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Deathloop: la recensione su PS5

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Deathloop: la recensione su PS5

Un lungo e sanguinoso giorno della marmotta, quello che vivrete in Deathloop, il titolo della nostra recensione in esclusiva per console PS5. Tornano sulla scena le menti creative di Arkane Studios, che ricordiamo tutti per averci regalato la serie Dishonored e la follia pura di Prey, senza dimenticare quel BioShock 2 uscito nel 2010. E da questi 3 che, a nostro avviso, ci sono molte libere ispirazioni servite per la riuscita di questo nuovo progetto, che impressiona per originalità e stile.

Il mondo degli FPS ed FPP inizia a diventare un tantino stretto ed emergere non è per niente facile. Il merito, che va riconosciuto a Deathloop, è quello di combinare gli elementi di entrambi i generi, per dare vita ad un mix esplosivo in grado di catturare l’attenzione del player sin da subito. Il contesto di gioco è molto confusionario. All’inizio, in particolare, non si capisce una beata “fava”, con messaggi di testo che si diradano nell’aria, una voce femminile che non fa altro che prendersi gioco di noi e tutti che vogliono la nostra morte.

DEATHLOOP recensione ps5

Ed è stupendo il vedere come quel cubo di Rubik iniziale, cambia la sua forma fino ad assumere una fisionomia ben precisa. E la cosa ancora più interessante è che ogni elemento, documento e oggetto serve a raggiungere questo preciso scopo. Artisticamente non si discute. Lo abbiamo gustato a 30 fps con raytracing sempre attivo e i 60 fps non ci sono mancati nemmeno per un istante. Almeno questo vale per la campagna in single player. Quando, poi, si passa in multigiocatore la musica cambia. Li dovete essere rapidi e veloci per non farvi impallinare.

L’unica pecca arriva dall’intelligenza artificiale degli NPC nemici. Per quanto la difficoltà adattiva si regoli in base alle nostre performance, il vedere l’eternalista di turno non attraversare una porta aperta (e diventare una bella pignatta, ndr) non è stato proprio il massimo. Probabilmente migliorerà con qualche patch futura ma lo segnaliamo per dovere di cronaca. Il resto lo lasciamo alla nostra recensione di Deathloop, titolo, vi ricordiamo, provato nella sua versione per console PS5.

Prime impressioni: benvenuti nel regno della follia

I primi momenti di Deathloop si vivono all’insegna del caos più totale. Si ha l’impressione di non capire nulla di quello che ci succede e sta accadendo intorno a noi. Si va avanti per inerzia, cercando di cogliere indizi dall’ambiente circostante e da un altoparlante che sembra darci dei consigli volutamente sbagliati. E poi arriva la nostra nemesi, Julianna, che ci fa volare già da 30 mt di altezza. Il risultato può sembrare piuttosto scontato e invece no. La morte non entra in Blackreef.

Basta poco per comprendere alcune dinamiche base di Deathloop, con un ciclo che ricorda molto un roguelike. Muori e perdi tutto. Si ricomincia dalla spiaggia in attesa di capire cosa e come fare, ma soprattutto conoscere il passato e il presente del protagonista. L’eccentrico Colt sembra maneggiare bene ogni tipo di arma. Si muove con furtività e sa creare il giusto caos quando la situazione lo richiede. Non vi è un giusto modo di fare le cose, anche se l’ambiente circostante fornisce degli indizi.

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Il buon Colt, infatti, non combatte solo con le armi ma sfruttando la propria creatività. Un distributore di palline, o una torretta hackerata vi forniscono il cd. vantaggio tattico che vi aiuta quando un’orda di eternalisti invasata è in cerca di sangue, il vostro. Fate attenzione a questo dettaglio, anche perché la vostra fama vi precede. La difficoltà, in Deathloop, è una cosa che non potete gestire direttamente. Questa, infatti, si bilancia in maniera dinamica e segue con attenzione il vostro rendimento.

Vivrete l’isola di Blackreef più e più volte, di mattina, pomeriggio e sera. Non ci sono mai punti di riferimento e gli elementi di contesto cambiano in continuazione. Siete costretti a tornare più volte nello stesso luogo, per scoprire un dettaglio che vi era sfuggito o aprire una porta e/o una cassaforte dopo aver scoperto il codice da un’altra parte dell’isola. Potete decidere come e dove vivere il vostro giorno della marmotta, anche se la giornata finisce sempre e solo in un modo. La spiaggia vi aspetta.

Contesto di gioco: l’ordine vive nel caos

Il caotico contesto di gioco di Deathloop è uno dei punti di forza della contorta storia che si cela dietro l’isola di Blackreef. Tutto inizia con un’anomalia spazio-tempo scoperta in questo posto, e una società, Aoen, che ottiene dal governo il permesso di condurre degli studi. L’azienda, finanziata dai Visionari, ha in realtà un altro obbiettivo in mente: il raggiungimento della vita eterna. Come ogni cosa, però, esistono dei pro e contro.

L’isola fa vivere i suoi abitanti in un loop temporale che, ad ogni ciclo, cancella la loro memoria in maniera indelebile. O, almeno, è così per gli Eternalisti, ma non lo stesso per i Visionari. Sono loro gli obiettivi di Colt, tra cui spicca la sua nemesi Julianna. Nel corso dell’avventura farà la sua comparsa in diverse occasioni, diventando, man mano che eliminerete i Visionari, sempre più tenace e difficile da battere.

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Non esiste una progressione del personaggio vera e propria. Il potenziale di Colt si sviluppa dal giorno alla notte, con la possibilità di scegliere come e dove svolgere la propria missione. Non vi sono incarichi secondari da completare, anche se l’isola richiama la voglia di esplorare. Se Deathloop non avesse avuto interruzioni e senza, quindi, l’obbligo di andare nelle gallerie sotterranee per procedere nella storia, oggi saremo qui a commentare uno dei migliori titoli degli ultimi anni. Di fatto sembra un grande sandbox che lascia solo l’illusione di un open world.

Restare indifferenti allo stile e alla caratterizzazione dei personaggi è quasi impossibile. Anzi, togliamo anche il “quasi”. Colt, Julianna e il cast dei Visionari è eccezionale. Il doppiaggio dei protagonisti della storia è pazzesco, con il loro lato caratteriale che funge da valore aggiunto per la dimensione immersiva del gioco. Veramente “tanta roba”. Arkane Studios e Bethesda non si sono risparmiati per questa produzione. Una nuova serie è già pronta a prendere vita, con una dimensione competitiva pronta a lasciare un segno.

Gameplay: il matrimonio perfetto tra FPP e FPS

Come già anticipato all’inizio della nostra recensione, Deathloop si presenta come un perfetto ibrido tra un FPP e un FPS. I due generi, per quanto simili, presentano delle differenze sostanziali sotto i profili narrativi e a livello di gameplay puro (quello con l’arma in mano giusto per intenderci, ndr). Arkane Studios, maestra in queste ibridazioni, raggiunge un equilibrio quasi perfetto, claudicante solo sotto il versante esplorativo. L’errore, per quanto abbastanza evidente, è stato concepirlo con una struttura “a stanze”, suddividendo l’isola in quartieri a compartimenti stagni da esplorare con viaggi rapidi.

Dobbiamo, quindi, indossare due abiti diversi, anche se questa affermazione lascia un po’ il tempo che trova. Non ci sono dei momenti in cui si vive un genere piuttosto che un altro. La narrazione è sempre presente, anche quando ci si trova all’interno di uno scontro a fuoco con gli Eternalisti. Anche quando la simpatica Julianna viene a farci visita, raggiungendo l’apice della follia dietro la narrazione di Deathloop. Una lotta senza quartiere, tra corse sui tetti, acrobatiche scivolate tra i vicoli, con la paura che l’arma possa incepparsi da un momento all’altro.

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Ebbene, questa esclusiva temporale edita da Bethesda si ispira a diverse produzioni uscite negli ultimi anni. Il lato creativo guarda quel “lontano” secondo capitolo di Bioshock, che giace sepolto nei nostri ricordi. Il lato action prosegue il grande lavoro svolto con la serie Dishonored, ispirandosi a Prey per la sua componente narrativa. Senza dimenticarsi della vena folle degli ultimi Far Cry. Siamo, ovviamente, su due filoni narrativi diversi, ma a livello ideologico le lunghezze d’onda sono molto vicine.

Non esiste una maniera giusta o sbagliata di giocare con Deathloop. L’approccio può andar bene sia action – in stile “Last Action Hero” – oppure stealth, in modo da non attirare troppo l’attenzione. L’arsenale a disposizione non è enorme, anche se si ha la possibilità di applicare mod con delle piastrine lasciate dagli Eternalisti abbattuti. Il nostro Colt non cresce in livello di esperienza, ma dopo “l’infusione” potrà portare con sé armi e le potentissime tavolette. Queste si recuperano una volta messo fuori gioco il Visionario di turno e donano poteri unici in grado di far evolvere il personaggio.

Dimensione artistica: è nato uno stile

Quando si ha davanti un qualcosa di veramente originale lo si nota sin da subito. Dal punto di vista promozionale si poteva fare decisamente qualcosa di più, vista la carica creativa presente nel mondo di Deathloop. L’idea alla base del gameplay è notevole, per quanto le tematiche dei viaggi nel tempo e dei loop temporali siano già state battute in lungo e in largo. Chi vi scrive ci vede già Will Smith nei panni di Colt, con una grande indecisione su chi scegliere per il ruolo di Julianne.

Senza deragliare dai binari videoludici, il mondo creato da Arkane Studios è un tripudio di creatività. Siamo davanti ad un’aberrazione temporale dei famosi anni 60, con la creazione di una finestra di tempo sospesa in quel periodo. Blackreef come Rapture insomma, solo che, invece di essere sepolta negli abissi, trova collocazione in qualche angolo del mondo, incagliata tra freddo e ghiaccio.

DEATHLOOP recensione ps5

Anche gli outfit dei personaggi sono curati in ogni dettaglio. La scelta di far assomigliare gli Eternalisti a dei manichini arrabbiati con il mondo è geniale, non solo dal punto di vista creativo ma anche narrativo (e non possiamo andare oltre, ndr). I Visionari sono la ciliegina sulla torta, con quell’alone di spocchia che urla una nostra irruzione all’insegna di pallottole e machete.

E prima di lasciarci, due parole le dobbiamo spendere sull’aspetto tecnico grafico di Deathloop. Il Void Engine, motore che muove le animazioni e il rendering, fa scuola. Il framerate, con raytracing attivo, è sui 30fps granitici, e non ne perde nemmeno uno di frame per strada. In single player il compromesso è accettabile. Quando si passa in PvP conviene, poi, puntare sui 60fps. La reattività viene decisamente prima del lato estetico, quando si tratta di vincere su tutto e tutti.

DEATHLOOP recensione ps5

In conclusione

Ed eccoci giunti alla fine di questa recensione di Deathloop, esclusiva, al momento in cui scriviamo, per console PS5. Arkane Studios e Bethesda mettono insieme un interessante esperimento videoludico, in grado di mixare elementi FPP ed FPS. Siamo oltre il semplice sparatutto, con una spiccata dimensione narrativa che alimenta tutta l’energia del gameplay. Lo stile, poi, fa tutto il resto. Blackreef ospita tutto il genio creativo messo in campo dagli sviluppatori. 

A margine di questa esperienza ci sovvengono numerose perplessità circa alcune scelte progettuali. La cosa che più non abbiamo compreso è il perchè voler creare questa esperienza frammentata, costringendo il giocatore a continui salti e viaggi rapidi. Capiamo il senso di voler riavvolgere il tempo, utile per procedere spediti verso alcuni obbiettivi. Ma Deathloop era perfetto per essere concepito come open world, con una run che poteva metaforicamente durare dal giorno alla notte. Tanto, in un modo o in un altro, si ricomincia sempre dalla spiaggia.

Attenzione a questo Void Engine. Creato sulle ceneri dell’Id Tech 6, lo abbiamo visto all’opera per la prima volta in Dishonored 2 e già riuscì a catturare all’epoca il nostro interesse. Con raytracing attivo, l’engine viaggia a gonfie vele, con un giusto compromesso in termini di framerate. 

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