Dynasty Fallen (anche se è ancora prematuro parlare di qualcosa che è ancora non è del tutto presente).
Un paragone che deve essere inteso al netto di tutta la componente souls che di fatto manca in Wild Hearts. Non esistono tecniche di combattimento, pose e stance particolari. Solo 3 tipologie di attacco, “da dosare” per non erodere troppo il livello di stamina. Il resto è pura esplorazione, da vivere in solo o in co-op assieme ad un solo amico. Flora e fauna vivono in perfetta simbiosi, con una compenetrazione che trascende lo spirito e il corpo. Siamo noi ad essere considerati come estranei e finire da cacciatore a preda è piuttosto facile.
Fattore ripetitività e scalabilità livello di difficoltà
KOEI TECMO Omega Force ha studiato molto bene la concorrenza. L’introduzione del co-op già sin da subito, a partire dal lancio, è stata una mossa super azzeccata. Questo permette non solo di aggirare il fattore ripetitività, insito in tutti i giochi di matrice ruolistica, ma anche di condividere da zero il brivido della caccia con qualcuno a noi vicino. Non si tratta, però, solo ed esclusivamente di due PG giocanti che fanno le stesse cose. L’aspetto strategico è fondamentale quando si è in due sul campo.
I Kemono – bestie giganti che si sono completamente fuse con la natura e il loro habitat – oltre ad essere artisticamente eccezionali sono estremamente pericolosi e mortali. Con loro non si scherza, e non c’è smashing button che tenga. Se non si va con le idee chiare si finisce al creatore. Per quanto il livello di difficoltà non è quello tipico di un souls, Wild Hearts esige comunque una soglia di attenzione ben più alta di quella di un semplice aRPG open world. Motivo per cui è meglio se si è in due sul campo.
CONTESTO DI GIOCO
Tra storia e magia, il contesto è sicuramente quello ideale. Non vi sono degli slanci di originalità che hanno richiamato il nostro WoW, ma il risultato finale è comunque gradevole.
Storia e protagonisti
Liberamente ispirato alla storia del Giappone feudale, Wild Hearts affonda le sue radici nel magico scenario di Azuma. Realtà ed immaginazione, così come tecnologia e magia, riescono a convivere in un mistico equilibrio. Ma la pace non è destinata a durare in eterno. I Kemono, vagano in tutto il regno e fuori dai loro habitat, mettendo a rischio l’incolumità delle persone. Per correre ai ripari, l’unica soluzione siamo noi, cacciatori di bestie. Abili con la spada così come l’ingegno e la tecnologia, il destino di Azuma viene tutto caricato sulle nostre spalle.
Credibilità rispetto al genere
Si tratta di un hunting game a tema mostri per cui è normalissimo che il confronto punti sempre e solo in unica direzione. Wild Hearts sfida la serie di Monster Hunter, che vanta all’attivo ben 17 titoli del solo filone “principale”. Capite bene il perché di cotanta perplessità quando qualcun altro, dopo quasi 20 anni di dominio incontrastato, tenta di mettersi di traverso e dire “ehi, guardate ci siamo anche noi”.
E ben vengano queste sfide, e non è un caso che EA si sia buttata a capofitto, facendo rientrare Wild Hearts nel programma speciale EA Originals. Nel ruolo di “mecenate” del gaming, l’intento della nota società americana è quello di far emergere gli studi indipendenti, riconoscendo il valore aggiunto di alcune produzioni. Per quanto Koei Tecmo e Omega-Force non rientrino nella speciale categoria dei “piccoli” indie, la scelta di puntare su Wild Hearts è stata una bella mossa.
CONTROLLI/GAMEPLAY
Obiettivo immediatezza raggiunto. Il fattore immersione vive in questo preciso aspetto del gameplay, da non confondere con il troppo “semplice”.
Feeling, complessità e accessibilità dei controlli
Si va subito alla ricerca di confronti, giusto per avere qualcosa da mettere sotto i denti. Il cuore punta a Monster Hunter, la testa, invece, richiede un souls. E se il fattore intrattenimento vivesse al centro tra i due? In medio stat virtus suggerisce Aristotele, una sentenza che calza a pennello in Wild Hearts. La complessità, tipica di un souls, viene alleviata dalla presenza di un sistema di controlli che prevede diverse cose da fare, ma tutte con immediatezza e suggerimenti a video. Un terreno sempre confortevole, che non spaventa nessuno, nemmeno i novizi con il genere.
Si entra subito in sintonia con Wild Hearts. Non notiamo barriere d’ingresso particolari, anche se il formamentis del cacciatore aiuta sicuramente i veterani. Davanti a noi si apre un gameplay un po’ atipico, con un apparente libertà nel fare e scegliere cose. È una finzione videoludica, visto che le cose da fare sono ben evidenziate in mappa, ma la scelta circa il farne “altre” spetta sicuramente a voi. A vostro rischio e pericolo.
Struttura del gameplay e coerenza con il genere
Non ci sono tantissime cose da ricordare in Wild Hearts. Il gameplay, per quanto articolato, è di subitanea assimilazione per via della sua instancabile vena action. Esiste, però, un “ma”: l’animo dei souls c’è anche se non di immediata comprensione. Tutto il gioco ruota attorno alla presenza dei kemono, bestie mistiche che vivono in completa simbiosi con la natura e che da essa traggono poteri ed energie. Non si conosce l’effetto della nostra presenza su di loro sino a quando non si accorgono della nostra esistenza. A quel punto, se non siete abbastanza pronti lato equipaggiamento e livello di potenza, la vostra fine è cosa certa. Non vi ricorda nulla come approccio?
È un accordo tacito che stringete con il gameplay sin da subito. La fretta non vi porta da nessuna parte, motivo per cui la presenza della componente del crafting è fondamentale. Si può creare di tutto in Wild Hearts, dalla costruzione degli accampamenti sino alla forgiatura delle armi. Il punto focale restano i karakuri, oggetti che possono essere utilizzati in battaglia a scopo offensivo e difensivo.
Il poter utilizzare sia armi che abilità, anche sfruttando in parte l’ambiente e geomorfologia del terreno, alterna il gameplay tra una dimensione action ed un’altra strategica. Un aspetto che viene fuori maggiormente quando si è in due, pianificando modalità e tempi di attacco, con tanto di tattiche evasive ed elusive. Il divertimento, sicuramente, non mancherà.
DIMENSIONE ARTISTICA
Un vero rammarico certo, ma eravamo preparati a questa evenienza. Wild Hearts non spicca per qualità grafica, un’aspetto che incide anche sull’economia generale dell’esperienza di gioco.
Ambientazione, stile e fattore immersione
Wild Hearts è ambientato nel magico scenario di Azuma, una location in grado di ospitare svariati ecosistemi che si fondono con i kemono. Il colpo d’occhio generale è sicuramente interessante, per quanto l’engine non sia in grado di rendere giustizia a tutti gli elementi grafici presenti nello scenario. Per quanto non si tratti di un open-world propriamente detto, da Koei Tecmo e Omega Force ci aspettavamo molto di più sotto questo aspetto, anche per via del loro curriculum.
Il fattore immersione risente di questa poca definizione grafica delle ambientazioni, ancor prima di quella dei personaggi. È una cosa che ci è venuta istintiva, anche perché non ci si può presentare alle porte della next-gen con qualcosa che guarda troppo una generazione di console precedente all’attuale. Di prima impatto, purtroppo, è l’unica cosa che ci viene naturale pensare.
Livello di definizione grafica
Analogamente a quanto riferito per la componente ambientazione, il vero dilemma della definizione grafica diventa poi un problema in ottica generale, ed inficia negativamente sull’esperienza di gioco. Il fattore immersione, passa anche per il gradimento della componente visiva, e pertanto ci tocca evidenziare questa defezione. L’engine dimostra dei chiari segni di “anzianità”. Inadatto per le console di nuova generazione, con una modalità “risoluzione” che rende Wild Hearts quasi ingiocabile. Anche disabilitando l’effetto movimento, i 30fps diventano deleteri in ottica fruibilità.
Passando ai 60fps la musica cambia ritmo, e non si avverte nemmeno la sensazione di aver perso qualcosa di importante per strada. Un aspetto sintomatico di un problema piuttosto evidente, visto che una tale scelta solitamente diventa uno spartiacque emotivo non indifferente. C’è da dire, però, che quanto a creatività l’impegno c’è stato ed è da riconoscere. I kemono sono fantastici sotto il profilo del design, un po’ meno per quello che concerne la resa finale. Un vero peccato per un’esperienza di gioco che poteva diventare molto di più di quello che ci si aspettava.
Colonna sonora ed effetti audio
Wild Hearts non offre nulla di concreto sotto il profilo sonoro che merita un’attenzione particolare. La colonna sonora rientra nella norma, e gli effetti sonori non tengono minimamente presente il fatto che esiste una tecnologia che si chiama DTS su Xbox Series X. Tutto questo, ancora a dimostrazione del fatto che forse si sono persi una “generazione” per strada.
INTRATTENIMENTO
Two is meglio che One, suggeriva un noto spot televisivo. La condivisione dell’esperienza di di gioco con un’altra persona aiuta a trovare dei validi stimoli per rituffarsi nell’avventura.
Modalità di gioco e rigiocabilità
Il fatto che Wild Hearts preveda anche un approccio condiviso apre numerosi scenari in chiave rigiocabilità. Non vi sono altre modalità a disposizione oltre a quella storia, pertanto una volta arrivati all’endgame (e in attesa di un eventuale arrivo di contenuti post lancio) si punta al raggiungimento di nuovi tragaurdi in compagnia di qualcuno.
Feature multigiocatore e predisposizione allo streaming
Non essendoci una dimensione competitiva propriamente detta, la condivisione di questa esperienza PvE è la chiave per creare una forma di intrattenimento verso l’esterno. Chi sta dall’altra parte entra in empatia con la partita, sentendosi parte attiva della coppia di giocatori.