Viviamo in un mercato ormai incredibilmente saturo di “malessere consumatoriale”, quasi in ogni dove gli appassionati di videogiochi parlano del medium lamentandosene. Anche in casi in cui non vi è assolutamente alcun reale discontento si “parla male”, questo perché ci sono sempre boom mediatici di negatività e sgomento per un motivo o per un altro: Square Enix e le sue scelte di produzione, KOEI e il mercato occidentale, i Game Awards, altri mille altri argomenti di discussione e – dulcis in fundo – la più grande delle prerogative di quest’ultima generazione del videogioco: il contenuto scaricabile a pagamento (DLC).
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Introdotto nella settima e ormai assolutamente standard in quest’ottava generazione [usando come base le console, s’intende. nd Mike], il “Downloadable Content” ormai ha superato di gran lunga il suo originale significato di “Espansione scaricabile” ed è divenuto un sistema di vendita e PRE-vendita universale, del quale le aziende pianificano l’esistenza per generarci intorno aspettativa prima ancora che si sappia la release date di un determinato titolo. Peggio ancora, per garantirsi dei preordini segregando del contenuto elaborato nello sviluppo originale come prerogativa esclusiva di chi effettua tale “peccato”, che io definisco tale ritenendo il pre-ordine di contenuto digitale un disastroso errore che sta mortificando i consumatori negli ultimi anni.
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Le espansioni vere e proprie sono ormai trattate come videogiochi a sé stanti. Sentir parlare di ”trilogia di Starcraft 2” sembra quasi insensato, pensando a come un tempo abbiamo vissuto “The Frozen Throne” di Warcraft III, acquistandolo come “Expansion Pack”. Dopotutto, l’ultimo vero esempio che ricordiamo di questa tipologia di prodotto probabilmente è stato “Awakening” di Dragon Age: Origins. I giocatori quindi marciano su una strada di malumore e accettazione di una spirale che non sembra in alcun modo fermarsi, ma solo cadere sempre più nel baratro di meccaniche di produzione, vendita e comportamenti anti-consumatori.
Cosa succede quindi quando ci troviamo dinanzi a un “DLC” che invece meriterebbe davvero tale originale nomenclatura? Bloodborne: The Old Hunters è questo, una delle migliori espansioni che abbia mai avuto modo di vivere nella mia esperienza di giocatore e, nonostante tutto, si ritrova volente o nolente in un mercato pregno di negatività e – più o meno fondati – pregiudizi sull’argomento.
The Old Hunters è stata un’eccezionale aggiunta a Bloodborne, al punto che il gioco base risulta ancor più carente di contenuto ora che è presente un update così mastodontico e ben costruito. Il titolo originale rendeva disponibili al giocatore 23 armi, di cui 15 bianche, in circa 40 ore di gioco, disponendone la posizione in maniera molto più lineare rispetto al suo predecessore spirituale Dark Souls, in modo meno legato alle decisioni esplorative del giocatore. Questo contenuto scaricabile ne aggiunge ben 15 – di cui 11 bianche, più uno scudo – in un’esperienza di gioco di una decina d’ore. Un tale apporto di contenuto è impressionante rispetto all’originale e l’accesso alle nuove aree è incredibilmente rapido anche per una partita appena all’inizio, il che trasforma e arricchisce non poco l’esperienza e le possibilità d’avanzamento offerte da Bloodborne.
Il Level Design di quest’espansione è ancor più lineare del titolo originale (che comunque punta ad un’immagine più orizzontale del mondo di gioco rispetto a Dark Souls), ma mostra un’incredibile cura per i dettagli, la creazione di asset originali e nuove possibilità di gameplay, con arene intriganti, spazi angusti e idee argute e ostiche sia per i veterani che i neofiti alla prima esperienza.
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Non si può non rimanere colpiti da ciò che si vede e gioca: il videogioco è questo, è avere il controllo su un mondo fantastico attraverso la semplice pressione di tasti, che ottengono una reazione in tempo reale [più o meno, visto il frame rate. nd Mike], è viaggiare all’interno della mente di un creativo e dei suoi collaboratori, e From Software con i Souls è esattamente questo che vuol portare all’acquirente. Questo contenuto scaricabile ottiene questo effetto di totale abnegazione e assimilazione del giocatore nel quadro vivente creato dalle loro mani, forse più di qualunque altro loro lavoro fino a oggi, e fa ben sperare per ciò che potrebbe essere Dark Souls 3 il prossimo anno.
Abbiamo a che fare poi con un dettaglio molto serio che io però, pur incantato dalla cura con la quale è stato realizzato, critico fortemente, ovvero l’approfondimento del background narrativo del mondo di gioco. In titoli così profondamente lore-centric, il fatto che un contenuto extra a pagamento sia cruciale per comprendere la storia del gioco originale è qualcosa che mi infastidisce moltissimo come consumatore. Non si tratta di un’aggiunta extra completamente opzionale, costruita ad hoc per chi vuole più contenuto di un titolo che ha amato e per il quale è disposto a pagare, bensì una componente fondamentale per comprendere eventi e personaggi del titolo vanilla.
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Tutto questo dimostra una cura per la struttura narrativa davvero imponente, allo stesso tempo però ne sottolinea la vaghezza dei contenuti e la mancanza di rispetto nei confronti di chi si dedica con passione alla comprensione di ciò che è sempre stato promesso esserci dietro la superficie, ovvero una completezza che potrebbe esser stata volutamente omessa per un probabile sequel in arrivo nel futuro… Ho sgradito molto anche ciò che va fatto per accedere al contenuto, ovvero si sfrutta una situazione e un’animazione già presente nel gioco originale e apparentemente del tutto superflua senza capo né coda: fosse stata aggiunta insieme al DLC, sarebbe stata una mossa molto furba e perfettamente integrata.
Bloodborne: The Old Hunters è un’espansione meritevole, ha delle boss fight intriganti e originali – nonostante una di esse sarebbe potuta essere più studiata – e regia ed estetica quasi impareggiabili nel mondo dei videogiochi attuali: come tale è normale “porti avanti” la trama, così come il citato “The Frozen Throne”, ma i Souls sono stati titoli costruiti proprio per evitare una continuità come questa. Anche se Bloodborne è un esperimento alieno alla nomenclatura della famosa IP, queste scelte commerciali le trovo comunque pericolose.
L’incubo del Cacciatore è la prima scritta che appare dopo esser entrati in questa parte così meravigliosamente complementare di Bloodborne, mostrando immediatamente la mano artistica e coscenziosa dietro un mondo così distorto e lovecraftiano [a cui, ripeto, è stato preso un po’ troppo a piene mani senza dir nulla a nessuno, nonostante fosse il desiderio dell’autore. nd Mike]. Rimane da chiedersi e scoprire cosa e quanto un prodotto così ben studiato possa portare al mercato, sperando non arrechi involontari danni, come Kos al mondo di Yharnam… O era Kosm?
Michele “Sabaku No Maiku” Poggi