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Call of Duty: Vanguard, la recensione su Xbox Series X

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Call of Duty: Vanguard, la recensione su Xbox Series X

La nascita delle forze speciali raccontata in Call of Duty: Vanguard, il titolo della nostra recensione per console Xbox Series X. E siamo a quota 18, se consideriamo tutti capitoli della serie. È un ritorno al passato, visto che il periodo storico scelto è quello della seconda guerra mondiale. In campo nuovamente il trio della spin-off Call of Duty: Black Ops Cold War, che si suddivide il gioco per competenze. Sledgehammer Games si è concentrata sulla Campagna, Raven Studios sul Multigiocatore e Treyarch su Der Angfang, con un ritorno dell’armata infernale degli zombie.

Con un nuovo capitolo di Modern Warfare non ancora annunciato – ma solo “rumoureggiato” – Activision punta sull’effetto nostalgia, anche se il format narrativo subisce degli scossoni importanti. La storia vede 4 eroi impegnati su più fronti, riunirsi (e non si sa ne dove ne come e ne quando, ndr) sotto l’egida delle Forze Speciali. Il ritmo è incalzante e come sempre non dura mai abbastanza. Segno, questo, che non si vuole rubare troppo tempo alle componenti PvP e PvE. Loro due devono portare avanti la baracca, tra buff e nerf fisiologici. Senza dimenticarsi, ovviamente, l’intramontabile Warzone.

call of duty vanguard recensione xbox series x

I 4 personaggi di Call of Duty: Vanguard non sono alla ricerca di un autore. Ognuno ha un proprio lato caratteriale e un gameplay specifico, contraddistinto da abilità uniche. Abbiamo già sottolineato, nel corso della beta di settembre, di come ci sia una svolta all’orizzonte. Black Ops Cold War aveva accennato il cambiamento, restando ancora fermo sulle sue radici. La struttura a missioni viene smantellata in favore di una narrazione più cinematografica. La presenza delle cutscene, infatti, ne è un chiaro esempio, anche se talvolta lo stacco con il giocato è troppo netto.

Graficamente abbiamo poco-nulla da rilevare. La competenza degli sviluppatori è già nota al mondo intero, per cui ogni parola in più sarebbe superflua. C’è, però, una componente storica che merita di essere evidenziata. Se pensate che dei veri fotoreporter di guerra hanno avuto la possibilità di fare un salto nel tempo, con delle speciali macchine fotografiche, è facile farsi un idea di quello che ci aspetta. Il livello di fotorealismo, infatti, migliora in ogni capitolo della saga. Ma non servono i pop corn adesso, ma solo i fucili e tanto sangue freddo. Vi lasciamo, quindi, in compagnia della nostra recensione di Call of Duty: Vanguard, giocato nella sua versione per console Xbox Series X.

https://youtu.be/n_-ed085Eo8

Prime impressioni

Il modo di giocare i vari Call of Duty è principalmente molto simile tra loro. Si brucia la Campagna in meno di 3-4 ore di gioco, anche alzando il livello di difficoltà e si guarda, poi, al PvP e al PvE. Se avete alle spalle le sessioni di beta di settembre avete anche un’idea di quella che è la componente multigiocatore. Certo, con meno armi e meno personaggi, ma l’identità era già ben chiara. Restava l’incognita sulla modalità Zombie, anche se il ricordo di quella vista in Black Ops Cold War era ancora vivo.

L’intelligenza artificiale non ci ha soddisfatto moltissimo. Troppo facile, anche in modalità belle impegnative. Di converso, il fattore immersione è decisamente migliorato. Meno FPS e più FPP, con una spiccata componente narrativa che ci porta, in diverse occasioni, a posare il pad e prendere i pop corn. Eravamo abituati bene sinora ma un cambiamento c’è stato. Se questo sia un bene o meno, rietra nel gusto personale. Chi vi scrive sa bene che la campagna è da prendere come un film al cinema. Può anche non piacere.

call of duty vanguard recensione xbox series x

Contenti di aver ottenuto il progetto Rat-ta-ta (grazie alle nostre eccellenti performance in beta, ndr), non vedevamo l’ora di tuffarci in modalità multigiocatore. Ci siamo, però, dovuti arrendere all’easter egg storico che rimandava all’esoterismo nazista. Ed ecco che tutti i buoni propositi se ne sono andati a far benedire. Der Angfang ha rapito i nostri cuori, forse per via del ricordo ancora vivo di Back 4 Blood.

Sia in solo che in compagnia di altri 4 giocatori, prendere i calci i nazi-zombie è piuttosto divertente. L’utile, poi, si unisce al dilettevole quando si realizza che tutti i progressi fatti sono condivisi con la componente PvP. Tutto migliora, dalle armi agli operatori, in modo da essere sempre sul pezzo e non restare mai indietro. Insomma, l’imbarazzo della scelta passa in secondo piano, anche se la Campagna merita di essere vissuta come prima cosa (e se ci spiegate che sia il progetto Phoenix ci fate un grandissimo favore, ndr).

https://youtu.be/EfFU-vxbzd0

Contesto di gioco

Allora, c’erano un americano, una russa, un inglese e un neozelandese… Può sembrare il classico inizio di una barzelletta ma è buon pretesto per introdurre i 4 personaggi presenti in Call of Duty: Vanguard. Sono loro i protagonisti che, con le loro storie, raccontano alcuni momenti chiave della WWII, per poi ritrovarsi uniti (e senza spiegare né il come e né il perché, ndr), alle prese con un aspirante Hitler che sognava il quarto reich. La scelta di puntare su storie diverse aiuta anche a comprendere come Sledgehammer Games vuole cambiare il suo modo di raccontare un Call of Duty, con i personaggi che non subiscono più passivamente gli eventi ma sono una parte fondamentale del racconto.

Il viaggio intorno al globo, passando da alcune battaglie fondamentali per le sorti del conflitto, ci ha un po’ spiazzato. Eravamo convinti di trovare la solita narrazione diretta, senza troppi fronzoli. E invece no, si viaggia di flashback e ricordi per poi ritrovarsi nella missione principale. Ogni personaggio ha una componente caratteriale ben individuata, con il ruolo di eroe di difficile assegnazione. Loro sono l’alter-ego di un personaggio realmente esistito, che si è distinto in guerra per alcuni meriti particolari. Da Stalingrado alle Midway, ricordando quel razzo che ha dato il via all’operazione Overlord.

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Tra realtà e finzione videoludica, il controller funziona meglio di un libro di storia, visto e considerato che le nostra gesta ne stanno scrivendo parte di essa. Non è un caso che dei fotoreporter storici hanno sfruttato l’incredibile fedeltà presente nelle sequenze di gioco di Call of Duty: Vanguard. Probabilmente lo abbiamo già detto in Call of Duty: Black Ops Cold War, e lo andiamo a ribadire anche questa volta. Restiamo, di nuovo, inermi di fronte al grande lavoro svolto dagli sviluppatori.

Se proprio vogliamo trovare dei difetti, non abbiamo apprezzato al massimo la scelta di intervallare i filmati alle sequenze di gioco. Lo stacco è netto e non eravamo abituati a questo, visto che, in passato, tutto era “un continuum”. All’inizio non reca alcun fastidio, ma con il tempo si dimostra un po’ pesante. Al livello narrativo ci sono alcuni buchi, probabilmente voluti per incrementare l’hype intorno alla storia. Sarebbe stato bello, però, assistere al momento dell’incontro tra i vari membri del team, e non ritrovarli subito lì sul posto, già come eroi belli navigati.

Gameplay

Parlare di gameplay in un Call of Duty, inizia con un grande “dipende”, prima di tuffarsi in ogni considerazione del caso. Le analisi – a caldo e freddo – vanno fatte sulla componente extra-Campagna. Parliamo, infatti, del multigiocatore e di zombie, che entrano nel vivo una volta esaurita la modalità narrativa. E quì, cerchiamo di mettere da parte il nostro abito da giocatori incalliti che imprecano in cuffia, e indossiamo quello di professori “senza cattedra”.

L’esperienza insegna, e non c’è bisogno di alcun spot per ricordarlo. La frenesia della modalità competitiva di Black Ops Cold War è ormai un lontano ricordo. Si ritorna a un combattimento “più umano”, con un fisiologico contatto corpo a corpo. Certo, ci sono ancora alcune cose che vanno bilanciate a livello di armi. I “pompa” sono devastanti anche a medie distanze, con degli headshot che non hanno nessuna ragione vicina all’umana comprensione. Stessa sorte viene riservata anche ai fucili da cecchino, che non hanno nemmeno bisogno di andare in mira di precisione per mandarti al creatore.

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A livello di modalità di gioco e mappe, l’offerta è ottima. Non ci si annoia mai, cosa che invece non possiamo dire di “Der Angfang”. La lotta contro le forze del male, esaurito il momento iniziale, si dimostra scarica e ripetitiva. Il solo aspetto interessante è che, asfaltare gli zombie, serve per far crescere la potenza delle armi e il livello dell’operatore. Uno sviluppo che viene condiviso anche con la modalità multigiocatore, per cui scegliere non suona come un “aut aut”.

I 12 operatori presenti, da sbloccare con il completamento di alcuni obiettivi, hanno delle confidenze particolari con una sola tipologia e modello specifico di arma. Questo si riduce ad un boost a livello di esperienza generale e del livello dell’operatore, e in alcun modo riconducibile a un miglioramento del danno. Poteva essere comodo un approccio simile, magari ruotando “a giro” l’arma preferita dall’operatore.  Una soluzione per inserire un po’ di pepe alla minestra.

Dimensione artistica

Beh, dire che siamo rimasti senza parole è piuttosto scontato. L’estrema fedeltà riservata ad alcuni momenti di Call of Duty: Vanguard lascia spazio a moltissime considerazioni, che trascendono la sola componente artistica. Abbiamo la possibilità di vivere alcuni momenti storici, osservando i comportamenti degli NPC, ascoltando suoni e analizzare gli usi e costumi del tempo. Alcuni dettagli che, per quanto infinitesimali, aiutano nel tuffo immersivo, motivo per cui la modalità Campagna ci lascia più di un dubbio se catalogarla o meno nel genere FPS. Il transito verso una concezione FPP, o quanto meno un’ibridazione sui due generi, è proseguita.

Il fotorealismo è ormai a un buon punto. Su console vi è la possibilità di riservare dello spazio su disco per caricare modelli e texture, per un’esperienza grafica ancora più ottimale. Il livello di FOV (Field of View) è tra i migliori della saga, merito della potenza della nuova generazione di console. I 60 fps incontrano i 4K, anche se la scelta è sempre la stessa: qualità o performance? Nel primo caso i 2160p sono sempre garantiti anche se i framerate scendono a 30 fps. I 60 fps della modalità performance abbassano la risoluzione al di sotto dei 1600p. In entrambi i casi, comunque, si assistono a degli episodi di salti frame in occasione di alcuni caricamenti dei check-point.

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La qualità dei dettagli grafici è di assoluto rilievo. Sul freddo metallo dell’arma sono presenti anche le impronte digitali dei precedenti utilizzatori. Qualità che si riflette anche sul versante sonoro, in grado di aiutare moltissimo in competitivo. Gli effetti sonori cambiano a seconda della direzione e dell’ambiente, fornendo importanti indicazioni sulla posizione del nemico. Il supporto al Dolby Atmos, inoltre, amplifica tutto questo, a patto che le cuffie siano compatibili.

La campagna alterna momenti di azione ad altri di calma “apparente”. Ci sono diverse situazioni stealth, dove il silenzio è “d’oro”. La novità, dal punto di vista artistico, vive in queste perle. Ci si accorge di come vi è una precisa volontà di cambiare, puntando verso una narrazione sempre più spiccata e che sfida il mondo del cinema. Più FPP e meno FPS, giusto per chiamare le cose con nome e cognome. La scelta funziona.

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In conclusione

Ed eccoci giunti al momento i cui si tirano le somme rispetto alla nostra esperienza in Call of Duty: Vanguard. Ancora una volta lo storico trio visto in Black Ops Cold War riesce a catturare la nostra attenzione, giocandosi la carta “nostalgia”. Appena pronunci WWII il popolo acclama, anche se poi è solo il periodo storico a ritornare in auge e null’altro. Il ritmo narrativo segue il trend delle ultime uscite, anche se vi sono alcuni “buchi” che ci lasciano un po’ interdetti. La scelta, inoltre, di intervallare sequenze filmate a quelle giocate non ha incontrato il nostro palato. 

La componente multigiocatore si dimostra leggermente più umana, anche se dei bilanciamenti si rendono necessari e piuttosto urgenti. I fucili a pompa sono dei cannoni ambulanti in grado di “killare” anke a medie distanze. Non parliamo, poi, dei cecchini, che non hanno nemmeno bisogno di andare in mira completa. A livello di modalità e mappe il divertimento e assicurato visto il numero di scenari e le possibili combinazioni a livello di gameplay. La dimensione artistica è indiscutibile. Il livello di foterealismo presente in Call of Duty: Vanguard è di primissimo livello. La nuova generazione di console offre tutto il suo potenziale ai dev, che ringraziano e lo sfruttano al meglio. 

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